Roma, 1 nov – La linea che si rileva negli ultimi giorni su quotidiani russi pro-Cremlino è assai diversa dalla narrazione del nostro mainstream tutta incentrata sui fantomatici hacker russi amici di Trump. Useremo come campione di analisi il Moskovskij Komsomolets e la Kosmomol’skaja Pravda del 27, 28 e 29 ottobre 2020.
La Russia è la più grande minaccia per gli Usa (di Biden)
Il primo quotidiano (27 ottobre 2020) riporta che Joe Biden, storicamente russofobo, ha nella recente campagna elettorale definito più volte la Russia la più grande minaccia per gli Usa. Gli analisti vicini al Cremlino sostengono che è in verità ottimo per l’autocoscienza e l’autostima del popolo della Federazione russa esser considerato la prima minaccia per l’Occidente. Dagli Usa, in particolare dalla sinistra radicale di Biden appoggiata dal Deep State supercapitalista, la Russia sarebbe vista come un rivale sulla via della dissoluzione, la cui estinzione geopolitica sarebbe solo questione di tempo.
Pubblicamente, dal Deep State l’immagine della Russia è usata per spaventare le persone, privatamente i politici e gli imprenditori russi saranno trattati con casuale disprezzo, dicono i giornalisti putiniani. Difficile però che la sinistra progressista occidentale faccia il proverbiale passo più lungo della gamba, dopo essersi già scottata in Siria, Ucraina, Crimea. Da qui emerge una linea comune sulle prossime elezioni presidenziali statunitensi che sembra serpeggiare nei circoli più vicini al Cremlino. Chiaramente, l’economia russa è declinante, seguendo da un lato l’andamento al ribasso dei ricavi del gas e del petrolio e dall’altro la seconda ondata del Covid.
Tali problemi, con ogni probabilità, peggioreranno il prossimo anno, nel 2021 la situazione sociale e economica sarà sicuramente molto tesa. Considerando le guerre e le varie rivoluzioni colorate provocate nello spazio periferico della Federazione russa, la probabilità di un tentativo di “grande rivoluzione colorata” a Mosca si sta alzando. In base a tale previsione, è necessario prevenire l’azione strategica di minacce esterne. E’ molto più facile, sostengono all’unisono i vari giornalisti pro-Cremlino, prevenire la pianificazione russofoba della sinistra progressista e radicale piuttosto che l’onda di incertezza che una rielezione di Donald Trump potrebbe portare con sé.
“Il nostro Trump”?
I giornalisti della Kosmomlo’skaja Pravda chiamano il presidente statunitense “il nostro Trump” per deridere tra le righe il mainstream progressista europeistico-occidentale. Se “The Donald” rimanesse alla Casa Bianca per altri quattro anni, infatti, la Russia troverebbe un altro nemico ben radicato nella scacchiera globale. Nemico che non sarebbe perciò tanto da identificarsi, evidentemente, né con gli Stati Uniti di Trump né con l’Unione Europea.
Il velato riferimento è all’imperialismo cinese che preme sul suo confine orientale, ovvero sulla famosa linea curva con i suoi 4.200 km di estensione che segnano il lungo confine tra Russia e Cina. Non a caso, un analista britannico di notevole peso ha previsto il conflitto del futuro, quello tra Russia e Cina, come conflitto che nei fatti deciderà il destino del mondo. Il presidente Putin e l’elite politica russa, saggiamente, vogliono di certo ritardare il più possibile, o se possibile spegnere totalmente ogni ipotesi conflittuale con Pechino. Altri quattro anni di presidenza Trump aumenterebbero, per i giornalisti e gli analisti pro-Cremlino, la possibilità di uno scontro diretto con i cinesi mentre una eventuale vittoria di Biden riuscirebbe, pur partendo da antitetici presupposti, nell’intento di unire in tregua tattica Mosca e Pechino contro Ue e Usa. Con il “nostro Trump”, notano infine gli analisti putiniani, il budget militare statunitense ha visto una crescita esponenziale, sebbene il presidente Trump, a differenza del “premio Nobel” Obama, abbia ridotto al minimo, o praticamente annullato, operazioni militari e bombardamenti.
Guerra civile negli Usa?
Il 29 ottobre quasi tutti i principali quotidiani pro-Cremlino hanno dedicato le prime notizie alla notevole possibilità che il quadro sociale post-elettorale americano si risolva in un clima di sorda violenza, anarchia, frammentazione su base etnica e federale. In particolare il quadro dato come assai probabile è che la sinistra radicale non accetti una eventuale vittoria di Trump e abbia già pianificato mesi di violenza di strada e guerriglia colorata, con il sostegno dei social e del Deep State. La vittoria di Biden, che i quotidiani russi sembrano come visto auspicare, sarebbe comunque un “furto di voti postali”, precisano gli stessi, e porrebbe le premesse per una possibile diarchia con Trump che non vorrebbe saperne di lasciare la Casa Bianca.
Mikhail Rakosi
4 comments
Too big to fail… Sta a vedere questa Cina che botto! E le stelle staranno a guardare, Russia compresa.
Che botto in che senso? Prevedi falllimento Cina?
Ritengo inevitabile per null’ altro che un gigantesco opificio retto da finanze altrui. E’ solo questione di tempo. Come la URSS.
Capito