Roma, 25 ott – Se una cosa sappiamo fare particolarmente bene in Italia è quella di portare allo status divino i personaggi famosi (in particolar modo gli sportivi) e poi, alla prima difficoltà, gettarli nella polvere. Del resto Enzo Ferrari tempo fa disse che “gli italiani perdonano tutto. Tranne il successo”. Ultimo in ordine di questa lunga lista è il tennista alto atesino Jannik Sinner.
Le polemiche
Sinner, campione in carica di Wimbledon nonché principale artefice del nuovo boom tennistico nel nostro paese, ha lunedì annunciato che non avrebbe fatto parte della squadra italiana che a Bologna, dal 18 al 23 novembre, difenderà la Coppa Davis, conquistata nelle scorse due edizioni proprio grazie a Jannik, e questo per poter preparare al meglio a gennaio la difesa del primo Slam stagionale, vale a dire l’Australian Open. Apriti cielo! In Italia si è scatenata una sorta di appello alla lesa maestà del sacro vincolo patriottico, sollevata soprattutto da chi di patriottico solitamente non possiede proprio nulla.
Gli ex tennisti Nicola Pietrangeli (che da anziano rancoroso potrebbe passare meglio il suo tempo restante) e Adriano Panatta si sono espressi dicendo che alla maglia azzurra non si rinuncia; l’inutile organo del Codacons addirittura chiede la revoca di tutte le onorificenza conferite al tennista. Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera ci spiega che a Sinner non importa nulla dell’Italia e Bruno Vespa sfocia nel trash, affermando che non dovremmo tifare per Jannik, in quanto parla tedesco e vive a Montecarlo, preferendogli il rivale Alvarez! Che, ovviamente, non esiste, in quanto si voleva riferire allo spagnolo Carlos Alcaraz.
Un calendario compresso
Ma il punto è che il tennis è uno sport prettamente individuale. E che, se mai, lustro all’Italia lo si dà soprattutto vincendo i tornei del Grande Slam. Chi mastica un po’ di tennis sa bene che la Davis ormai non ha più l’importanza di un tempo. In più occasioni, tutti i tennisti più forti vi hanno rinunciato, compreso Novak Djokovic, del quale tutto si può dire tranne di non avere a cuore la Serbia. Non stiamo parlando del Mondiale di calcio o della Ryder Cup di golf: la Coppa Davis si disputa tutti gli anni ed è ormai quasi un fastidio che si prova ad infilare nel già compresso calendario stagionale.
Poi, permetteteci la battuta: il consigliere delegato ai Grandi Eventi sportivi di Bologna è la sardina Mattia Santori (a proposito, lo ha poi realizzato lo stadio del frisbee?), che si è detto dispiaciuto. Possiamo forse biasimare Sinner di non volerlo vedere?
La scelta di Sinner
La realtà è che Jannik Sinner non ha mai voluto essere il tipico italiano usato per scopi che non fossero quelli di giocare a tennis, quando possibile vincere e, perché no, curare il suo legittimo interesse, anche economico. Ecco così il suo rifiuto ad Amadeus di presenziare al Festival di Sanremo ed il no a Mattarella al Quirinale dello scorso gennaio. Perché, chiamatelo scemo, aveva preferito andare in vacanza con la sua splendida fidanzata.
Sinner non intende compiacere gratuitamente nessuno e può anche non risultare simpatico per questo. Ma non è un comico che ci deve intrattenere con le sue battute (peraltro molto spesso i comici poi nella vita di tutti i giorni sono persone boriose assolutamente insopportabili). Sinner è un mercenario, ma nel senso migliore del termine, che, troppo spesso, ha avuto invece un’accezione solamente negativa.
La figura del mercenario
Il mercenario cura sì il proprio tornaconto personale, ma molto spesso nella storia è stato anche autore di gesta eroiche che si sono tramandate nei tempi, divenendo anche leggenda. Pensiamo solamente all’esercito mercenario di Ciro il Giovane. Sotto la guida di Senofonte fu artefice di un’epica ritirata che ci venne narrata da lui stesso nell’Anabasi, testo che poi ispirò I guerrieri della notte. Oppure pensiamo alla canzone Il mercenario di Lucera, scritta da Pierfrancesco Pingitore e cantata da Pino Caruso.
Senza voler scomodare nobili paragoni, Sinner non è altro che un lupo solitario ed il suo compito lo svolge assolutamente al meglio. E poi, diciamocelo francamente, vedere i soliti benpensanti e qualunquisti da quattro soldi vomitare bile proprio non ha prezzo.
Roberto Johnny Bresso