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Ventuno aprile: Roma รจ stata costruita in un giorno

by La Redazione
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Questo articolo, che affronta la questione della religiositร  nellโ€™antica Roma, รจ stato pubblicato sul Primato Nazionale di aprile 2018.

Anno 70 dellโ€™evo volgare. Siamo a metร , circa, del mese di settembre. Dopo un lungo assedio, durato oltre sei mesi, Tito Flavio Cesare Vespasiano conquista la formidabile roccaforte di Gerusalemme. E con essa viene, di fatto, domata la ribellione scoppiata nella provincia della Giudea. Si tratta di una delle imprese militari piรน sbalorditive di tutti i tempi, tale da destare ancor oggi ammirazione e analisi tra gli studiosi. Del resto, Gerusalemme, allโ€™epoca, era giudicata inespugnabile per la presenza di imponenti torri e massicce opere difensive, come la famosa fortezza Antonia. Avuta ragione della resistenza nemica, lo storico Flavio Giuseppe metterร  in bocca a Tito queste parole: ยซCon lโ€™aiuto del Dio [Giove Ottimo Massimo] abbiamo dichiarato guerra. E la divinitร  รจ stata la sola a buttare giรน i Giudei dalle loro fortificazioni, giacchรฉ che cosa avrebbero potuto fare le mani degli uomini e le macchine per lโ€™assedio contro queste torri?ยป (Bell. Jud. VI 411).

Siamo, รจ vero, in unโ€™epoca di relativa prosperitร  per le sorti romane e continuitร  ideale con il passato. Ma lโ€™idea che le fortune militari della res publica imperiale derivassero da un corretto esercizio del rapporto con le forze divine era ancora diffusa due secoli piรน tardi, quando giร  la crisi spirituale e le invasioni barbariche avevano iniziato a erodere le fondamenta della civiltร  latina. Cosรฌ, lโ€™imperatore Aureliano, di fronte al minaccioso apparire della tribรน dei Marcomanni sul limes, incerto sul da farsi, non esitรฒ a ordinare la consultazione dei Libri Sybillini, spiegando che ยซnon cโ€™รจ da vergognarsi a vincere con lโ€™aiuto degli dรจi, poichรฉ in questo modo molte guerre furono iniziate e terminate presso gli antichiยป (SHA, Aurel. 20,7).

I patrii auspici

Un ultimo esempio illustra lโ€™importanza di una siffatta concezione. Secondo una notizia consegnataci da Giulio Paride, tardo epitomatore dei Factorum et dictorum memorabilium di Valerio Massimo e riferita allโ€™anno 241 a.e.v., ยซa Lutazio Cercone, che pose fine alla Prima guerra punica, fu vietato dal Senato di consultare le sortes della Fortuna di Praeneste: consideravano, infatti, che la cosa pubblica dovesse essere amministrata secondo gli auspici patri e non quelli stranieriยป(Ep. 1,2,3). Il contorno storico รจ chiaro: ci troviamo al termine della crisi bellica con Cartagine, che di lร  a poco vedrร  le armi romane prevalere sulle brame di conquista puniche, chiudendo la prima guerra contro lโ€™odiato nemico nei termini di una pace vittoriosa. Il Senato, perรฒ, impedisce al console Q. Lutazio di consultare le sortes prenestine (minute tavolette di quercia, estratte a caso da unโ€™urna lignea dโ€™ulivo per mano di un bimbo), opponendo a esse gli auspicia di Roma, ossia lโ€™osservazione dei segni forniti dal comportamento degli uccelli o dai fenomeni metereologici.

Le fondamenta politiche
dellโ€™attuale area europea
vanno ricercate
nellโ€™espressione universale
della civiltร  italico-romana

