Prandelli è stato chiaro: “Balotelli ha scontato la squalifica, non convocarlo sarebbe una punizione aggiuntiva alla punizione”.
Per carità, sarebbe anche un ragionamento sensato, se non fosse inserito in quella pagliacciata delirante chiamata “codice etico” con cui il ct della nazionale ci ammorba fin dal giorno del suo insediamento. Secondo il suddetto e tanto sbandierato codice, chi sbaglia o chi viene espulso non può essere convocato in nazionale. Ineccepibile, peccato che questo codice etico sia stato aggirato più volte dal suo creatore per permettere a Mario Balotelli di poter giocare con la maglia azzurra anche dopo i peggiori comportamenti, in campo e fuori. Già nel febbraio 2012 era stato chiaro: chi avesse sbagliato avrebbe rischiato l’europeo estivo.
Subito il codice etico ha colpito l’allora romanista Osvaldo, espulso per un fallo di gioco in coppa Italia contro l’Atalanta. E Mario? Soli due mesi dopo interviene scomposto, a partita finita, contro Song, un gesto talmente stupido da costringere il suo allenatore Mancini a metterlo fuori squadra. Ma ecco arrivare il paterno Prandelli che, quasi chiedendo scusa lui stesso, rassicura Balotelli assicurandogli il posto agli Europei perché il “codice etico si applica solo ai comportamenti fuori dal campo, non per i falli di gioco”. Con buona pace del precedente Osvaldo e con buona pace del fatto che tutto era stato il fallo di Balotelli su Song tranne che un normale fallo di gioco. In seguito il codice etico è stato applicato per De Rossi, espulso a novembre nel derby e poi non convocato, per Bonucci, reo di aver pronunciato frasi ingiuriose e intimidatorie verso l’arbitro durante la partita con il Genoa, infine ancora per Osvaldo, addirittura non convocato per la Confederation Cup in seguito ai tweet offensivi nei confronti di Andreazzoli. E ora Balotelli è stato espulso non per fallo di gioco ma per aver insultato e minacciato l’arbitro Banti durante il match contro il Napoli, esattamente come Bonucci qualche mese fa. Ma in questo caso non si vuole dare una “punizione aggiuntiva alla punizione”.
Perché, poverino, va tutelato essendo un patrimonio. Patrimonio di chi? Già nel 2006 l’allora ministro per le attività sportive Giovanna Melandri chiese praticamente scusa al mondo per la vittoria contro la multietnica Francia, già designata vincitrice dal presidente Fifa Blatter, auspicando che in futuro la nazionale italiana sarebbe stata multietnica proprio come i rivali sconfitti. Dalla prima conferenza come ct nel 2010 Prandelli mise subito in chiaro che avrebbe fatto dei “nuovi italiani” il fulcro della futura nazionale e come prima mossa convocò il centravanti brasiliano Amauri, allora uno dei peggiori centravanti del campionato ma meritevole di indossare la maglia azzurra solo per essere uno straniero con passaporto italiano. E ora c’è Balotelli, testimonial antirazzista designato dal ministro Kyenge. Poche chiacchiere, Balotelli deve giocare per dimostrare al mondo come sarà la futura Italia: un paese di padrini e figliocci, di figli raccomandati dopo aver denunciato le raccomandazioni, un paese dalla doppia morale, dal doppio codice etico e magari dal doppio codice penale, delle punizioni esemplari per molti ma non per tutti, degli utili idioti coccolati e difesi nelle loro porcherie, un paese di maestrini moralisti che si autoelevano a rieducatori del popolo gretto e retrogrado ma che si inalberano indignati contro la massa ignorante quando le loro porcherie vengono palesate al mondo. Ecco di chi sono patrimonio i Balotelli. Se il calcio è il nuovo oppio dei popoli, proprio dal calcio è nata la rieducazione siberiana della nuova Italia che verrà. E se da un Prandelli a una Boldrini il passo è stato così breve, vuol dire che al baratro di passi ne sono rimasti davvero pochi.
Carlomanno Adinolfi
1 commento
[…] per questo queste pre-convocazioni mi hanno lasciato allibito. Perché certe scelte sembra che esulino dal semplice compito di commissario tecnico. Sembrano più spot […]