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Amnesty International contro l’Azerbaigian: caos in una conferenza a Roma

by La Redazione
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IMG_3085Roma, 29 feb – “Noi facciamo parlare tutti, anche chi la pensa in maniera diversa da noi, ma non garantiremo un contraddittorio fin quando non ci sarà reciprocità da parte del vostro paese”. Con queste parole, e rivolgendosi ad alcuni rappresentanti dell’Ambasciata dell’Azerbaigian di Roma, il Presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana –Giuseppe Giulietti – ha chiuso il turbolento convegno organizzato venerdì scorso a Roma nella sede del FNSI per presentare il rapporto di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani in Azerbaigian.

Il solito atteggiamento “talebano” di chi fa parlare tutti, o meglio, tutti quelli che la pensano come lui, escludendo gli altri. Curioso che in un convegno in cui si denunciano violazioni dei diritti umani il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, apra il suo intervento annunciando l’impossibilità di fare domande alla fine degli interventi dei relatori perché “questo non è un dibattito ma una relazione informativa sullo stato dei diritti umani in Azerbaigian”, come a dire che la verità è una, inconfutabile e a chiunque possa porre magari un semplice dubbio non è concessa udienza.

La tensione era salita poco prima dell’inizio delle relazioni quando alcuni ragazzi azerbaigiani erano entrati in sala (l’ingresso –almeno quello- era libero)  per distribuire volantini informativi sul Genocidio di Khojaly, di cui proprio il 25 Febbraio cadeva il ventiquattresimo anniversario. Si tratta di una strage avvenuta nella regione del Nagorno Karabakh, territorio conteso con l’Armenia ed occupato militarmente dalle truppe armene. “In quella data le forze militari dell’Armenia attaccarono la città di Khojaly, nella regione Nagorno Karabakh dell’Azerbaigian. La popolazione cercò di fuggire, senza riuscirci. Khojaly venne saccheggiata e poi rasa al suolo. Il resoconto delle  vittime del massacro è di 613 persone, tra cui 106 donne, 83 bambini e 70 anziani; 56 persone  vennero uccise con particolare crudeltà. Otto famiglie totalmente sterminate. 25 bambini persero entrambi i genitori e 130 bambini un genitore. Come conseguenza di questa tragedia,  487 persone furono rese invalide. 1.275 civili, incluse donne e bambini, vennero catturati e subirono violenze, umiliazioni, gravi  ferite fisiche, durante la loro prigionia. Tra questi, 150 prigionieri sparirono senza lasciare traccia”. Questo è quanto si legge da una nota dell’Ambasciata dell’Azerbaigian che insinua il sospetto di una non casualità della scelta della data del 25 febbraio per il convegno in questione: “se l’intenzione dell’incontro fosse stata realmente l’analisi della situazione dei diritti umani in Azerbaigian, lo  avremmo apprezzato, ma osservando la biografia dei relatori e la concomitanza di questo e di altri incontri di questi giorni con il 24esimo anniversario del Genocidio di Khojaly emergono dei dubbi”.

Il convegno è andato avanti con gli interventi di giornalisti, di portavoce di associazioni che contestano la costruzione del TAP ovvero il gasdotto che passerebbe proprio dalla regione caucasica arrivando fino in Puglia e con la testimonianza di Dinara Yunus figlia di due dei più famosi dissidenti del paese. La sostanza di tutte le relazioni era la stessa ovvero la denuncia della repressione dei dissidenti, la mancanza di libertà di informazione e le violenze commesse dalle autorità di governo nei confronti degli avversari politici. Il tutto, chiaramente, senza obiezioni, senza confronto. Al termine della conferenza un rappresentante dell’Ambasciata dell’Azerbaigian ha chiesto la parola proprio per denunciare l’atteggiamento ostile dei relatori nei suoi confronti e sottolineando l’incoerenza di chi si riempie la bocca di “diritti umani” negando in prima battuta quello del confronto; ha inoltre sottolineato che l’evento era stato pubblicizzato in anteprima sul sito della comunità armena d’Italia e che tutti gli intervenuti avevano posizioni partigiane non suffragate da una vera opera d’inchiesta nel paese caucasico. E’ uscito accompagnato dalla polizia che al di fuori dell’edificio ha identificato i ragazzi azerbaigiani che avevano distribuito i volantini per commemorare la Strage di Khojaly ed anche alcuni rappresentanti dell’Ambasciata…alla faccia dei diritti umani.