Del resto lโ€™Urbe era vicina a prevalere dopo un lungo periodo che ne aveva messo alla prova tempra e forze, alternando grandi vittorie a terribili rovesci militari. In questo feroce bellum con Cartagine, i Romani avevano potuto contare, come in passato, su loro stessi e sulla loro straordinaria capacitร  militare, adattandosi felicemente a un campo pressochรฉ sconosciuto, come quello della strategia e tattica navale. Avevano, soprattutto, badato allโ€™ausilio delle forze divine. Proprio il sistema degli auspici si era trovato al centro del dibattito e dellโ€™attenzione. Ed era stato messo alla prova duramente: solo otto anni erano passati dalla devastante sconfitta sul mare di Trapani, a causa dellโ€™incuria mostrata dal console P. Claudio Pulcro che aveva gettato in acqua, con inaudito disprezzo, i polli augurali โ€“ i quali si erano mostrati disappetenti verso il cibo loro offerto, consigliando cosรฌ di rinviare la battaglia in un altro giorno piรน favorevole โ€“ esclamando che se non volevano mangiare, almeno bevessero. Quello stesso anno, poco dopo, si era verificato un altro caso nefasto: quello del console collega di Claudio Pulcro, vale a dire L. Giunio Pullo, il quale per aver negletto ancora una volta i contrari auspici, aveva causato la perdita di unโ€™intera flotta, oltre 100 navi, spazzata via da una tempesta presso Camarina. Per entrambi, come ammonirร  molti anni dopo Cicerone, sarebbe stato ยซdoveroso obbedire alle prescrizioni religiose e non si doveva contravvenire alle usanze patrie in modo cosรฌ arroganteยป (De div. II 33,71). Il loro destino, terribile: ambedue finiranno suicidi, in solitaria disgrazia.

Da poco tempo โ€“ correva lโ€™anno 245 โ€“ invece, gli dรจi romani avevano mostrato un esempio della loro potenza, distruggendo, a loro volta, unโ€™intera squadra navale cartaginese, giร  sbaragliata e messa in fuga in battaglia. Il lieto evento fu accompagnato da ottimi auspici ex avibus:un fausto volo di poiane era stato scorto sopra le navi latine, di talchรฉ il console al comando divenne noto come Marco Fabio Buteone (dal lat. buteo, ยซpoianaยป). Quel giorno, la gens Fabia riscattava sรฉ stessa e lโ€™intera comunitร  dal terribile eccidio del Cremera, avvenuto oltre un secolo prima e a cui era scampato un unico soggetto appartenente a quellโ€™antico lignaggio. In questo clima, dunque, non stupisce che il Senato abbia opposto un fermo rifiuto alla consultazione di un oracolo considerato straniero, per molti aspetti oscuro e misterioso, sebbene reputato per fama di gran valore e assai diffuso tra la popolazione, di cui dunque cโ€™era poco da fidarsi, anche per mancanza di precedenti diretti che ne potessero confermare lโ€™affidabilitร : ยซIl mondo romano รจ quello che rifiuta lโ€™azzardo, la casualitร  (e non importa se si tratti di un rito religioso o del gioco dei dadi), in favore della ragione e della riflessione, ossia della responsabilitร  personale, quella di cui debbono dar prova gli uomini pubblici e la gente dโ€™un certo livello socialeยป, ha acutamente sottolineato Dario Sabbatucci.

Salute e abbondanza

Lโ€™Urbe aveva testato ancora una volta, positivamente, la forza del suo numen garante durante quegli anni travagliati. A che procambiare? Le particolari fortune di un piccolo centro proto-urbano di pastori e contadini, circondato da numerose e ben piรน potenti popolazioni o nazioni, che Roma, aggredita da piรน parti, aveva saputo piegare una a una, dimostravano che il mantenimento del legame con gli dรจi garantiva il successo della res publica, del bene comune. Certo, ai Romani non mancava il realismo. Come ha osservato lo storico Nathan Rosenstein, ยซin termini pratici gli uomini sul campo vincevano o perdevano le loro battaglieยป; ma se ยซlโ€™aiuto degli dรจi da solo non era mai sufficiente per raggiungere la vittoria, non di meno esso era essenzialeยป e, qualora fosse mancato, ยซil fallimento era inevitabileยป.

Esercitare il potere umano
significa governare insieme
con gli dรจi, decidere con essi
che cosa sia lecito e giusto fare

