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Torna lo spettro dello spread. Quando la democrazia non piace ai “mercati”

by La Redazione
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Roma, 9 mag – Ci hanno sempre insegnato che le libere votazioni rappresentano la manifestazione più pura della democrazia: un popolo decide chi dovrà rappresentarlo in parlamento, senza costrizioni o vincoli esterni. Da qualche tempo, però, sembra che un’altra entità si sia sostituita alla sovranità popolare: la tirannia dei cosiddetti “mercati”. Nei confronti dell’Italia, l’arma utilizzata da questi fantomatici mercati è in particolare lo spread. Tutti ricorderanno, infatti, che nel 2011 fu proprio lo spread l’elemento decisivo che causò la caduta del Berlusconi IV. Via un esecutivo eletto dal popolo ed eccoti un bel “governo tecnico” con Mario Monti e la sua banda di liquidatori.
Non molto diversa è la situazione attuale. Sbuca fuori l’eventualità di un ritorno alle urne in estate? Ed ecco che lo spread schizza alle stelle. Il differenziale tra Btp e Bund tedeschi, infatti, è risalito sopra quota 130 punti e il tasso del decennale italiano avanza all’1,83%: non accadeva dallo scorso marzo. Qualora lo spread continuasse a salire, quindi, potremmo ritrovarci nelle condizioni del 2011, con il presidente della Repubblica (allora Napolitano, oggi Mattarella) che scavalca il parlamento e impone un suo uomo al timone dello Stato. Un “tecnico” che, con tutta probabilità, sarà una “figura di garanzia” per gli “alleati” europei e per i mercati finanziari internazionali.
Lo spread è un indice utilizzato come parametro di riferimento per poter determinare la stabilità economica di un Paese nel contesto internazionale. In ambito economico, infatti, il termine indica la differenza esistente fra due valori. Dal 2011 si riferisce in particolare al differenziale esistente fra il rendimento dei titoli di Stato decennali italiani (Btp) e quelli tedeschi (Bund). Il termine di paragone sono i Bund poiché quella tedesca è notoriamente l’economia europea più stabile. Il rendimento di uno Stato, quindi, viene essenzialmente percepito come la misura della sua stabilità: un rendimento basso vuol dire che un Paese è in grado di ripagare facilmente i suoi debiti, laddove un rendimento elevato equivale a una situazione di incertezza. In caso di incertezza e instabilità, pertanto, gli investitori richiedono incentivi per il rischio che si assumono (in sostanza tassi di rendimento più alti, con conseguente esborso maggiore da parte dello Stato che emette i titoli). E indovinate chi è che stabilisce l’entità dello spread? Ma naturalmente i mercati. Con buona pace di parlamenti, democrazie e sovranità popolari.
Giovanni Coppola

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2 comments

Gianfranco Mergoni 9 Maggio 2018 - 8:16

“SPREAD”… Una parola che non si era mai sentita prima. Prima del famigerato governo Monti e della sua banda di regolatori. Mi ricorda tanto il latino di don Abbondio ed i suoi ” impedimenti dirimenti”: Conditio, cognatio, crimen, cultus disparitas, etc. etc.

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paolo 12 Maggio 2018 - 3:28

la soluzione è semplice:
basta far rientrare il debito in italia,ed esso è automaticamente sottratto alle fauci della finanza internazionale.
molti non lo sanno,ma sta già rientrando….perchè le banche italiane stanno ricomprando i titoli a scadenza,favorendo la stabilità del sistema:
quando tutto il nostro debito sarà rientrato in italia,
il problema spread cesserà di esistere,
perchè nè le nostre banche nè lo stato avranno interesse ad agitare le acque.
una buona mano potrebbero darla anche i privati,comunque:
se non erro,in italia abbiamo quasi 4000 miliardi di euro nei conti correnti….quasi il doppio del debito pubblico:
basterebbe che circa un terzo di quelle somme venissero investite in bot e cct (oltre a quelli acquistati dal nostro sistema bancario)
e magicamente tutto il nostro debito rientra in patria in un amen:
dopodichè possiamo fare un aereoplanino con il trattato del fiscal compact e ricominciare a trattare con europa e altri su un piano di parità,perchè la stabilità interna è garantita…
dopotutto il giappone ha un debito pubblico ben più alto del nostro,
ma siccome è quasi tutto in mano a banche e privati giapponesi,
è una delle economie più forti e tranquille del pianeta.

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