Roma, 5 gen – Quello italiano, si sa, è un popolo che ama dividersi. Che si parli di sesso degli angeli oppure di argomentazioni decisamente più rilevanti (come magari la questione del ponte sullo Stretto) i nostri connazionali hanno questa particolare tendenza alla polarizzazione. Quando poi si parla di pallone i sessanta-milioni-di-commissari-tecnici riescono a dare il meglio di loro stessi. Così, nei bar come nei salotti televisivi, si discute spesso e volentieri di chi abbia più peso specifico nell’economia di una stagione: i calciatori o gli allenatori? In tal senso abbiamo preso un paio di appunti dalla Supercoppa. Ma andiamo con ordine.
Percentuali e scuole di pensiero
Sollecitato sulla questione, una decina di mesi fa l’opinionista Andrea Ranocchia (sul finire di carriera uomo spogliatoio dell’Inter) si è sbilanciato. Andando a stimare la rilevanza della guida tecnica in una percentuale dell’80%. Opinione contrastante rispetto a tante altre voci del pallone italiano: Aldo Agroppi – recentemente scomparso – sosteneva, ad esempio, che chi siede sulla panchina possa incidere non più del 20%. “A meno che non faccia danni come me” aggiungeva autoironicamente il toscano.
Al di là delle percentuali: se parte dell’opinione pubblica è costantemente alla ricerca di nuovi guru della lavagnetta tattica, l’opposta fazione – numericamente minore, va detto – sostiene che ormai, dopo un secolo abbondante di pallone non ci sia più nulla da inventare.
Atalanta, Inter e Juventus: appunti di Supercoppa
Ora, sebbene le partite secche possano darci solo suggerimenti (seppur indicativi) e non risposte esaustive, abbiamo preso in merito appunti interessanti dalla Supercoppa italiana che si sta giocando in quel di Riad. Escludendo dalla breve analisi il Milan di Sergio Conceiçao (in carica da troppi pochi giorni).
Partiamo dall’Inter, tornata competitiva da un lustro a questa parte sotto la gestione Conte. Il merito di Simone Inzaghi è stato quello di (prima) non depauperare il lavoro del predecessore e (poi, dopo qualche passaggio a vuoto) aver costruito un blocco di 17/18 giocatori che spesso e volentieri sembrano viaggiare con il pilota automatico. Come giovedì sera. Questione di qualità tecniche e doti atletiche, caratteristiche che non mancano ai calciatori dell’Atalanta. A proposito, il “fenomeno” Gasperini ha riempito pagine di letteratura sportiva.
La differenza in semifinale l’ha fatta proprio l’atteggiamento trasmesso dai due allenatori ai propri uomini. I campioni d’Italia hanno azzannato la gara con l’ottica di mettere un’altra coppa in bacheca, gli orobici – al netto degli interpreti – non hanno avuto il solito smalto. Non è un caso che al novantesimo il piacentino fosse già proiettato alla finale e Gasp abbia al contrario parlato di “test”. In maniera un po’ presuntuosa, ad avviso di chi scrive: con tutto il rispetto, la sala trofei della Dea non è proprio come quella della Juventus.
Questione di particolari
Eccoci quindi alla Vecchia Signora. Anche su Allegri c’è stata una spaccatura interna alla tifoseria bianconera. Sta di fatto che le rodate coordinate “difensive” trasmesse dal mister sei volte campione d’Italia hanno tenuto anche per i primi mesi di questa stagione. La diatriba si è riaperta in queste settimane su Thiago Motta: ha ampi margini di crescita ma quel “vincere non è un’ossessione” stona e non poco nel contesto della società che della vittoria ne ha fatto (giustamente) un mantra.
In Supercoppa nella seconda semifinale dopo un buonissimo primo tempo avrebbe potuto gestire meglio i cambi, è vero. Ma un Diavolo che attendeva solo di ricevere il colpo del ko è stato rimesso in gioco dell’errore individuale di Locatelli (rigore concesso a difesa schierata con l’uomo girato di spalle nello spigolo dell’area di rigore) e, sul raddoppio rossonero, dalla lettura sbagliata – ma sfortunata, va detto – del portiere Di Gregorio.
In campo insomma ci vanno i calciatori. E sì, gli allenatori – alla lunga – incidono in maniera decisamente minore. Ma sono quei dettagli che alla fine fanno la differenza. Tra un trofeo e un piazzamento, tra una salvezza e una retrocessione.
Marco Battistini