Ma la communitas populi romani non costituiva solo una ยซcaserma a cielo apertoยป. Benessere significava anche ricchezza delle messi, abilitร  nel commercio, lontananza delle pestilenze. La stessa divinitร  protettrice di Roma, Iuppiter Optimus Maximus, derivava lโ€™epiteto optimus da ops, ossia ยซabbondanzaยป, ยซfertilitร ยป. Giove รจ dunque anche il garante della fortuna politico-sociale della civitas. Un dono che la civiltร  romana seppe aumentare e far crescere in ogni campo, dalla letteratura allโ€™architettura, dal diritto alla costruzione di forme politico-costituzionali, sino a divenire un modello per lโ€™intera Europa occidentale. Iberia, Britannia, Gallia e parte della Germania devono la loro nascita, come future nazioni, e il loro sviluppo allโ€™influenza del mondo latino: sicchรฉ si puรฒ ben dire che le attuali fondamenta dellโ€™odierna area europea, per quanto assai decadenti e lontane idealmente da ciรฒ che fu lโ€™insegnamento ed esempio dei nostri avi, vanno ricercate non nelle fragili e ambigue basi della dottrina cristiana o del pensiero liberale, come ci viene spesso detto, ma nellโ€™espressione universale della civitas italico-romana e in quella che fu definita, giustamente, la ยซcittร  degli dรจiยป.

La fondazione

Questo straordinario rapporto con il mondo del sovrannaturale ha una precisa data di inizio: il 21 aprile dellโ€™anno 753 a.e.v. In quella giornata, Romolo compie due atti normativo-sacrali di importanza fondamentale. Dopo aver proceduto a tracciare il sulcus primigenius secondo le indicazioni dei libri rituales dellโ€™Etrusca disciplina, fondando cosรฌ lโ€™Urbe e stabilendo il patto con i numina di Roma, delimita poi lo spazio sacrale del pomerium sulla scorta del sapere augurale italico-romano. Quel confine sarร  gravido di implicazioni politico-costituzionali, costituendo il fondamento e la separazione, a un tempo, tra spazio del vivere quotidiano, civile e quello in cui si assume il comando militare, si amministrano i rapporti con chi รจ ostile.

Ma non basta. Poco tempo prima di procedere alla fondazione dellโ€™Urbe, secondo il resoconto tradizionale โ€“ di cui, dopo anni di ipercritica, nessuno pare piรน dubitare a seguito delle scoperte condotte da Andrea Carandini โ€“ avviene una contesa sacra che oppone Romolo a Remo per decidere chi dei gemelli avrebbe dovuto provvedere alla fondazione della cittร , a stabilirne il nome, quale luogo prescelto avrebbe ospitato la primigenia comunitร  romana e, forse, il giorno della fondazione a sciogliere ogni interrogativo. Significativamente, la versione piรน risalente di Ennio definirร  il primo degli uccelli ad apparire nel campo visivo di Romolo con queste parole: ยซE ora la fulgida luce riapparve raggiante, spinta fuori nel cielo; e nello stesso tempo, lontano, dallโ€™alto, proveniente da sinistra volรฒ un uccello bellissimo, di ottimo auspicioยป; poi, poco dopo, ecco mostrarsi, in numero di dodici, gli auspici che sanzionano la vittoria di Romolo: ยซAppena sorge lโ€™aureo sole, scendono dal cielo dodici corpi sacri di uccelli posandosi su luoghi  fausti e di splendido augurio. Da ciรฒ Romolo comprese che a lui era stata data la preferenza, che in seguito allโ€™auspicio gli era stato assicurato il seggio regale e il territorioยป (Cic. De Div. I 48,107 = Enn. fr. 90-97 Vahlen).

La pax deorum

Allorquando si ripete un famoso detto popolare, e cioรจ che Roma non รจ stata creata in un sol giorno, si dice in realtร  una sciocchezza. Il populus Romanus Quirites era sorto in un determinato luogo, in un preciso momento, grazie al volere di Iuppiter, accertato dagli auspicii-augurii romulei: ยซLโ€™esistenza del popolo romano si fonda sulla volontร  divina, manifestatasi storicamente e giuridicamente in un โ€œpunto dello spazio-tempoโ€ยป, ha opportunamente osservato Pierangelo Catalano. Per questo motivo ogni successore di Romolo ne seguirร  lโ€™insegnamento, ri-stabilendo di volta in volta il pactum con gli dรจi: รจ la pax deum. Come ha spiegato Riccardo Orestano, ยซtutta la vita privata e quella pubblica erano dominate dallโ€™assillo ansioso e ininterrotto di operare in accordo con queste โ€œforzeโ€ o โ€œdeitร โ€, di procurarsi il loro ausilio, di propiziarsi il loro assenso, di mettersi al riparo dalle loro influenze ostili, di non fare nulla che potesse suscitare il loro sfavore o una loro reazione. La paura di non soddisfare gli dรจi o, peggio, che qualche atto o comportamento potesse rompere la pax deorum da cui dipendevano il benessere dellโ€™individuo, della famiglia, della comunitร , rendeva il romano continuamente attento a cercare in qualunque aspetto della natura i segni della volontร  divinaยป.

