Roma, 23 ott – Se la sinistra si affretta a a dire che una sentenza non è affatto politica e che si deve obbedire pedissequamente ai dettami dei magistrati italiani, significa che gatta ci cova. Come nel caso del pronunciamento del Tribunale di Roma, e della sua sezione che si occupa di immigrati, secondo il quale non esisteranno più paesi sicuri in cui rimpatriare i clandestini che invadono le nostre coste approdandovi con barchini di fortuna o aiutati dalle solite Ong.
Il Tribunale di Roma si pronuncia contro il trasferimento di alcuni immigrati in Albania
La dottoressa Albano ha, certamente in buona fede, fatto una gran confusione circa la sentenza della Corte di giustizia Ue a cui si è appellata per bloccare il rimpatrio dei clandestini egiziani e bangladesi già trattenuti, e a rigor di logica, presso le nuove strutture site in Albania. E possiamo dirlo con serena tranquillità perché la sentenza della Corte di giustizia, nello specifico il suo dispositivo, riguarda il caso sollevato dalla Repubblica Ceca rispetto alla definizione della Moldova come paese sicuro. Nello specifico, la Corte stabilisce che un paese non può esser definito in parte sicuro e in parte no, se vi si vogliono rimpatriare degli immigrati. Così, la Transnistria moldava, essendo stata definita zona insicura, impedisce un eventuale rimpatrio di immigrati. Dunque niente a che vedere con Egitto e Bangladesh che il governo italiano ha definito geograficamente sicuri, specificando che talune categorie (vedasi omosessuali et simili) possono risultare in pericolo. Il presupposto è quindi soggettivo e non geografico. Il richiamo da parte della dottoressa Albano alla sentenza della Corte di giustizia Ue appare totalmente fuori luogo, come se rappresentasse un appiglio cui attaccarsi per giustificare la decisione di remare contro la decisione del governo sovrano di rimpatriare dei clandestini. Eppoi.
Eppoi l’Europa fornisce chiari esempi di contrarietà circa questi principi cui si appellano le toghe italiane. La Germania ha recentemente rimpatriato vari immigrati nella Afghanistan governata dai talebani, i quali hanno trasformato il paese in uno dei luoghi più pericolosi al mondo assieme ad altre dittature e teocrazie islamiche. L’imam di Bologna, alcuni giorni fa, è stato espulso verso il Pakistan, suo paese d’origine, per l’apologia del terrorismo e di Hamas che costui faceva nella moschea che governava. Estendendo il principio di paese sicuro citato dal Tribunale di Roma a tutto il mondo, neanche l’imam pakistano avremmo potuto mandar fuori dalle scatole dato che il Pakistan non risulta certo essere un paese sicuro nella sua integralità geografica.
Una sentenza a dir poco “sospetta”
Data la nota militanza della dottoressa Albano nella corrente di Magistratura democratica che ella oltretutto presiede, e dati i suoi numerosi interventi passati sul tema dell’accoglienza degli immigrati che lei vorrebbe pressoché illimitata, adducendo argomentazioni francamente povere e banalmente commoventi, sorge spontaneo il dubbio che si sia trattato di una decisione squisitamente politica dettata da motivi ideologici. E dopo la pubblicità che la dottoressa si è fatta apparendo in dibattiti pubblici apertamente schierati, non può di certo sorprendersi sei ci poniamo il dubbio circa la sua imparzialità e terzietà. I magistrati devono apparir tali, oltre che esserlo.
La sinistra, come dicevamo all’inizio, furoreggia ripetendo le solite amenità tipiche di chi considera il potere giudiziario come assoluto e non come incastonato in un contesto democratico che prevede la presenza anche di quelli esecutivo e legislativo. Dai capi agli usceri dei partiti della sinistra italiana è tutto un ripetere che le decisioni dei magistrati si rispettano senza fiatare, ignorando questioni enormi come la separazione dei poteri dello Stato, la gerarchia delle fonti del diritto e la possibilità per il popolo italiano di essere affiancato da una casta togata che quantomeno non si presenti come partigiana e di parte. E, perché no, che possibilmente non decida chi e come possa governare questo paese.
Lorenzo Zuppini