Forse è per questo che in tanti hanno seguito Alice nella tana del Bianconiglio, leggendo da adulti una storia per bambini. O forse per bambini adulti o adulti bambini, perché Alice si legge allo specchio (come nella sua seconda avventura Attraverso lo specchio, spesso considerata come un tutt’uno con la prima) e da specchio ci fa. E in quella superficie riflettente ognuno ha visto qualcosa di diverso: psicologia, filosofia, politica, psicanalisi, semiotica, poesia, scienza, irrazionalismo, psichiatria, esoterismo, psichedelia, linguistica, matematica, fisica, sociologia. Alice ha poi trovato citazioni in libri, teatri, pellicole, quadri, canzoni, venendo tradotta in centosettantasei lingue e confermandosi mazzo da cui ognuno può pescare una carta diversa, anche opposta. Del resto ossimori e palindromi sono piante che crescono nel Paese delle meraviglie, usati poeticamente da Carroll con la precisione matematica di Dodgson. Le regole del caos sono ferree nel loro mutamento continuo, e Carroll tesse una trama di non sensi sofisticati che creano un sistema, un vocabolario sincretico di cui ancora usiamo le parole. Invenzioni linguistiche non fini a se stesse, non vuote ma piene. Le parole inizialmente vengono liberate dalle gabbie dei significati, potendo così assumere il significato che più vogliono, assorbendo il contesto e venendo assorbite dagli interlocutori. “Quando io adopero una parola significa esattamente quel che ho scelto di fargli significare… né più né meno”, dice l’uovo cosmico Humpty Dumpty, che nello spiegare la folle ballata Jabberwocky introduce per la prima volta in Inghilterra il concetto di portmanteau words, termini composti da due parole fuse assieme, parole-valigia che nascono dalla sintesi di più parole comuni.
Il significato delle parole viene così amplificato e la loro concatenazione produce componimenti parossistici. Sono le parole usate da Ezra Pound per attaccare la massa che discerneva di nuove forme di poesia e di vers libre. Il poeta in una lettera prenderà in prestito l’uso “à la Alice in Wonderland” per smontarlo, modificando la divisione delle parole e chiamandolo ver slibre (“ver significa verme e slibre melmoso e scivoloso” – oozy and slippery in inglese). Ed echi di parole carrolliane si trovano anche nei ‘poundiani’ T.S. Eliot e soprattutto James Joyce, che fa vivere a Finnegans un sogno all’Alice popolato di parole-valigia.
Le parole assumono quindi vita propria, e il vocabolario di Carroll sembra chiudersi per aprirsi nelle linee-guida della comunicazione futurista, dove dominano “l’utilizzo della fantasia e il divieto di intrusione da parte dell’intelletto, l’abolizione delle norme grammaticali tradizionali, l’impiego di espressioni infantili, la liberazione della parola dall’arbitrario contesto sintattico così da coglierne, una volta isolata, la pura musicalità”. L’uomo-torpediniera di Filippo Tommaso Marinetti può stare con il lumalo (lumaca-squalo) di Carroll; del resto: “Bisogna fondere direttamente l’oggetto coll’immagine che esso evoca, dando l’immagine in iscorcio mediante una sola parola essenziale”, scriveva FTM. Viene così sovvertito il senso comune (e stantio) delle parole, e quindi dei significati, degli enti, della morale, della vita. Il non senso dà quindi una griglia semantica – un ‘nuovo senso’ – ad un realtà non conforme, alla forza irrazionale che infiamma l’essere umano.
Simone Pellico
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Non riesco a capire quale è l’impatto sociale e culturale per un paese in estrema difficoltà come è l’Italia delle considerazioni sopra esposte su Alice e il paese delle meraviglie
Io non riesco a capire il tuo commento, Cesare.
Volevo intendere che tutta questa ricerca di simbologie in una favola forse dai contenuti pedofili (vedi nel testo “Wonderland è il tempo fra i due incontri, lo spazio dove Alice resta l’amore impossibile di un professore di matematica…”) mi sà tanto di ricerca di una simbologia esoterica massonica aggiunta ad un linguaggio molto eliitario
Guarda, conosco uno psichiatra con cui dovresti parlare di simbologie pedo-massoniche.
Se mi dai un indirizzo ti passo il numero.