Roma, 23 ago – La chiamano già “la dottrina Chauprade”, quasi fossero linee strategiche di politica estera in atto. E in effetti, il documento (disponibile qui in lingua francese) su “La Francia di fronte alla questione islamica: le scelte credibili per un avvenire francese” vuole essere proprio questo: un assaggio di quella che sarà la politica estera di un eventuale e futuro governo Le Pen. L’autore è Aymeric Chauprade e ha un curriculum interessante. Dottore in scienze politiche alla Sorbonne, diplomato a “Sciences Po”, a Parigi, in possesso di diplomi anche in matematica e diritto internazionale, Chauprade è discepolo del grande geopolitico François Thual. Collabora inoltre alla rivista L’Afrique réelle di Bernard Lugan, a La Nouvelle Revue d’Histoire fondata da Dominique Venner e interviene regolarmente su Radio Courtoisie. Alcune sue tesi eterodosse circa gli attentati dell’11 settembre 2001 gli sono valsi la cacciata, per ordine ministeriale, dal Collège interarmées de défense.
Da sempre estimatore della Russia di Putin, è stato lui a gettare le basi per i buoni rapporti tra Mosca e il Front national, del quale è diventato europarlamentare alle ultime Europee. Insomma, non parliamo del solito neocon dell’ultim’ora ma di uno studioso serio che ha anche idee eterodosse. Proprio per questo il documento “La France face à la question islamique: les choix crédibles pour un avenir français” appare molto interessante ma anche più preoccupante di qualche dichiarazione avventata alla stampa del deputato di turno. Qui non siamo in presenza di una boutade ma, come si diceva, di una vera e propria dottrina. Andiamola a vedere nel dettaglio.
Quali sono, in sintesi, i fondamenti della dottrina Chauprade?
– Il nazionalismo arabo laico, modernizzatore e tollerante verso le altre confessioni è scomparso, non senza responsabilità degli Usa e di Israele. Al suo posto, dall’11 settembre alle primavere arabe, passando per i recenti fatti di Siria e Iraq, si è imposto un islamismo feroce, sanguinario e intollerante a guida qatariota-saudita.
– Stante questa situazione, bisogna intervenire per difendere soprattutto le minoranze cristiane minacciate dall’Isis. Per questo la Francia dovrebbe associarsi all’intervento in Iraq degli Usa, che segna una presa di coscienza dopo l’errore iniziale di aver lasciato campo libero agli islamisti.
– Il pericolo del califfato islamista su scala internazionale si riflette, in politica interna, nel pericolo delle banlieue islamizzate e anti-francesi. Per questo un patriota francese non può scendere in piazza con la racaille delle periferie e con l’estrema sinistra filo-palestinese, a meno di non essere schiavo di un “antisemitismo ossessivo”. La causa palestinese è divenuta causa islamista così come la lotta antisionista si è trasformata in lotta antisemita tout court.
– In questo contesto, le violenze della Ligue de Défense Juive sono il risultato di una crescente insicurezza da parte degli ebrei francesi, messi in pericolo dagli stessi immigrati che praticano il razzismo antibianco contro i francesi.
– A livello internazionale, la Francia dovrà stringere alleanza con la Russia, così come con l’islam sciita (cioè con l’Iran) e con le monarchie sunnite moderate (Marocco, Emirati arabi, Kuwait), nonché con Israele, di cui bisognerà garantirne sicurezza e sovranità, pur tutelando i diritti dei palestinesi. Rispetto agli Usa, una vera Europa-potenza dovrà ritrovare la propria indipendenza stabilendo rapporti equilibrati.
L’argomentazione, come si vede, è articolata, non si tratta di un semplice peana a Israele bastione di civiltà. Aymeric Chauprade non è Magdi Allam e questo lo rende ancora più insidioso. Per il suo attacco frontale all’islamismo, il testo ha suscitato l’entusiasmo dell’ambiente identitario, ma ha anche generato critiche aspre come quella di Serge Ayoub, leader storico del disciolto movimento Troisième Voie.
Vediamo tutti gli aspetti controversi della dottrina Chauprade.
a) Proprio l’alleanza con la Siria assadista che Chauprade auspica testimonia che il nazionalismo arabo laico non è affatto morto, ma sta combattendo in prima persona la “madre di tutte le battaglie”. Una vittoria definitiva di Assad potrebbe anzi ridare fiato al filone baathista anche fuori dai confini siriani. Inoltre, anche in Palestina, l’egemonia di Hamas non è ancora totale, esiste ancora un residuo nazionalismo laico che la Francia e l’Europa potrebbero sicuramente aiutare e sostenere, anziché decretarne la prematura scomparsa.
