«Si profila come fenomeno positivo, il meticciato, la tendenza alla nascita di un popolo unico, che ha una ricchezza media, una cultura media, un sangue integrato. Questo è un futuro che dovrà realizzarsi entro due o tre generazioni e che va politicamente effettuato dall’Europa». Non sono le parole di un qualche complottista da tastiera come l’esilarante personaggio Napalm51 del comico genovese Maurizio Crozza né le frasi di quel dandy fancazzista che era il conte Coudenhove-Kalergi, ma i pensieri senili del compianto (si fa per dire) Eugenio Scalfari, scritti nell’agosto 2017 sulle colonne de L’Espresso.
Nell’articolo intitolato “C’è l’Africa nel nostro futuro” il guru del giornalismo italiano, dopo un’imbarazzante introduzione sulla tettonica del pianeta Terra, scriveva che il continente africano sarebbe diventato per noi un elemento positivo, insieme a tutti i popoli migranti, con i quali convivere e ridurre così le disuguaglianze, aumentando l’integrazione. Tale processo sarebbe stato incoraggiato dai Paesi europei più ricchi, guidati dalle sinistre, e concludeva poi con l’impegno di portare avanti questa battaglia a qualunque costo…e in effetti la battaglia è stata portata avanti.
L’ultimo simile delirio in ordine di tempo, infatti, si è visto nella puntata del programma Piazza Pulita del 13 giugno scorso, durante la quale l’onnipresente Michele Serra, commentando le medaglie vinte agli Europei di atletica dagli azzurri, alcuni dei quali di origine non italiana o con un genitore non italiano, ha espresso il suo apprezzamento verso la razza africana di quest’ultimi, fautori di un vero e proprio «miglioramento clamoroso della specie», anche in termini estetici.
La stessa superiorità razziale decantata tempo fa da Roberto Saviano, che sognava sindaci africani per il Sud, considerati antropologicamente superiori ai nostri amministratori, o recentemente da Antonio Polito, per il quale i ragazzi migranti del film “Io capitano” sono molto più coraggiosi e forti degli ansiosi e fiacchi adolescenti italiani.
Queste, però, non sono soltanto farneticazioni di intellettualoidi da talk-show, ma rappresentano la vera e propria forma mentis di un pensiero consapevole, che trova riscontri anche nella pratica politica. Come non ricordare, infatti, le affermazioni di una Laura Boldrini, secondo cui i migranti rappresentano l’avanguardia del nostro futuro stile di vita, oppure il commento di Fausto Bertinotti alle parole di Elon Musk (che ci ha semplicemente ricordato di fare più figli) considerate indecenti perché per il nostro «è reazionario avere una prole per non volersi mischiare».
E da qui su fino all’Europa…con l’Alto rappresentante della politica estera dell’UE Josep Borrell il quale, in un’intervista a The Guardian dell’anno scorso, ha accusato alcuni Paesi membri di «non volersi mischiare» preferendo seguire uno “stile giapponese” o il defunto ex Ministro delle Finanze tedesco, l’arcigno Wolfgang Schauble, che si preoccupava del pericolo della consanguineità degli europei da scongiurare grazie agli immigrati islamici. Ma al peggio non c’è mai fine, infatti recentemente è stata ripresa sulle colonne de il Giornale l’affermazione di Axel Steier, fondatore di una ONG pro-migranti, che sui social così si è espresso: «Alla fine non ci sarà più pane bianco, perché tra 50-100 anni la vostra prole sceglierà un partner che non è bianco. La deomogenizzazione della società sta progredendo. La sostengo col mio lavoro».
Ecco il mondo delle idee degli antirazzisti, persone che utilizzano un linguaggio infarcito di termini quali “meticciato”, “sangue integrato”, “miglioramento della specie”, esaltando, come si è appena visto, le unioni interrazziali per non avere più figli bianchi.
Quest’ultimo poi è l’aspetto più insopportabile di tale propaganda e cioè la presunta superiorità sessuale del maschio africano rispetto allo sfigato uomo bianco-occidentale, che tradisce, invece, quello che Guillaume Faye ha fatto notare essere «un inconscio razzismo a fondamento dell’antirazzismo», per cui l’uomo “esotico”, se da un lato è un individuo super virile e molto dotato, dall’altro è considerato, nel profondo, solo una bestia da monta.
Le torbide storie degli operatori umanitari nella famigerata “giungla” di Calais o l’infelice uscita della procuratrice di Rovereto che, nel descrivere un 37enne nigeriano accusato di omicidio, lo definisce «un uomo fisicamente spettacolare», sono solo due casi di un atteggiamento contraddittorio ben rappresentato, tra l’altro, dagli ambienti delle femministe nostrane. Quest’ultime infatti sono le stesse che gridano ad ogni piè sospinto al patriarcato, alla mascolinità tossica (ovviamente bianca) e alla violenza di genere, ma poi tacciono quando una Pamela Mastropietro viene fatta a pezzi da un branco di mafiosi nigeriani, addirittura scendendo in piazza in nome dell’antirazzismo e dell’integrazione; d’altronde sono sempre loro a farsi fotografare sorridenti mentre espongono striscioni con scritto “migranti non lasciateci da sole coi fascisti”…insomma, più razzismo di così…
Gianluca Rizzi