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Ma la storia non era finita?

by Michele Iozzino
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Roma, 11 dic – L’improvviso colpo di scena in Siria, la mascherata in Corea del Sud, per certi versi anche quella in Romania, più che un flusso normale di notizie sono sembrati un ottovolante. Un bel clima rovente che va ad aggiungersi a quello roventissimo di Ucraina e Palestina, senza scordare il Libano. Come se dopo la stasi rappresentata dal Covid il mondo avesse subito un’improvvisa accelerazione e la storia avesse ripreso il suo corso.

La storia è ancora qui

Mentre l’Occidente passa il tempo a discutere del sesso degli angeli (ovviamente di quegli angeli arcobaleno che non hanno sesso ma genere e che per non farsi definire inventano ogni giorno nuove definizioni con cui tiranneggiare gli altri) tutto intorno sembra improvvisamente prendere vita. Polemos sembra nuovamente essere padre di tutte le cose. Ma più questo movimento diventa caotico, più le categorie con cui si tende ad interpretarlo diventano fisse. A prescindere da dove si voglia mettere un fantomatico asse del male tra le due parti in causa, infatti, il dualismo Occidente e anti-Occidente risponde a logiche fallimentari. Tra chimere, illusioni, scorciatoie del pensiero e attese millenaristiche si finisce per sopprimere non solo l’aderenza ai fatti o un qualche spirito critico, ma anche quella dimensione autenticamente conflittuale che innerva la storia e non si lascia imprigionare da categorie astratte. Da una parte abbiamo chi addolcisce la pillola parlando di “jihadisti moderati” o “miliziani pragmatici” per descrivere i tagliagole entrati a Damasco, dall’altra chi si dà di gomito per la presunta somiglianza fisica tra Zelensky e al-Joulani. Le solite retoriche stagnanti di che divide il mondo tra buoni e cattivi, di chi si accontenta di parlarsi addosso o al più di lanciare stigmi morali.

Di fronte a rovesci come quello della Siria è bene diffidare da chi non si lascia sorprendere e da chi non si lascia affascinare. Chi, insomma, non riesce a vedere le aperture nel gorgo di pericolo e caos che spesso è la storia. Anzi, fa uno strano effetto osservare quanto miseramente si sia sgretolato dopo appena qualche decennio l’annuncio della fine della storia. Ancora più strano è assistere alla metamorfosi di quanti un tempo avevano reagito con disgusto a questo annuncio, ma ora hanno sostituito la storia con l’Apocalisse. E ovviamente riserva per sé solamente il compito di osservatore, applicandolo peraltro anche alla posizione geopolitica di Italia ed Europa, quando invece la risposta dovrebbe essere quella di un maggior interventismo.

Qualche spunto per decodificare quanto sta accadendo

Cerchiamo allora di tracciare qualche spunto che possiamo trarre da quanto successo. Come già detto, la realtà non viaggia su logiche binarie. Gli attori internazionali seguono percorsi spesso contraddittori, dando vita a intrecci e giochi complessi. La Siria appare quasi come una vittima sacrificale di queste trame, con la Turchia brava a cogliere i sbilanciamenti nel quadrante e sfruttarli a suo favore. Tutto sembra portare a uno smembramento e a una spartizione del territorio Siriano, ma gli esiti sono ancora lontanissimi dall’essere definiti. La caduta della Siria è anche la fine di quel socialismo nazionale arabo che, pur con tutti i suoi problemi, ha rappresentato una spinta laica e modernizzatrice, rendendolo un interlocutore privilegiato. L’islamismo con tutte le sue sfaccettature sembra sempre più padrone del campo. Appare però molto lontano dall’essere un risveglio spirituale o in qualche modo tradizionale, anche se il suo successo può indicare un bisogno in questo senso. Ma qui l’islam è usato come banale insieme di regole e precetti, ancora meno di una dimensione devozionale, figuriamoci di una dimensione autenticamente spirituale.

L’inattività europea genera mostri: il vicino oriente non sembra più così vicino e l’unica preoccupazione dalle nostre parti al massimo è il problema immigrazione. Non abbiamo più l’ambizione di proiettare potenza nel Mediterraneo, al massimo questo è inteso come terreno di Ong e barconi. Insomma, ci interessa solo la parte terminale della questione. Tutto questo è una colpa capitale soprattutto per l’Italia, la cui direttrice naturale è proprio verso il Mediterraneo. Spinta che, però, non deve essere letta in contraddizione con una integrazione europea, come se le due cose si escludessero a vicenda. Senza un’Italia protagonista nel Mediterraneo l’Europa non avrebbe alcuna profondità strategica e senza Europa l’Italia non avrebbe molto del suo peso specifico. Aggiungiamo che, riguardo all’Unione Europea e alla possibilità di una Europa potenza troppo spesso si pone il problema, da una parte e dall’altra, come se fosse relativo esclusivamente alla cessione di sovranità da parte dei singoli e non su quanto siamo disposti a sacrificare del nostro benessere materiale per rientrare nella storia.

Infine, bisogna notare che la cosiddetta “crisi della democrazia” non interessa a nessuno. O, meglio, che la democrazia è sempre più un termine ambiguo e vuoto al suo interno. Così in Corea del Sud un suicidio politico può passare anche dall’imposizione della legge marziale, in Romania delle elezioni possono essere annullate con motivazioni a dir poco assurde, e in Siria dei jihadisti finiscono per essere “venduti” all’opinione pubblica come i liberatori che hanno destituito un’oscura tirannia. Sono caduti diversi paletti e diverse maschere. Speriamo di non doverci trasformare noi in difensori delle democrazia, noi che della democrazia siamo sempre riusciti a vedere i limiti e i difetti.

Michele Iozzino

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