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Inchiesta del Nyt: come si “suicida” l’extravergine italiano

by Francesco Pezzuto
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Nyt1Roma, 30 gen – Sta suscitando aspre polemiche, fra gli addetti ai lavori dell’industria olearia italiana, l’inchiesta del New York Times denominata “Extra virgin suicide – the adulteration of italian olive oil”. Si tratta di quindici slide create dall’art director Nicholas Blechman, basate sul libro “Extraverginità” del giornalista Tom Mueller e proposte sul sito dell’autorevole testata americana all’interno della categoria Food Chains: una serie di inchieste sul settore alimentare che nel recente passato si sono occupate anche dei pericoli per la salute legati all’uso di antibiotici negli allevamenti intensivi, o ancora all’utilizzo di prodotti industriali, spacciati per ingredienti freschi e di qualità, nell’alta cucina francese.

La storia illustrata di Blechman, in realtà, racconta problematiche note, spiegando in maniera semplice ma esaustiva i procedimenti che permettono di vendere come extravergine made in Italy un olio prodotto nei paesi nordafricani o in Spagna, per poi essere importato, raffinato e confezionato nelle nostre aziende. Blechman evidenzia l’utilizzo di beta-carotene e clorofilla per equilibrare il gusto e la colorazione del prodotto, e si produce in una rappresentazione a dir poco sarcastica dei metodi di controllo da parte delle forze dell’ordine italiane, costrette, a suo dire, a riconoscere l’olio sofisticato affidandosi esclusivamente al proprio olfatto. La quindicesima slide chiude la mini inchiesta con una considerazione pertinente: questo sistema di sofisticazione ha portato a un forte ribasso del prezzo dell’olio, a scapito proprio degli stessi produttori che hanno ideato la frode, motivo per il quale si parla di “suicidio dell’extravergine”.

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L’appunto che si potrebbe muovere al Nyt è quello di aver ristretto il campo alla sola Italia, mentre l’annoso problema della raffinazione degli oli vegetali di bassa qualità riguarda il mercato mondiale e coinvolge altre nazioni, prima fra tutte la Spagna. L’intento del giornale, però, è quello di informare i propri lettori riguardo all’argomento, non certo proteggere il marchio del made in Italy a livello internazionale. Le associazioni di categoria, a tal proposito, invece di muovere accuse oltremanica dovrebbero guardarsi in casa e interrogarsi seriamente sul futuro del comparto oleario. Le dimissioni del ministro De Girolamo, legate a inchieste che riguardano peraltro la sanità pubblica, hanno evidenziato ulteriormente l’inadeguatezza delle istituzioni ad occuparsi in maniera appropriata dell’agricoltura italiana. Una situazione che si trascina da tempo, che ha impedito all’Italia di imporsi a livello europeo nella discussione sulla nuova Politica agricola comunitaria e che sta danneggiando irreparabilmente un comparto fondamentale dell’economia nazionale.

Francesco Pezzuto

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