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Nazionale, Gennaro Gattuso è il nuovo commissario tecnico. Salvate il soldato Ringhio!

by Marco Battistini
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Roma, 17 giu – La notizia ha iniziato a circolare con insistenza già dall’inizio della scorsa settimana, mentre l’ufficialità è arrivata solamente nel pomeriggio di domenica: Gennaro Gattuso è il nuovo commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio. Succede, come ben sappiamo, a Luciano Spalletti: per il toscano fatale, con il peso arretrato di un Europeo a dir poco fallimentare, la vuota interpretazione della prima gara del girone di qualificazione mondiale.

I quattromila giorni della Nazionale

Una Norvegia che fa rima con Svizzera, Macedonia del Nord e Svezia. L’ennesima sconfitta – a mente fredda – ci mette davanti alla calcolatrice, quindi al ritorno dell’ormai solito incubo: undici anni dall’ultima apparizione mondiale, diciannove da una gara a eliminazione diretta. In giorni la distanza temporale fa pure più effetto, ne sono passati oltre quattromila da quell’Italia-Uruguay che sancì l’addio prematuro a Brasile 2014 – evitiamo il conteggio dalla finale di Berlino per non farci ulteriormente del male.

Così dopo aver incassato il gentile rifiuto di Claudio Ranieri – dimostratosi ancora una volta grande signore per aver tenuto fede alla parola data a se stesso (“non allenerò mai più”) quindi per poter onorare al meglio l’impegno già preso con la proprietà della Roma – la Federcalcio ha virato, pare senza indecisione alcuna, sul profilo dello storico numero otto del Milan, campione del mondo nel 2006.

Gennaro Gattuso, una scelta nazionalpopolare

Già nella serata di sabato Gianluigi Buffon – capo delegazione azzurro – si era sbilanciato sulla “migliore scelta possibile” fatta dalla Nazionale. Il presidente Gravina ha poi rilanciato nel giorno dell’annuncio: “per lui l’azzurro è come una seconda pelle”.

Per chi non lo sarebbe, ci domandiamo. Il sospetto, in uno dei periodi più bui per l’Italia calcistica, è che la scelta fatta sia stata più nazionalpopolare che altro. Una decisione politica, se così vogliamo chiamarla. Ma non per questo sbagliata in senso assoluto.

Fin da quando andava a caccia di trequartisti avversari nel mezzo del campo, Gennaro Gattuso è stato – al contrario di quanto espresso da Ignazio La Russaun simbolo trasversale, al di là del tifo di appartenenza. Le umili origini si intrecciano con il romanticismo di una famiglia numerosa, il mare e i pescatori con la passione per il pallone.

Un buon cittì? Non necessariamente un grande allenatore

Una storia schiettamente italiana, piedi ruvidi e volontà di oltrepassare ogni ostacolo. Condita poi, nella sua non esaltante esperienza da allenatore (tra esoneri e dimissioni in una dozzina di stagione una promozione dalla Lega Pro e una Coppa Italia vinta ai rigori) da diversi episodi da libro cuore: l’assegno staccato di tasca propria ai suoi giocatori ai tempi dell’Ofi Creta, le difficoltà di Pisa, la rinuncia dello stipendio milanista a patto che i suoi collaboratori ricevessero fino all’ultimo centesimo, l’aiuto concreto ai dipendenti del Napoli durante la prima ondata di Covid.

Se l’uomo e il suo senso di appartenenza alla causa non si possono discutere, qualche dubbio sul Gattuso allenatore dev’esserci però concesso. Ma come già scritto nel commentare Italia-Moldova la gestione di una nazionale (per nostra fortuna) ha coordinate totalmente diverse rispetto a una normale squadra di club. 

Gennaro Gattuso e un progetto a brevissima scadenza

Gattuso ha tanto da perderci: un fallimento con la Nazionale farà dimenticare al grande pubblico – dalla memoria cortissima – quanto costruito umanamente da Ringhio in passato. Nelle sue mani una patata bollente, un movimento in piena crisi culturale prima che di risultati, incapace anche di poter strutturare anche solo una bozza di progetto a lungo termine (leggere alla voce del contratto annuale).

Cinquanta e cinquanta. O capro espiatorio – se dovesse andare male sappiamo già che per i media non ci avrà capito nulla – o eroe nazionale. Nel punto più basso della storia azzurra per ingraziarsi gli dèi del pallone italico basterà non perdersi in prandellate di turno. Salvare il soldato Ringhio per risollevare l’Italia calcistica. Questa volta la sua proverbiale grinta, da sola, potrebbe essere insufficiente.

Marco Battistini

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