 

Aurelio Pagani

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9 comments

Marco 29 Febbraio 2016 - 6:53

Il senso dell’articolo non è molto chiaro. Solo alla fine del testo sono riuscito a capire che la polemica per la mancanza del dibattito è scaturita (forse) perche i giovani dell’Arzebaigian vogliono che si dimostri “carte in mano” le effettive violazioni dei diritti umani avvenute nel loro paese. Non capisco cosa centri tutto questo col genocidio di Khojaly. Può darsi che Amnesty International si sia rifiutata di riconoscere oppure denunciare il genocidio? Bho… Illuminatemi.

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Maryam 11 Marzo 2016 - 6:10

Caro Marco, il genocidio di Khojaly c’entra perche e’ avvenuto lo stesso giorno della conferenza e i ragazzi azerbaigiani hanno pensato che era giusto dedicarci spazio visto che il tema principale era i diritti umani e alle vittime di Khojaly e’ stato negato il diritto piu sacro che e’ quello di vivere. Cmq il conflitto non e’ successo per quello, ma perche al segretario dell’ambasciata non e’ stato permesso parlare. Sono in Italia da 6 anni e non ho mai visto una cosa del genere.

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Khosrow Sabahì 1 Marzo 2016 - 10:57

quelli che l’articolo definisce come “giovani azeri” sono in realtà dei nerboruti guardaspalle dell’ambasciata che intervengono
regolarmente con minacce ed intimidazioni ad ogni convegno che
denuncia le malefatte del governo ALIYEV.
Questo atteggiamento intimidatorio organizzato e pianificato , che non è altro che una replica di ciò che accade in azerbaikan, avviene non solo a roma ma anche in altre città italiane, ovunque si parli delle malefatte azere.Di questo le autorità italiane ne sono ampiamente informate ma purtroppo l’atteggiamento servile di chi ci comanda (pecunia azera no olent) permette un’arroganza che in un paese civile è impensabile.
E su tutto questo la stampa non dedica un rigo.
Abbiamo in fondo cio che ci meritiamo.

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Miniato minas 2 Marzo 2016 - 8:43

alcuni anni fa, fui testimone di una analoga chiassata a cura di alcuni disturbatori azerbakani. Si presentava un libro che ricordava l atroce e barbaro massacro degli armeni bruciati nella Chiesa di Sumgait. per le strade a centinaia.
tale evento e stato disturbato sono all arrivo della digos che ha allontanato
questi violenti

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Pesevenk Sadikof 3 Marzo 2016 - 2:45

Nehriban Aliev è la nostra ambasciatrice della cultura e della bellezza azera in occidente. Il prof sgarbi l’ha definita una copia della dea callipigia per la sua somiglianza glutica mentre il presidente Berlusconi l’ ha invitata a Villa Certosa a maggio. Il cardinale ravasi a cui il Presidente Aliev ha conferito la medaglia di amico della panturania è
ospitato regolarmente negli appartamenti regali di Bacù.
Ieri la sig.ra Mehriban, di passaggio in Italia, mi ha incaricato di trasmettere il calore del suo affetto ai figli di questa fortinata nazione

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Nihad 9 Marzo 2016 - 6:54

Non si sa perche Amnesty International difende i diritti che conviene a loro…. Ma nessuno si interessa dei vittimi di quel genocidio…
Mispiace dire ma AMnesty International non e un organizzazione onesta e limpida.
Sappiamo come funziona

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Gusieppe 11 Marzo 2016 - 5:18