Accertare la volontร  degli dรจi rispetto a una decisione o azione umanada intraprendere e, meglio ancora, scrutarne lโ€™approvazione o disapprovazione, il permesso o il dissenso, onde conformarvisi, diviene essenziale per poter agire in modo sacralmente corretto e legittimo sotto un profilo giuridico e umano a un tempo. Ogni importante atto pubblico, quale che fosse, risultava divinamente orientato dallโ€™alto, sia sul piano condizionale sia su quello spaziale e temporale: a Roma esercitare il potere umano significa governare insieme con gli dรจi, decidere con essi che cosa sia lecito e giusto fare.

Un patto rinnovabile

Si tratta di semplice archeologia? Di splendido esercizio storico-filologico fine a sรฉ stesso? O, peggio, di mito incapacitante?  No, non solo. La vicenda della fondazione dellโ€™Urbe puรฒ ancora fornire utili indicazioni sul nostro futuro. Il vincolo contrattuale stabilito con il mondo celeste non รจ solo da intendere come ยซsituazione per cui gli dรจi sono in amicitia con gli uomini, ai quali concedono i benefici che essi si aspettano da loroยป, esprimente perciรฒ una vicinanza particolare, una protezione accordata dai numina al popolo romano, ma ancor piรน da concepire come il patto normativo-sacrale che legava la civitas, sin dalla fondazione, ai suoi dรจi e che gli abitanti dellโ€™Urbe hanno posto alla base e come spiegazione delle loro stesse fortune.

Una nuova fondazione
della civiltร  italica
รจ precisamente ciรฒ
che ci occorre oggi

Questo sistema od ordinamento giuridico-religioso, che definiamo pax deum, non รจ neppure un semplice do ut des, come sovente vien detto in modo un poโ€™ riduttivo, ossia un vero e proprio negozio bilaterale, concluso tra il popolo Romano per mezzo dei suoi organi o rappresentanti pubblici e le forze divine chiamate a intervenire di volta in volta, sottoposto a obbligazioni determinate, in cui a una precisa azione rituale, a un savoir faire liturgico, doveva necessariamente seguire lโ€™effetto indicato. Lโ€™idea dellโ€™alleanza degli uomini con lโ€™universo celeste รจ tale per cui lo stato dei rapporti tra i due mondi, di norma, viene costituendosi sotto un vincolo in apparenza contrattualistico, ma essi sono poi regolati nella sostanza dalla fides, secondo la concezione di essa sviluppata in ambito sacerdotale: la quale non costituisce affatto un abbandono mistico, secondo la nozione cristiana, ma รจ un legame posto sotto il vincolo del rispetto del rapporto sorto, del mantenimento degli impegni assunti.

Ecco, questo rimane il senso piรน profondo e proprio della fondazione romulea. Trarre linfa da quellโ€™episodio, restando fedeli ai costumi e insegnamenti dei nostri avi, al loro spirito e modo di agire in ogni campo, senza nulla cedere, ma anzi restando vigili sul limes e pronti allโ€™azione contro coloro che vorrebbe annientare la terra Italia e la sua tradizione, resta lโ€™obiettivo principale, al di lร  delle odierne contingenze. Del resto, ancora dal nostro passato possiamo trarre spunto. Il topos della speciale forza dellโ€™auspicio fornito dai sacri segni inviati da Iuppiter si presenterร , pressochรฉ immutato, il 19 agosto del 43 a.e.v., a Gaio Cesare Ottaviano nel giorno successivo allโ€™elezione al suo primo consolato, allโ€™atto di cogliere i propri auspici di investitura, sicchรฉ ยซgli si mostrarono, come giร  a Romolo, dodici avvoltoiยป (Svet. Aug. 95). Con il che lโ€™Augusto procederร  a ri-fondare Roma per la seconda volta, avviandola a unโ€™aurea aetas dopo anni di guerre civili e scontri tra fazioni politiche. Una nuova fondazione della civiltร  italica รจ precisamente ciรฒ che occorre oggidรฌ. E quanto ne ha bisogno questa terra martoriata.

Stefano Bianchi

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