Per capire di cosa stiamo parlando è necessario ricondurre l’analisi agli effetti. Prendiamo in esame tre momenti cruciali nel trascorso recente del nostro Paese: la caduta del Fascismo, la fine della Prima Repubblica, e il momento che stiamo vivendo in questi ultimi anni, ovvero l’epilogo dell’era Berlusconiana. Qual’è il legame tra questi tre eventi? Innanzitutto che rappresentano la fine delle tre ere che compongono la nostra storia più prossima. In secondo luogo, i principali attori sono sempre gli stessi: il Capo dello Stato ed il Capo del governo. Poi la dinamica. Quella di un capo di Stato che scioglie un governo politico in favore di un governo “tecnico”. E ancora la motivazione: in tutti e tre i casi l’Italia si trova sotto attacco (militare nel primo caso, finanziario nel secondo e nel terzo) ed il Napolitano di turno (Vittorio Emanuele prima, Oscar Luigi Scalfaro nella seconda) vuole arrendersi e consegnare il paese al nemico. Infine il metodo: in tutti e tre i casi il “cambio” (per citare un libro di Vespa sull’argomento) avviene in maniera a dir poco tragica: la prima volta ci rimettiamo tutto l’esercito, l’indipenenza e una guerra civile di due anni. La seconda ci costa la svendita del patrimonio nazionale e una crisi economica di dieci. La terza ci sta costando il doppio della seconda. Di questo passo non voglio immaginarmi quanto ci farà male la quarta.
C’è quindi un grosso squlibrio nel nostro paese tra potere politico e responsabilità politica, un bipolarismo nel quale l’secutivo detiene il minimo potere e la massima responsabilità, mentre il capo dello Stato decide chi, come e quando deve governare, ma non si assume alcuna responsabilità nei confronti degli Italiani. Una prova tangibile di questo? In un secolo e mezzo di storia unitaria si sono susseguiti centoventiquattro governi, praticamente uno all’anno se si considera che quello di Mussolini ne durò venti. Soltanto due di questi sono riusciti ad arrivare in fondo alla legislatura. Se guardiamo invece ai Presidenti della Repubblica, notiamo come tutti tranne uno (Cossiga che si dimise da solo) abbiano portato a termine il loro mandato. Considerando che per statistica ogni presidente ha avuto la possibilità di nominare tra i cinque e i sei governi nel corso del suo mandato, è evidente come il Capo dello Stato non sia minimamente responsabile delle azioni compiute dai governi che egli stesso nomina.
Francesco Benedetti