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Truppe turche entrano in Iraq: si avvicina lo scontro?

by Francesco Meneguzzo
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Carri armati turchi

Ankara, 5 dic – Appena ieri su queste colonne si illustrava come le petromonarchie del Golfo auspicassero l’invasione di terra della Siria, o almeno della sua parte orientale confinante con l’Iraq, finalizzata a creare un corridoio sunnita, fedele sia al Golfo sia ad Ankara, in grado di annientare la continuità territoriale tra quello che rimarrebbe, della Siria a ovest e l’Iran e la parte sciita dell’Iraq a est.

Detto-fatto: truppe turche – stimate secondo le fonti tra alcune centinaia e 1200 unità – sono penetrate negli ultimi due giorni nel nord dell’Iraq, sostenute da decine di carri armati e armamenti pesanti, attestandosi a pochissime decine di chilometri dalla città di Mosul ancora in mano all’Isis.

Se da parte di Ankara si tenta di inquadrare il profondo sconfinamento nell’ambito degli accordi con la coalizione internazionale a guida Usa, finalizzati a combattere il Califfato e, nella fattispecie, a riprendere la stessa città di Mosul anche attraverso l’addestramento delle unità militari dei Peshmerga curdi, che qualcosa non quadri lo testimonia la rabbiosa reazione del governo centrale di Baghdad.

L’ufficio del primo ministro iracheno Haider al Abadi ha diffuso infatti un durissimo comunicato in cui ribadisce “il fermo e categorico rifiuto a qualsiasi violazione della nostra sovranità”, avvertendo che Baghdad “riterrà un atto ostile qualsiasi ingresso di forze di terra” straniere. Atto a cui il governo federale “risponderà di conseguenza”.

Così, improvvisamente, proprio mentre il mondo sta mettendo sotto esame il ruolo della Turchia e della famiglia presidenziale nel contrabbando del petrolio dei tagliagole, anche grazie alle presunte prove offerte dalla Russia, Ankara decide di inviare truppe anti-Isis in Iraq.

Sarebbe fin troppo facile sospettare che, più che a combattere i seguaci di Al-Baghdadi, l’operazione militare turca sia finalizzata a mettere in sicurezza il commercio illegale di petrolio e le relative vie di comunicazione, e potrebbe anche esserci del vero.

La mossa turca potrebbe però costituire il vero e proprio avvio della nuova strategia delineata all’inizio: la creazione del corridoio sunnita, esteso su una parte dell’Iraq occidentale, sul Kurdistan iracheno, e sulla parte più orientale della Siria – quella più lontana dalle basi aero-navali russe. Con un preciso obiettivo, sempre il solito e che caratterizza quelli che recentemente abbiamo chiamato su questo giornale gli interessi vitali in gioco nello scontro sempre più complesso e pericoloso tra le due grandi alleanze: la possibilità di realizzare il mega-gasdotto dal Qatar alla Turchia e da questa all’Europa, tagliando fuori l’Iran e la Russia.

In arancione, il progetto di mega-gasdotto dal Qatar alla Turchia, passando per la Siria, in competizione con quello Iraniano attraverso Iraq e Siria stessa

In arancione, il progetto di mega-gasdotto dal Qatar alla Turchia, passando per la Siria, in competizione con quello Iraniano attraverso Iraq e Siria stessa

Una infrastruttura decisiva per le sorti economiche di buona parte degli Stati del Golfo, Arabia Saudita inclusa (che vedrebbe così anche consolidarsi la propria supremazia sul nemico persiano), nonché della Turchia, in profonda crisi e decisa a ribaltare le sorti diventando il nuovo potentissimo hub del gas per il vecchio continente. Una infrastruttura di tale importanza – anche per gli Stati Uniti in funzione di separazione ulteriore e definitiva dell’Europa dalla Russia – che per essa evidentemente vale la pena rischiare il tutto per tutto.

Se è vero che in questo gioco al massacro non esistono esattamente “buoni” e “cattivi”, è parimenti indiscutibile che esso si svolge ai danni e contro la volontà di due Stati sovrani, l’Iraq e soprattutto la Siria, che la loro scelta – buona o cattiva che sia giudicata – l’avevano fatta, optando per la partnership con Teheran e Mosca.

Se nessuna delle due parti mollerà la presa, lo scontro sarà inevitabile e con tutta probabilità non potrà che coinvolgere anche l’Europa stessa.

Francesco Meneguzzo

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1 commento

carolus 5 Dicembre 2015 - 12:06

La Turchia NON deve assolutamente mettere piede nella UE e non è concepibile che faccia parte della NATO. Le mire di conquista e di espansione dell’ islam di questo Paese vanno bloccate prima che i turchi rimettano insieme un tentativo di impero.

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