Roma, 15 dic – Ci voleva un’azione eccezionalmente stupida, insensata, incomprensibile per far risalire le quotazioni della classe politica a fine 2016, ovvero nell’era di maggior acredine del popolo contro le sue élite. I Forconi ci sono riusciti, grazie al siparietto con Osvaldo Napoli. Che è un ex deputato e pure mediamente sconosciuto: sì, ha fatto qualche talk, ma probabilmente se si fermasse la gente per strada chiedendole di riconoscerne il viso assisteremmo a molte scene mute. Candidatosi a sindaco di Torino, ha raccolto il 5,31% dei consensi. Insomma, una meteora della nostra politica. Eppure un drappello di “militanti” del risorto movimento “9 dicembre” ha pensato bene di indire un processo sulla pubblica piazza contro di lui, che poi lo stesso, supportato dai giornali mainstream che non vedevano l’ora di avere il mostro populista nella sua forma più triviale da stigmatizzare, ha trasformato in una specie di tentativo di linciaggio.
Non si è trattato di nulla di tutto ciò, ovviamente. Non è stato neanche, lo diciamo a beneficio di Napoli e dei tanti editorialisti che hanno usato l’espressione, di “squadrismo”. Bisognerebbe farla finita con l’uso improprio di certi termini: gli squadristi combattevano in una guerra civile, contro un nemico agguerrito e violento che voleva trasformare l’Italia nell’Urss, lo facevano con sfoggio di coraggio e amor di patria, prendendosi tutte le responsabilità delle proprie azioni. Non “arrestavano” nessuno, ma spesso venivano arrestati loro. Insomma, lasciamo veramente stare i paragoni e concentriamoci sul siparietto Napoli-Forconi: non è stato “squadrismo”, non è stato linciaggio, non è stata aggressione. Ma è proprio per il fatto che i media non cercano altro che questi teatrini andrebbero evitati.
Del resto è già difficile di per sé capire il senso del ritorno dei Forconi in quanto tale. A suo tempo, sia pur fra evidenti limiti, quella rivolta ebbe qualche potenzialità: aveva un discreto seguito di massa e una sua trasversalità, esprimeva una rabbia che era in qualche modo rappresentativa. Ovviamente mancava totalmente di progettualità e anche di coraggio, aveva leader improbabili che non sapevano ciò che volevano, volevano la “rivoluzione”, l’assalto al Parlamento, ma presero le distanze dagli unici che ricevettero manganellate dalla polizia. Che oggi quell’esperimento già abortito venga riprodotto su scala mille volte inferiore, senza alcun seguito e con brillanti idee come “far arrestare i politici” semplicemente strattonandoli e chiamando “marescialloooo”, è qualcosa che desta evidenti perplessità. La stessa idea di combattere il potere appellandosi continuamente alla forza pubblica che ha l’unica funzione di difendere il suddetto potere appare balorda. La rabbia popolare c’è, è reale ed è motivata. Ma ad essa serve al più presto una voce politica, organizzata, radicale. E che, possibilmente, non chiami i marescialli.
Adriano Scianca
4 comments
Articolo interessante MA un giornalista imparziale potrebbe anche prendere le parti del popolo offendo qualche soluzione invece di criticare soltanto.., se é così intellettuale e sa tutto lui.
Non è compito di Scianca “offrire soluzioni”, mentre lo è certamente il commentare la notizia, con tutte le critiche del caso. Peraltro, il giornalista che si prende la briga di proporre soluzioni non è certo “imparziale”, e nemmeno giornalista, in definitiva, perché le soluzioni devono elaborarle i politici, non chi fa informazione.
forse ti sei dimenticato che le strategia della tensione a cui fai riferimento parlando della sovietizzazione dell’italia,servi’ per usare la destra italiana e metterla nelle mani dell’occupante(usa).che poi oggi un gruppo isolato ti cittadini abbia provato a spaventare qualche insignificante politico piazzato li per servire il prossimo padrone,bhe’ ci vuole coraggio sopratutto se si e’ in pochi,tu dall’alto del tuo sapere politico,oltre l’ovvio non sei andato.
Scianca si riferiva agli squadristi degli anni ’20, non ai militanti di destra degli anni ’70. Rileggiti l’articolo.