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La presunta napoletanità dei contestatori di Salvini e i cortocircuiti dell’estrema sinistra

by La Redazione
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napoli centri sociali salviniNapoli, 14 mar – Caro Salvini, Napoli non ti vuole. Roma non ti vuole. Milano neanche ti vuole. Nessuna città ti vuole, proprio nessuna nessuna. Questa è la fantasia in cui vivono i centri sociali: a voler zittire i nemici politici non sono i gruppi politici, ma le intere città. Naturalmente, questo pensiero viene puntualmente contraddetto dalle nutrite folle sotto ai palchi di Salvini. Vorrebbero i centri sociali farci credere che i napoletani sotto al palco di Salvini fossero in qualche modo meno napoletani? A Napoli i manifestanti si sono travestiti da pulcinella per darsi un’aria di identità locale, ma è tutto marketing: già da anni la sinistra si improvvisa portatrice di velleità identitarie, si prendano la Catalogna o la Scozia. O più in generale le varie istanze di “valorizzare il territorio” (cioè tradurre le identità locali in spettacolo e divertimento).

Quello che la sinistra non comprende – o più probabilmente finge di non comprendere – è un principio fondamentale della geografia umana: i luoghi, tutti i luoghi, siano essi città o regioni, presuppongono l’esistenza di confini. Se scendi in piazza con “no borders” da una parte e “Napoli non vuole la Lega” dall’altra, c’è un’evidente contraddizione logica. Se non vuoi i confini, non vuoi che Napoli abbia dei confini; se non vuoi che Napoli abbia dei confini, non vuoi che Napoli esista; se non vuoi che Napoli esista, non ha senso che ti arroghi il diritto di decidere cosa Napoli voglia o non voglia. È così semplice. Per ora, la sinistra non è ancora riuscita a risolvere questa contraddizione, né ha in realtà intenzione di risolverla mai: i centri sociali, così come il loro padrino De Magistris, sono gli eredi politici di quelli che nel ’68 cantilenavano “La mia patria è il mondo intero“, che oggi sloganeggiano “No Walls, No Borders“. Essi sono rappresentazione politica di migranti e apolidi, dell’alta finanza internazionale, dei mactostati imperialisti e dirittumanisti, del carattere archetipico dello studente millennial semicolto e cosmopolita. Rappresentano, politicamente ed antropologicamente, qualcosa di apolide e finanche antipolide. Nulla di “napoletano”, in alcun modo.

Si potrebbe obiettare che anche le destre populiste sono internazionali, ed è vero: un elettore di Trump ha sicuramente molto più da spartire con un elettore di Salvini che con un elettore di Clinton. Ma internazionalismo ed antinazionalismo sono due principi diversi: se la destra opera in modo internazionale, la sinistra mira all’abbattimento della Nazione e del Luogo; per questo la sinistra ha perso la patente di identitarismo.

Allora perché i centri sociali e i partiti di sinistra continuano con questa sceneggiata pseudo-identitaria invece che rispolverare il vecchio internazionalismo comunista? Semplice: perché questi gruppi sono costituiti per lo più da persone viscide, narcisiste e fedifraghe che si sentono autorizzate ad ogni disonestà intellettuale. Vuoi per raccattare i consensi dei moderati, vuoi per far valere anche entro i confini di nazioni europee le narrazioni terzomondiste (si prendano i meridionalisti di sinistra che oppongono il Sud “oppresso” al Nord “oppressore”), vuoi perché nel loro narcisismo di millennials privilegiati universitari sono genuinamente convinti che tutta la loro città sia dalla loro parte. E’ tutta una maschera, una maschera che prima o poi cadrà: in Inghilterra e negli Usa la differenza antropologica tra i sostenitori della Patria e quelli della postmodernità apolide si è fatta netta lo scorso anno, si farà ancora più netta in tutto il mondo occidentale

Edoardo Pasolini

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1 commento

Roberto 14 Marzo 2017 - 10:16

Di solito la maschera cade quando finita l’università il papi minaccia di tagliargli i fondi se non si danno una ripulita.
Esclusi i capi che col cemtro sociale, un locale dato in uso dal comune dove non si pagano tasse e nulla è a norma, ci guadagnano.

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