Ma a ben vedere, di chi è realmente la colpa di questo scempio? Non è una domanda insolita nella storia greca: se la pose, infatti, anche Lisia, il noto giurista Ateniese del IV sec. a.C., nella sua orazione “Per l’olivo sacro”, con la quale difese un cittadino dall’accusa di empietà per avere sradicato un ulivo sacro dal proprio terreno. Lisia consigliò al suo assistito di riferire ai consiglieri: “Tra i molti danni che la guerra ha causato i terreni più vicini furono saccheggiati dai nostri; e allora sarebbe giusto che io pagassi per le sventure accadute alla città?”. E ancora “non ci sarebbe da meravigliarsi che abbiano tagliato gli olivi in quel periodo, quando non eravamo in grado neppure di proteggere i nostri beni”.
La tesi di Lisia appare dunque chiara, egli chiede ai giudici: se durante la guerra i nostri governanti non sono in grado di proteggere i nostri beni, per quale motivo le colpe dei saccheggi dovrebbero ricadere sui cittadini? Domanda lecita, allora come oggi. Una tesi che non deve portare alla giustifica dell’atto, ma a una presa di coscienza superiore; la Grecia è in guerra e non ha al momento un governo che possa salvarla, invece di saccheggiare il proprio patrimonio prima degli estorsori della Troika sarebbe opportuno essere risoluti e affidarsi a chi ha davvero a cuore l’interesse della nazione. I rami secchi vanno tagliati nel parlamento di Atene, non certo negli ulivi sacri di Creta.
Francesco Pezzuto