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Trump frena Israele: “Stop all’annessione della Cisgiordania”

by Sergio Filacchioni
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Cisgiordania Trump

Roma, 26 sett – A margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Donald Trump ha scelto di tornare al centro del gioco mediorientale. Con una dichiarazione che ha colto di sorpresa tanto Tel Aviv quanto le cancellerie europee, il presidente statunitense ha affermato: «Non permetterò a Israele di annettere la Cisgiordania. Basta, è tempo di fermarsi».

La Cisgiordania e la questione delle colonie

Il messaggio è stato lanciato dopo un incontro con i principali leader arabi – tra cui i rappresentanti di Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Emirati, Qatar e Turchia – e a poche ore dal colloquio con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, arrivato a New York per il suo discorso alle Nazioni Unite. Trump ha così gelato il sionismo israeliano, che da mesi spinge per l’annessione formale dei territori occupati nel 1967, sostenendo che l’ipotesi di uno Stato palestinese è ormai “cancellata dal tavolo”. Sul terreno, la realtà dice altro. Oltre 700.000 coloni israeliani vivono oggi tra Cisgiordania e Gerusalemme Est, con infrastrutture che fratturano ulteriormente i territori palestinesi. In agosto il governo Netanyahu ha dato il via libera definitivo al controverso piano E1, destinato a collegare gli insediamenti a est di Gerusalemme e di fatto a spezzare in due la Cisgiordania, rendendo impossibile la continuità territoriale di un futuro Stato palestinese. La mossa ha scatenato le proteste di Riyadh e Amman e riacceso le pressioni internazionali: Francia, Regno Unito, Canada, Australia e Portogallo hanno riconosciuto in questi giorni la Palestina come Stato, un gesto simbolico per salvare la formula dei “due Stati”.

Il conflitto di Gaza come fattore determinante

Trump ha annunciato anche un “piano di pace in 21 punti” per porre fine a quasi due anni di guerra a Gaza, che secondo le autorità locali ha già causato oltre 65.000 vittime palestinesi e portato a una crisi umanitaria con aree in carestia conclamata. L’ex presidente ha affermato che un’intesa per il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco “potrebbe essere vicina”. Intanto le operazioni militari israeliane continuano: giovedì i raid su Gaza hanno ucciso almeno 19 persone e le truppe di Tsahal sono avanzate nel centro della città. Sul fronte umanitario Italia e Spagna hanno inviato navi da guerra per proteggere la Global Sumud Flotilla, una flottiglia di 50 barche civili che tenterà di rompere il blocco navale imposto da Israele per portare aiuti alla Striscia. Il “no” di Trump all’annessione non è un gesto di filopalestinese idealismo, ma un calcolo geopolitico: impedire a Israele di compromettere in via definitiva i rapporti con il mondo arabo, mentre gli Stati Uniti tentano di comporre il mosaico regionale per contenere l’asse iraniano e stabilizzare i mercati energetici.

Per Smotrich non ci sarà nessuna retromarcia

Questa presa di posizione rompe con la narrativa che aveva accompagnato il primo mandato di Trump, quando la Casa Bianca aveva riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele e sostenuto gli Accordi di Abramo. Il leader repubblicano ora mostra di voler recuperare margine di manovra, anche per sottrarsi all’accusa di essere un “alleato cieco” di Netanyahu. La partita è tutt’altro che chiusa: a Tel Aviv il ministro delle Finanze Smotrich ha già reagito dichiarando che lo Stato palestinese è “cancellato” e che non ci sarà alcuna retromarcia sul progetto E1. La tensione con Washington rischia dunque di crescere.

Sergio Filacchioni

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