Tokyo, 11 lug – L’Unesco ha inserito un nuovo paradiso naturale tra i patrimoni dell’umanità. Si tratta dell’isola di Okinoshima, un’isola sacra del Giappone situata al largo della città di Munakata, nell’estremità sudoccidentale dell’arcipelago giapponese, tra Hiroshima e Nagasaki.
L’intera isola è considerata un kami ed è consacrata alla dea marina Tagorihime, una delle tre figlie nate dalla dea Amaterasu, divinità solare madre della casa imperiale nipponica, e il dio delle tempeste Susanoo. Ma a fare notizia non è tanto la mitologia associata all’isola né la sua bellezza né le opere artistiche osservabili al suo interno. È il fatto che l’isola sia vietata alle donne e questo ovviamente indigna i fanatici boldriniani della parità di genere, tanto che l’inserimento dell’isola nell’elenco Unesco è diventato addirittura una “questione etica” (sic).
Ma tutto questo evidentemente non interessa ai paladini del gender che vorrebbero applicare anche i culti e i riti alla propria ideologia. In realtà ci sono molti luoghi di culto tutt’ora inaccessibili alle donne, il più famoso forse è il monte Athos, di fatto un territorio autonomo gestito dai monaci ortodossi che vi abitano, così come molti riti e atti cultuali sono appannaggio di soli uomini. Nel Giappone dello shinto, per cui ogni atto in realtà è un atto rituale e ogni azione è rivolta al sacro questo si estende anche a cose che gli occidentali reputano “profane”: ad esempio preparare il sushi è considerato un rito che possono fare solo uomini, così come il sumo, in cui il “ring” è vero e proprio terreno sacro in cui possono entrare solo uomini, così come esistono altri tipi di ritualità che possono compiere solo donne. Ma tutto questo è evidentemente secondario di fronte alla falce del politicamente corretto. Non importa neanche il fatto che probabilmente senza la mentalità rituale e sacra dei giapponesi Okinoshima non si sarebbe neanche conservata nei secoli come il paradiso terrestre che è ancora oggi. Pertanto sono già arrivate richieste di “adattarsi” alle richieste occidentali, per non ledere il diritto fondamentale e irrinunciabile delle donne di poter visitare un luogo inserito nella lista Unesco. Ma al momento non sembra che i Giapponesi vogliano cambiare nulla, anzi non ritengono nemmeno di dover “aprire” l’isola ai turisti, siano essi uomini o donne, e continuano a lasciare intatta la dura selezione e la stretta ritualità di chi viene scelto per entrare nell’isola. In questo suonano definitive le parole di Takayuki Ashizu, alto prelato al Makunata Taisha: “Non apriremo Okinoshima al pubblico, perché le persone non devono visitarla solo per curiosità”.
Carlomanno Adinolfi
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