Roma, 20 feb – In una recente sessione dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna il consigliere Priamo Bocchi, eletto per Fratelli d’Italia, si è lasciato scappare che l’uomo «si è “devirilizzato”, è troppo dipendente, nelle relazioni, dalla donna e laddove la donna lo respinge o lo allontana va in tilt». Apriti cielo, si riapre il dibattito su quella che possiamo chiamare “lotta di genere”. C’è chi ha parlato di legittimazione della violenza maschile, chi di dichiarazioni choc. C’è stato poi chi – in quota Pd – ha cercato di mantenere viva la distinzione tra vittime di serie A e vittime di serie B: «per qualcuno la violenza di genere è la violenza contro qualsiasi individuo».
La precisazione di Bocchi
In un secondo momento il consigliere conservatore ha cercato di chiarire la sua posizione. Non riuscendo comunque ad arrivare al punto: «i femminicidi, nella maggior parte dei casi, non nascono dalla forza del machismo o del maschilismo, ma rappresentano una reazione isterica alla propria debolezza e inettitudine. Il femminicida agisce per disperazione, in risposta all’abbandono o al rifiuto da parte della donna».
Solita guerra dei sessi, in pratica un “maschi contro femmine” visto da destra. Con la controparte sinistra che – come sappiamo – vorrebbe ridurre il tutto a una non meglio specificata mascolinità tossica.
Lotta di genere: il problema di fondo è l’egualitarismo
Entra piuttosto in gioco l’ideologia egualitaria, livellante verso il basso. Tende a spogliare le persone di tutto ciò che le può distinguere, quindi anche nel rapporto tra uomo e donna. La forma mentis che ancora va per la maggiore in Europa alla lunga reprime tutte le “qualità feroci” proprie dell’uomo.
Ecco la narrazione sul maschilismo, ovvero un odio viscerale contro gli istinti ancestrali (difesa del territorio, il far fronte alle minacce esterne, gestione della scarsità di risorse e altri fattori ambientali) che da sempre hanno elevato gli uomini.
Civiltà è incanalare gli istinti umani
Scrive la prima recensione americana di Italian Vanguardian: «La civiltà richiede di incanalare e porre limiti agli istinti umani violenti. Ma è un’illusione credere che possano essere resi definitivamente inutili o eliminati». Questo perché «la vita rimarrà sempre una lotta e le virtù eroiche non diventeranno mai obsolete». Proprio nel suddetto volume Carlomanno Adinolfi cita l’esempio della “spedizione dei mille”. Con Garibaldi e i suoi uomini denunciati come pirati: nei fatti liberarono e unificarono l’Italia quando i negoziati fallirono.
Per dirla con le parole di Adriano Scianca: “l’uomo ama di più fondare civiltà che rispettare le leggi. Se sottoposto troppo a lungo all’ordine dato, appassisce. Ecco perché la tendenza a riunirsi in un Männerbund, una comunità virile (gang, milizie, confraternite) si manifesta così spesso nella storia. Naturalmente, la gang si scontra con un’altra forma simbolica del potere degli uomini: la paternità, cioè le leggi della città”.
L’equilibrio tra due dimensioni
Per non appassire, la civiltà deve tenere insieme le due dimensioni, garantire un equilibrio tra forze dinamiche e statiche. Se la gang prevale, è anarchia. Al contrario se il padre domina, è un potere oppressivo che soffoca l’individualità. E tutto ciò influisce, nel piccolo della quotidianità, anche nel rapporto tra uomo e donna.
Senza questa presa di coscienza, continuando nel gioco del tifo, in mancanza di una seria volontà volta a superare l’erroneo paradigma dominante, ogni discussione in merito ci condurrà in un binario vuoto. La sinistra persevererà nella lotta di genere e il centrodestra continuerà a parlare la lingua dell’avversario.
Marco Battistini