Roma, 26 gen – “Immigrazione clandestina: stop!”. E’ il titolo dell’ultimo numero di Maroc Hebdo, settimanale marocchino in lingua francese. Tre semplici parole per un sonoro schiaffo assestato al politicamente corretto che imperversa in Europa. La rivista magrebina, già nel sottotitolo, sintetizza efficacemente il concetto espresso: “Il numero di immigrati irregolari subsahariani non cessa di aumentare in Marocco. Un problema politico, sociale e di sicurezza che lo Stato fatica a gestire”.
Fermare l’immigrazione clandestina: cosa ci dice il titolo di questo giornale marocchino
Esattamente come accade nel Vecchio Continente, nel Paese nordafricano imperversa la polemica sulla gestione dei flussi migratori. Insomma, proprio come da tempo segnaliamo su questo giornale, c’è un’Africa che vorrebbe chiudere le porte ai clandestini africani. Meglio, ci sono africani che hanno ben chiara l’importanza dei confini e della loro salvaguardia. Non è affatto un fenomeno trascurabile, perché mostra ai miopi radical chic di casa nostra quanto sia complessa la questione dell’immigrazione irregolare, affatto derubricabile alla mera accoglienza europea.
Per migliorare sensibilmente le condizioni di chi tenta di arrivare in Europa serve andare alla radice di un dramma epocale, è cioè imprescindibile comprendere la necessità di attuare politiche concertate con le nazioni del continente nero per migliorare le condizioni di vita di chi oggi decide di mettersi nelle mani di trafficanti di uomini senza scrupoli, finendo così per generare il caos già nei cosiddetti “primi Paesi di destinazione”, ovvero altri Paesi africani. Andare alla radice anziché aprire le porte indiscriminatamente è l’unica strada seria da percorrere, per quanto appaia disseminata di ostacoli, a partire dall’instabilità sistemica di determinati Stati africani.
Un punto sostanziale ben rimarcato dallo stesso Maroc Hebdo: “Il tema delle migrazioni non può dipendere dagli sforzi di un solo Paese, per quanto generoso esso sia; a livello europeo bisognerà quindi fare molto di più che dare soldi per monitorare i confini comuni”. Sì perché non si tratta semplicemente di elargire fondi a pioggia alle nazioni africane per tentare (spesso inutilmente) di bloccare le partenze, si tratta con tutta evidenza di creare le giuste condizioni sociali per impedire movimenti e sommovimenti altrimenti ingestibili. A meno che non si ritenga che sia buona cosa relegare i clandestini africani in disumani “campi di accoglienza”, per lo più prigioni a cielo aperto, per poi offrire loro pericolose traversate del Mediterraneo gentilmente offerte da scafisti senza scrupoli.
Eugenio Palazzini