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Putin svela la verità sulla NATO: non è (mai stata) una minaccia

by Sergio Filacchioni
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Roma, 19 giu – Con una dichiarazione destinata a far discutere, Vladimir Putin ha affermato che il riarmo della NATO “non rappresenta una minaccia per la Russia”. Un’affermazione che, se presa sul serio, sgretola trent’anni di retorica anti-occidentale e ribalta completamente la narrazione ufficiale del Cremlino.

Ora la NATO non è più una minaccia

Se la NATO non è una minaccia, allora perché la Russia ha giustificato – ma soprattutto è stata giustificata – all’invasione dell’Ucraina, l’occupazione della Crimea e il riarmo del proprio confine occidentale con la necessità di “difendersi” dall’Occidente? La risposta è politica, prima che militare. L’Alleanza Atlantica, data da Emmanuel Macron in “morte cerebrale” appena cinque anni fa, è stata di fatto riportata in vita proprio dall’aggressività russa. L’espansionismo del Cremlino ha riunito un fronte occidentale disgregato, rilanciato il ruolo militare della NATO e spinto Svezia e Finlandia ad aderirvi. Una conseguenza diretta delle scelte del Cremlino, che oggi – non a caso – tenta di riformulare i toni per cercare una via d’uscita onorevole nel dossier ucraino.

La NATO non ha mai minacciato la Russia

La verità, d’altronde, è che la NATO non ha mai minacciato Mosca in termini militari. Dal 1991 al 2022, l’Alleanza non ha dispiegato alcun nuovo missile balistico in Europa, riducendo progressivamente la presenza di difese missilistiche anche nei paesi dell’ex blocco orientale. L’Europa centrale oggi dispone di un terzo dei sistemi terra-aria che aveva la sola Germania Federale alla fine della Guerra Fredda. Nel frattempo, proprio mentre la NATO disarmava, la Russia installava missili Iskander nell’enclave di Kaliningrad, rivolti verso Berlino, Varsavia e Praga. Lo faceva senza alcuna ritorsione diplomatica significativa, e anzi nel pieno di un trattato di “amicizia e cooperazione” firmato con la NATO nel 1997, che di fatto associava Mosca all’Alleanza. Un’intesa che è durata fino al 2021 e che smentisce ogni narrativa sull’“accerchiamento”. Nel contesto attuale, con un Medio Oriente sull’orlo di un conflitto su larga scala tra Iran e Israele e con i BRICS divisi da interessi inconciliabili, Putin sembra voler riaprire il canale con Washington, mettendo da parte le tensioni formali e tornando a un realismo da vera e propria Guerra Fredda: la Russia parla agli Stati Uniti, non all’Europa.

La NATO rafforzata da chi voleva indebolirla

Se dovessimo prendere per buono l’assunto che tutto l’operato di Mosca negli ultimi tre anni fosse veramente una misura preventiva anti-NATO, non potremmo non constatare il paradosso strategico evidente: la Russia, nel tentativo di “contenere” l’influenza dell’Alleanza Atlantica, è riuscita nell’impresa opposta. La guerra in Ucraina ha infatti rilanciato la NATO come attore centrale nella sicurezza europea, ricompattando i Paesi membri e spingendo nuove nazioni – Svezia e Finlandia su tutte – ad aderirvi. Un processo di riarmo politico prima ancora che militare, che non sarebbe mai avvenuto senza la pressione del Cremlino. La recente nomina del generale statunitense Christopher Cavoli a nuovo Comandante Supremo Alleato in Europa, con un profilo più operativo che nominale, orientato soprattutto fronte est, conferma questa rinnovata centralità della deterrenza. Ed emblematiche sono anche le parole di Viktor Orbán, da sempre considerato un falco contro le logiche atlantiste in Europa, secondo cui “la forza è l’unico linguaggio che i russi comprendono”. Se persino Budapest riconosce che Mosca ha creato le condizioni per un’Europa armata e unita, allora è chiaro che siamo di fronte a un rovesciamento completo di quella stessa narrazione che da anni ci viene proposta: non è stata la NATO ad accerchiare la Russia, ma la Russia a ri-legittimare la NATO.

Il Memorandum di Budapest è la vera causa della guerra

La vera ferita aperta è quella del 1994. Quell’anno, con il Memorandum di Budapest, all’Ucraina venne imposto lo smantellamento del suo arsenale nucleare – il terzo al mondo ereditato dall’URSS – in cambio della garanzia dell’integrità territoriale da parte di Russia, Stati Uniti, Regno Unito e altri firmatari. Una promessa infranta da tutti, tranne che da Kiev. Senza deterrente, l’Ucraina è diventata terreno di conquista per la restaurazione imperiale russa. Oggi, quando Putin afferma che la NATO non è una minaccia, non sta facendo una concessione e nemmeno una rivendicazione di forza. Sta semplicemente constatando ciò che è sempre stato evidente per chi ha voluto vedere: l’Alleanza Atlantica non è mai stata causa, ma semmai una conseguenza del conflitto. E chi ancora si aggrappa alla narrativa dell’accerchiamento, lo fa ignorando trent’anni di trattati, omissioni e responsabilità condivise.

Sergio Filacchioni

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