b) Chauprade riconosce le colpe degli Usa e di Israele nella crescita esponenziale del fondamentalismo. E subito dopo non trova di meglio che proporre un’alleanza della Francia… con Usa e Israele contro il fondamentalismo! Per essere uno studioso che si autodefinisce della scuola “realista”, Chauprade sembra qui davvero ingenuo nel credere che con l’Isis per la seconda volta, dopo il caso Al Qaeda, l’Occidente abbia semplicemente commesso un errore in buona fede. La nuova politica estera francese dovrà forse cominciare accogliendo la frottola di Obama che una mattina si sveglia e si accorge che forse Al-Baghdadi non è un idealista kennedyano? Siamo seri…
c) La confusione tra fronte interno e fronte esterno, tra i problemi delle banlieue e l’emergenza dell’islamismo nel contesto internazionale, è del tutto ingiustificata. Sappiamo bene, ovviamente, che talora la colonizzazione di popolamento dell’immigrazione selvaggia ama imbracciare, soprattutto in Francia, “la spada dell’islam” come fattore identitario. E sappiamo anche che nell’Isis combattono migliaia di immigrati di seconda generazione che hanno lasciato il paese scelto dai propri genitori per scegliere la jihad. Molti di questi hanno passaporto francese. Immaginare l’immigrazione come una testa di ponte di una colonizzazione islamica e le periferie come territori in cui vige la sharia è tuttavia un’indebita forzatura. Il problema immigratorio è demografico e sociale, non religioso. Il caos immigratorio è frutto di un meccanismo malato che è tipicamente occidentale e intrinsecamente sradicante: a parte minoranze fanatizzate, gli zombi che bivaccano nelle banlieue francesi sono in realtà perfettamente “integrati” nel consumismo americanomorfo e non sembrano ispirarsi particolarmente ai precetti coranici mentre passano le giornate tra hashish e playstation. Inoltre l’unico possibile modo per pensare davvero una re-emigrazione, cioè una inversione dei flussi, come Chauprade immagina, è quello di poter avere come controparte degli stati arabi realmente sovrani. Il che ci suggerisce che una politica estera di “scontro di civiltà” non sia il miglior viatico alla risoluzione del caos etnico interno.
d) Chauprade auspica, a un certo punto, un’alleanza della Francia sia con Israele che con l’Iran, suggerendo che Tel Aviv e Teheran finiranno per intendersi. Ora, delle due l’una: se ci limitiamo alla diplomazia ufficiale, questa intesa è impossibile. Israele e Iran non fanno altro che designarsi reciprocamente come nemici principali e quindi qualunque altro stato non può diventare il “miglior amico” di entrambi. Oppure l’analisi di Chauprade coglie dei sommovimenti in atto sotto la superfice, andando nella direzione che da tempo indica Gabriele Adinolfi, ovvero quella di una complicità reale dietro l’ostilità formale. Ma questa eventuale e possibile alleanza sembra più facilmente muoversi contro l’Europa che non a suo favore.
e) La difesa di Chauprade delle parole di Marine Le Pen sulla legittimità delle azioni teppistiche della LDJ è sconcertante. Ha ragione Ayoub nel sottolineare che se si vuole difendere la libertà di associazione e di autodifesa si poteva cominciare da Troisième Voie, sul cui scioglimento la Le Pen non ha speso una parola, e, aggiungiamo noi, da Alba Dorata, sulla cui vicenda la leadership frontista ha espresso parole vergognose quando il partito greco aveva tutta la dirigenza in carcere senza prove e due militanti a terra uccisi in un agguato terroristico. Il corteggiamento di un’associazione che persino gli Usa definiscono “terroristica” e che fino a ieri aveva come principale hobby l’assalto violento ai militanti frontisti, nonché tipica espressione di quel “comunitarismo” che pure la Le Pen non cessa di denunciare, è semplicemente vergognoso. E anche politicamente inutile, dato che questo tipo di corteggiamenti sguaiati verso determinate lobby sono sempre politicamente perdenti, alla lunga distanza, oltre che eticamente discutibili.
f) L’europarlamentare del Fn giustifica eccezionalmente il “diritto di ingerenza” contro l’Isis in Iraq da parte degli Stati Uniti – ai quali per lui la Francia dovrebbe affiancarsi – con la motivazione che una nazione non ha solo interessi, ma anche un onore. Tale onore prescriverebbe di schierarsi a favore delle minoranze cristiane perseguitate dai fondamentalisti. Chissà perché, invece, nessun onore prescrive di difendere i palestinesi dal genocidio. Sulla questione, Chauprade rispolvera alcuni dei più inconsistenti luoghi comuni filo-israeliani, come il fatto che la sproporzione delle vittime a Gaza derivi dalle differenti scelte dei due contendenti: efficientemente predisposti alla difesa del loro popolo gli israeliani e scelleratamente bramosi di vittime da poter utilizzare propagandisticamente i palestinesi. Sono argomenti che valgono zero: chiunque capisce che la situazione di un’enclave senza alcuna sovranità, senza esercito e senza il controllo dei propri confini, sottoposta a embargo feroce da anni, con una densità di popolazione spaventosa, non può essere paragonata a quella di uno Stato militarmente avanzatissimo che può permettersi di battere cassa al congresso degli Stati Uniti per farsi finanziare uno stellare sistema antimissile. Che si facciano certe scelte per un cinico calcolo (sbagliato) è un conto. Ma almeno, per favore, non tiriamo in mezzo l’etica.
Adriano Scianca
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