Sono stato anche in questo evento. Purtroppo devo dire che, il Presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana -Giuseppe Giulietti non ha rispettato ai diplomatici dell’ambasciata Azerbaijan e rappresentanti. Lui non ha permesso di parlare con i diplomatici dell’Azerbaigian. Per il mio parere non ha senso se Giuseppe parla di diritti umani circa l’Azerbaigian. Innanzitutto si deve imparare a rispettare le persone.
Al contrario Dinara Yunus ha parlato circa la loro condizione genitori. Anche hanno organizzato questo evento il 26 del mese di febbraio. 24 anni fa i soldati armeni uccisi persone civili in Khojaly. Nella notte del 25 febbraio 1992 la città viene invasa e circondata dalle forze di occupazione armene. Dalla notte fino alle prime ore del mattino del 26 febbraio le forze armene alleate con il 336° reggimento ex sovietico (situato in Karabakh, nella parte controllata dagli armeni e corrotto dai separatisti locali) hanno circondato la città già isolata dalle regioni confinanti a causa della pulizia etnica della popolazione azerbaigiana. Le forze congiunte hanno occupato la città e l’hanno rasa al suolo con un intenso bombardamento di artiglieria pesante. In condizioni estreme, i sopravvisuti all’assedio si sono dati alla fuga nel buio della notte, ma sono stati bloccati a metà del loro percorso da un agguato delle forze armene. Migliaia di civili in fuga sono caduti in svariate imboscate e sono stati colpiti da una pioggia di proiettili mentre stavano cercando di trovare rifugio nelle foreste vicine o nei territori montagnosi. Le azioni repressive da parte delle forze di occupazione armene erano implacabili. Dopo aver eliminato una manciata di poliziotti che stavano accompagnando i profughi, le forze armene hanno raggiunto la popolazione indifesa, hanno massacrato donne, bambini e anziani, mutilando i corpi e tagliando agli uccisi le teste, come trofeo della guerra del Nagorno Karabakh.
In poche ore, dalla notte del 25 febbraio alla mattina del 26 febbraio, sono state massacrate 613 civili tra cui 106 donne e 83 bambini. Con una scandalosa crudeltà 8 famiglie sono state completamente sterminate, 25 bambini hanno perso entrambi i genitori, mentre 130 bambini hanno perso un solo genitore, 1275 residenti pacifici sono stati presi in ostaggio. Questo massacro è stata la punizione piu crudele per i cittadini nel corso dei tre anni di fase militare del conflitto.
Chi è responsabile?
L’operazione è stata progettata ed intrapresa dalle forze di occupazione armene nella regione del Nagorno Karabakh, che loro chiamavano Repubblica di Nagorno Karabakh. Sono stati coinvolti anche i membri di Asala, la famigerata organizzazione terroristica armena responsabile degli attacchi terroristici negli Usa, in Europa e nel Medio Oriente. Tra gli organizzatori figurava anche il nome di Seyran Oghanyan, il capo del 366° regimento ex- sovietico, l’attuale Ministro della Difesa dell’Armenia. Serzh Sarkisian, uno dei sostenitori della guerra del Nagorno Karabakh, ora diventato il presidente della Repubblica dell’Armenia, rivela il suo ruolo nel massacro in un intervista ad un giornalista britannico con questa bravata: “Prima degli avvenimenti di Khojaly gli azerbaigiani pensavano che potessero prenderci in giro, erano sicuri che gli armeni erano un popolo che non avrebbe mai osato alzare la mano contro i civili. Ma noi siamo stati in grado di rompere questo stereotipo”. (Thomas de Waal, “Black Garden: Armenia and Azerbaijan through peace and war”, NY University Press, 2003, pp. 169-172). Tutti i responsabili del massacro di Khojaly sono liberi e non sono stati penalizzati per aver commesso un crimine contro l’umanità

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Diego di Santovito 17 Marzo 2016 - 3:01

ci sono delle regole elementari per intervenire ad un dibattico e pretendere di parlare “alla cazzo” di qualsiasi argomento non avviene nemmeno nella più squallida delle assemblea di condominio, ma forse questo in azerbaikan non lo sanno.
Per il resto non mi rimane che osservare ancora una volta che
PECUNIA AZERA NON OLET anche se lo svilito manat vale sempre meno dal pizzicagnolo romano

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