Livorno, 11 set – Dopo il disastro le polemiche. A Livorno è di 7 morti e due dispersi il tragico bilancio di una giornata di maltempo. Nel mirino il sindaco pentastellato del capoluogo toscano, che non ha fatto nulla per evitare la tragedia. E così, con la conta dei danni ancora incompleta e con un’intera famiglia ancora da seppellire, Comune e Regione si accusano a vicenda.
Filippo Nogarin, primo cittadino di Livorno, accusa il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, di non aver diramato il codice rosso. Rossi risponde che secondo i tecnici il livello arancione era quello adeguato alle condizioni meteo e che i sindaci avrebbero potuto evitare il disastro se solo fossero intervenuti. Perché tale livello non è molto diverso dal codice rosso.
Quella di ieri, quindi, pare sia stata una tragedia annunciata, dove nessuno è intervenuto per evitare il peggio. Perchè a Livorno il sindaco non ha diramato alcun appello alla popolazione, nonostante l’allerta della Regione: “Non potevamo sapere quello che sarebbe successo, non era prevedibile” si è difeso e per scaricare il barile attacca la Regione e la sfumatura di colore dell’allerta maltempo, che tuttavia era stato comunicato ai sindaci già dalla giornata di sabato. Sarebbe bastato avvisare la popolazione, proprio come è stato insegnato ai sindaci durante i corsi per i sindaci appositamente organizzati dalla Regione.
Ma Nogarin finisce nel mirino delle polemiche anche per una serie di mancati interventi per mettere in sicurezza la città. Malgrado i dintorni della città siano a forte rischio idrogeologico, l’inettitudine del sindaco a 5Stelle ha sempre trascurato gli allarmi. Esattamente come è successo ieri. La rete fognaria, che non era in grado di reggere un’ondata di maltempo così forte, non è mai stata sistemata del tutto nonostante la Protezione Civile nel 2014 abbia avviato una serie di interventi mai terminati. Idem per gli argini dei torrenti, e per tutti gli altri interventi preventivi che avrebbero potuto salvare le sette vite perite sotto la colata di fango.
Anna Pedri