Roma, 6 lug – Ci risiamo. Puntuale come le tasse (e la morte), il presidente dell’Inps Tito Boeri è tornato alla carica magnificando l’imprescindibile apporto dei lavoratori immigrati alla stabilità finanziaria dell’istituto. Una posizione che aveva già più volte assunto in passato, ma che oggi – con il cambio di governo e il sensibile mutamento sul tema – acquisisce ancora più valenza. Di natura per niente tecnica, ma del tutto ideologica.
A partire dalla convinzione che esistano lavori che gli italiani non vogliono più fare: mai pensato che metterli in competizione con raccoglitori di pomodori a due euro l’ora o dipendenti di cooperative a tre euro lordi spinga invece a non voler accettare salari da schiavi?
In attesa di notizie sulla sua permanenza ai vertici dell’Inps (la carica ha durata quadriennale e il mandato di Boeri scade ad aprile dell’anno prossimo: l’esecutivo giallo-verde avrà la forza di rimuoverlo?), il suo curriculum parla chiaro: Ph.D. all’università di New York, una carriera fra Ocse, FMI e Banca Mondiale, fino a diventare ordinario (e prorettore con delega alla ricerca) alla Bocconi. Li abbiamo già visti all’opera i professori dell’ateneo milanese: anni di austerità, tracollo del Pil, esplosione del debito pubblico. Un approccio all’economia, quindi, quantomeno singolare. Lo stesso che l’ex bocconiano sembra aver traslato sul suo incarico a capo della previdenza sociale.
Boeri, infatti, dimostra praticamente ogni giorno di non avere la benché minima idea di come funziona l’Inps. O forse lo sa benissimo, ma se la realtà si scontra con l’ideologia immigrazionista allora è la prima a dover cambiare. Il che, se vogliamo, è pure peggio. Insomma, questi benedetti immigrati pagano o no le nostre pensioni? Sì, lo fanno. O almeno, quelli che hanno un lavoro in regola – dato non scontato, visto che fra gli occupati di origine straniera il 20% sono in nero, con punte del 70% nel settore dei servizi – e quindi versano regolarmente i contributi. Contributi che – Boeri lo omette dolosamente – sono versati solo in virtù dell’esistenza di un regolare rapporto di lavoro, non dall’immigrato in quanto tale. In altre parole: sarebbero versati anche da un italiano con lo stresso identico contratto. Anzi, stante la percentualmente sensibilmente inferiore di lavoratori in “nero” fra i nostri connazionali, è persino probabile che se al posto dei lavoratori immigrati vi fossero degli italiani il gettito sarebbe perfino maggiore.
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Il discorso di Boeri reggerebbe solo nel caso in cui in Italia non vi fosse disoccupazione. Al presidente dell’Inps forse sfuggono i dati: i senza lavoro sfiorano l’11%, con una disoccupazione reale (che comprende sottoccupati e gli scoraggiati) che supera il 30%. Gli spazi di manovra per riassorbire numeri che gridano vendetta dunque ci sarebbero, con un dimostrato beneficio per i conti dell’Inps. Invece no, il bocconiano nazionale prosegue imperterrito nella sua narrazione, forte di una convinzione dura a morire: che l’immigrato, dopo qualche anno, ritornerà nel suo paese e dunque i versamenti effettuati saranno (per lui) persi e acquisiti definitivamente alle disponibilità del bilancio pubblico. Può sembrare una boutade, ma Boeri l’ha detto veramente. Se è questo il modo di gestire un patrimonio da centinaia di miliardi…
Filippo Burla
Immigrati e pensioni, tutte le balle di Boeri
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4 comments
Ho finito le parole,ho terminato le offese…….. Sicuramente comunista ed ignobile ballista……. Auguroni.
“Contributi che – Boeri lo omette dolosamente – sono versati solo in virtù dell’esistenza di un regolare rapporto di lavoro, non dall’immigrato in quanto tale. In altre parole: sarebbero versati anche da un italiano con lo stresso identico contratto. Anzi, stante la percentualmente sensibilmente inferiore di lavoratori in “nero” fra i nostri connazionali, è persino probabile che se al posto dei lavoratori immigrati vi fossero degli italiani il gettito sarebbe perfino maggiore.”
Quindi facciamo lavorare ( e non sfruttare) gli italiani, poi se ce ne fosse bisogno il sistema per importare foza lavoro si troverà come lo hanno trovato in passato francia, svizzera e germania, mio padre prende ancora la pensione da questi paesi, che sia sullo stipendio di allora che sulla pensione di adesso ne hanno tratto beneficio e non un sacrificio.
veramente gli immigrati NON pagano nemmeno le tasse necessarie ai servizi forniti loro;
tutti insieme,dal calciatore famoso al bengalese che guadagna in regola (!) 600 euro al mese ai cantieri di Monfalcone,versano la ridicola cifra di 7,5 miliardi di euro in tasse; tradotto: circa 1.500 euro cadauno,per i 5 milioni che risiedono in Italia.
Ora, solo il comparto Sanità-Sicurezza-Scuola costa a TUTTI i residenti in Italia (sia Italiani che stranieri) circa 300 miliardi di euro all’anno; tradotto 5.000 euro a testa.
Ergo.gli stranieri sono a debito di almeno 3.500 euro in tasse a testa che ovviamente mettiamo noi e questo solo su una parte di quello che costa il sistema Italia all’anno,circa 830 miliardi di euro.
tutto il resto sono piddinate.
[…] “Oggi il bilancio dell’ immigrazione può essere anche positivo, perché abbiamo persone giovani che versano i contribuiti e non incassano. Boeri dice una cosa vera quando sostiene che i soldi degli stranieri servono anche a pagare le pensioni erogate oggi. Ma il ragionamento non può fermarsi qui. Dobbiamo considerare il sistema di competenza. E cioè calcolare che quello che viene versato oggi a fini contributivi è una anticipazione. Gli immigrati non stanno dando un contributo al Paese: stanno versando una somma che sta lì in attesa di essere restituita”, spiegava, nel corso di un’intervista a Libero, non più tardi di due anni fa, rispondendo numeri alla mano al sempiterno refrain ripetuto allo sfinimento dal presidente dell’Inps Tito Boeri. […]