“Ci hanno messo su dei bus dove faceva un caldo soffocante”, spiega Diego, un altro tifoso, “ci hanno trattato come animali“. Alcuni tifosi del Lione, circa una cinquantina, si sono rifiutati di spogliarsi davanti alla polizia e per questo sono potuti accedere allo stadio solo alla metà del primo tempo. Molti tifosi, anche su Twitter non hanno esitato a definire quanto accaduto all’Olimpico “una vergogna”, affermando chiaramente di essersi sentiti “provocati” dalla polizia italiana. “Per uscire dallo stadio ci abbiamo messo più di un’ora e mezza, la polizia sembrava un plotone di esecuzione”.
Se in Italia e in particolare a Roma siamo ormai abituati alle misure che hanno trasformato lo stadio Olimpico in un bunker, all’estero suscitano ancora sorpresa e indignazione. Tra tornelli, perquisizioni a dir poco invasive, multe e diffide per chi non rispetta rigorosamente il posto, documenti per comprare un biglietto che manco per un viaggio intercontinentale, parcheggi lontani chilometri e barriere che dividono la curva, uno degli stadi più calorosi d’Italia si è trasformato (giustamente) in un deserto. Solo pochi giorni fa ad un ragazzino è stata sequestrata dalla polizia una sciarpa della Roma con la scritta “che Dio ve furmini”, una sciarpetta storica in voga almeno dagli anni ’80. Le proteste e la rabbia dei tifosi del Lione è più che comprensibili, così come lo sono quelle dei tifosi della Curva Sud che da più di un anno rinunciano ad entrare allo stadio.
Davide Romano
2 comments
Una vergogna, un sopruso, in uno stato democratico è impensabile che accadano determinate cose.
Ed il silenzio che c’è intorno a quello che accade allo stadio Olimpico da più di due anni è imbarazzante.
Non faccio fatica a credere ai loro racconti. I reparti mobili di Roma hanno dei metodi arcinoti