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Speciale “forconi” – 1 / Chi ha paura della piazza?

by La Redazione
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forconiRoma, 12 dic – Al momento, più che la tenuta del governo e del malaffare diffuso, la rivolta dei forconi ha messo a dura prova i nervi dei difensori della democrazia e delle “buone maniere” nostrani. Questi, che si riscoprono ora araldi delle istituzioni e del vivere civile, sono gli stessi che spesso sono stati i manipolatori o i manipolati al servizio del sistema stesso contro cui la protesta popolare di questi giorni, in modi anche confusi, si sta mobilitando.

Salta all’occhio la “contromobilitazione” della triade sindacale dei soliti noti. Vistisi spodestati di un diritto alla protesta e alla piazza che credevano esclusivo e indiscutibile, sono dovuti ricorrere in extremis a un comunicato che ha del patetico e che non fa che sottolineare l’inettitudine e l’impreparazione della classe politico-sindacale italiana nei confronti dei processi popolari profondi e autentici. In sostanza i sindacati hanno chiesto agli associati di manifestare per la legalità contro i blocchi di questi giorni, nonostante le motivazioni della protesta siano considerate comprensibili. Si commenta da sé.

A ruota si è aggiunta al coro l’Anpi (mentre in rete gira una presa di distanza dei 99 Posse che però è relativa alla precedente rivolta dei forconi). I custodi dell’ortodossia antifascista, dall’alto della loro saldezza costituzionale, hanno evocato lo spettro di una protesta manipolata da capipopolo nazifascisti che agirebbero nell’ombra. Insomma, quando lavoratori, studenti e disoccupati si organizzano autonomamente, superano gli steccati ideologici di ieri e si riuniscono sotto la sola e semplice bandiera nazionale, per le muffe del pensiero politicamente corretto siamo di fronte a una risorgiva di Ur-fascismo allo stato primordiale e barbaro.

Ancora, è sempre la politica di sinistra, nella fattispecie della nuova dirigenza PD, a dire la sua contro una mobilitazione che non riesce a capire e ad intercettare. Dal Corriere della Sera ai portavoce di Partito, il fastidio e il disprezzo per una classe produttiva che per la maggior parte non fa riferimento al mondo culturale della sinistra italiana, è solo a fatica trattenuto e mitigato. L’imbarazzo nelle loro parole è evidente, il disagio palpabile. L’inettitudine e l’incapacità politica di comprendere ciò che da tempo si era avviato e che ora si sta concretizzando in un qualcosa di multiforme e magmatico, è sotto gli occhi di tutti.

In tutto questo marasma di vestali della legalità non sono mancate le uscite fuori tempo massimo del centro destra nostrano. Berlusconi ha naturalmente tentato un maldestro avvicinamento alle ragioni dei forconi, mentre il ministro Angelino Alfano ha dichiarato – e come non credergli vista l’espressione facciale – che garantirà l’ordine a ogni costo. I manifestanti si dovranno preparare alle cannonate? Zaia ha fatto la sua dichiarazione perfettamente in ordine col suo ruolo istituzionale di presidente di Regione e dentro gli schemi precostituiti. L’unico, finora, ad aver fatto un gesto eclatante, è il sindaco di Adria, il quale è sceso in piazza coi manifestanti e ha dichiarato di voler organizzare dei pulmini per Roma. A parte casi degni di nota, la destra istituzionale ancora una volta si è dimostrata inesistente e inconcludente.

La rivolta dei forconi e i blocchi che si sono verificati in alcune città, come Milano, Torino, Roma, hanno poi messo in evidenza le contraddizioni interne alle stesse fasce lavoratrici. Diversi negozianti hanno protestato contro i disagi causati dalle proteste, come se qualche ora di chiusura forzata potesse in fondo assestare un colpo decisivo a una situazione di crisi del commercio di per sé già profonda e gravissima. Evidentemente il piccolo egoismo di alcuni commercianti prevale tutt’oggi sulle ragioni di una protesta che è sì multiforme e non ancora focalizzata su obiettivi strategici chiari e concreti, ma che potrebbe costituire l’inizio di un cambiamento radicale della politica nazionale dei prossimi anni.

Non è più il tempo degli egoismi di categoria e dei piccoli affari di bottega. Alla luce del fatto che la stretta avvolgente delle mire monopolistiche apolidi nei prossimi anni di muoverà con maggior sicurezza e successo verso un assorbimento quasi totale della piccola e media impresa, allo scopo di riorganizzare il mercato del lavoro in ottica centralistica e multinazionale; commercianti, agricoltori, metalmeccanici, piccoli e medi industriali, artigiani, impresari edili, studenti, devono tutti aprire gli occhi sul rischio di impoverimento e azzeramento del livello di vita incombente, a cui non si può e non si potrà rispondere con il vantaggio economico di un giorno, ma con la visione profonda dei processi a venire e un’azione concreta, orientata e paziente.

Francesco Boco

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