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Nagorno Karabakh: una replica alla nostra inchiesta

by La Redazione
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Roma, 31 ott – L’ultima nostra inchiesta sul conflitto dimenticato nel Nagorno Karabakh ha suscitato la replica del “gruppo di studio” denominato “INIZIATIVA ITALIANA PER IL KARABAKH”, che ha inteso mandarci delle sue puntualizzazioni che volentieri pubblichiamo per amore del dibattito, riservandoci ovviamente il diritto di pubblicare nei prossimi giorni una contro-replica e di fornire di qualsiasi fatto d’attualità, Nagorno Karabakh compreso, le interpretazioni che più riteniamo opportune [IPN]
Vi ringraziamo per l’attenzione dedicata alla piccola repubblica
caucasica del Nagorno Karabakh, ma ci paiono doverose, a beneficio dei
vostri lettori, alcune precisazioni riguardo l’articolo apparso
“Nagorno Karabakh: quando l’Onu si arrende al petrolio”, senza firma,
apparso in data 27 ottobre.

Innanzitutto il richiamo a una PRESUNTA STRAGE DI GUBA appare del tutto inappropriato alla luce della acclarata storia della regione. All’epoca
infatti furono registrati due massacri che videro tuttavia gli armeni
nel ruolo di vittime: un primo avvenne alla fine del 1917 e un altro
nella tarda estate del 1918. In seguito alla rivoluzione bolscevica del
1917 gli azeri (allora denominati tartari) in combutta con la Turchia
che voleva espandersi nel Caucaso, aggredirono le popolazioni non
musulmane residenti nel territorio dell’attuale Azerbaigian nella cui
capitale, Baku gli azeri erano meno di un terzo della popolazione,
costituita in gran parte da russi, armeni, ebrei ecc. Vi furono eccidi
di massa di soldati russi in ritirata dall’Iran, massacri di armeni non
solo a Guba, ma anche in altre città come Lenkoran, Salian, Shamakhi,
Nukha, Derbent ecc.

Tutto ciò fra la fine del 1917 e l’inizio del 1918.
Data la situazione, la maggioranza della popolazione di Baku, costituita
da cristiani ed ebrei, chiaramente non volle assoggettarsi agli azeri
che, con l’aiuto dell’esercito turco, cinsero d’assedio la città
conquistata dopo un’accanita resistenza nel settembre del 1918 dalle
truppe turco-azere che si abbandonarono al massacro di armeni: ne furono
uccisi 29.060. Nel contempo nella sola provincia di Nukhì erano stati
distrutti 23 villaggi armeni; mentre tutti gli armeni della città di
Guba e del villaggio di Khac(e)maz erano stati sterminati.
Come a novanta anni di distanza sia possibile determinare l’identità
storica e le responsabilità delle vittime di una fossa comune è un
mistero che solo la propaganda dell’Azerbaigian (Paese che Reporter
Senza Frontiere colloca al 164° posto su 180 stati nella classifica
mondiale dell’informazione…) può spiegare.
Quanto poi alle richiamate QUATTRO RISOLUZIONI DEL CONSIGLIO DI
SICUREZZA DELL’ONU, promosse in seno al Consiglio stesso dal Pakistan
all’epoca membro temporaneo e oggi unico stato della Nazioni Unite a non
riconoscere l’Armenia…) esse furono la conseguenza naturale di una
guerra scatenata e poi persa dall’Azerbaigian nel vano tentativo di
ostacolare il percorso legale e democratico di autodeterminazione della
piccola repubblica del Nagorno Karabakh. Furono votate nel contesto
specifico delle varie fasi della guerra che a partire dal 1993 videro
l’esercito azero in ritirata sconfitto dai partigiani armeni. Queste
risoluzioni chiedevano il ritiro dai territori e la contemporanea
cessazione delle ostilità belliche nonché l’impegno a favorire la
mediazione internazionale.

Le vicende storiche dell’epoca e i passaggi diplomatici dei successivi
due decenni dimostrano inequivocabilmente che esse non furono rispettate
dagli armeni (che certamente non potevano lasciare i territori appena
liberati…) ma neppure dagli azeri che continuarono a combattere e,
negli anni a seguire, hanno boicottato ogni iniziativa diplomatica di
negoziato e violato sistematicamente l’accordo di cessate-il-fuoco.
Infine, ci sia consentita una precisazione a proposito della riferita
“_RE-IMMIGRAZIONE FORZATA_ (DEGLI ARMENI)” ci preme sottolineare come
all’inizio degli anni Venti la percentuale di popolazione armena nella
regione era pari a circa il 95% del totale, scesa nel 1976 all’81%
(fonte Enciclopedia Sovietica): se immigrazione forzata ci fu, questa
ebbe stampo esclusivamente azero nel vano tentativo di dearmenizzare la
regione. Tutti auspichiamo una vera pace nella regione; ma la via verso questa è
ancora impervia ed è necessaria una analisi a 360 gradi per aiutare la
comprensione del problema e la sua risoluzione.
Cordiali saluti
INIZIATIVA ITALIANA PER IL KARABAKH

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