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“Altro che femminicidio, la vera emergenza è il familicidio”: Facci a muso duro

by Alberto Celletti
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Familicidio Facci

Roma, 3 sett- Familicidio, gìà. Altro che femminicidio. Filippo Facci, sulle colonne del Giornale, è molto diretto, e porta alle sue argomentazioni ciò che conta di più: i numeri.

Femminicidio? No, familicidio

Filippo Facci è un personaggio piuttosto “forte”, in termini giornalistici. Talvolta controverso, in altri casi “liberatorio”. Come quando, nel pieno dell’esasperazione del pensiero unico di regime, si dichiarò addirittura “sessista”. Una bestemmia, per l’universo politicamente corretto a tinte femministe. Contro le tinte femministe è il suo ultimo pezzo, per l’appunto, dove il giornalista riflette su un fatto effettivamente finora poco indagato: la proporzione gigantesca di omicidi commessi tra le mura familiari. Un assassinato su due, infatti, è proprio tra quelle mura, spesso nominate solo per sottolineare le vittime femminili, quasi come se l’omidicio di una donna fosse più grave di quello subito da un uomo.

Parte da lontano, Facci, ricordando i celebri – non certo positivamente – Erika e Omar, in quella Novi Ligure che si ritrovò d’improvviso coinvolta nel più terribile degli orrori. Poi scrive: “In Italia gli omicidi nel loro complesso sono calati sino al 1969, poi hanno ripreso a crescere sino al 2001 (complici il terrorismo e le guerre di mafia) ma negli ultimi 16 anni gli assassinii si sono più che dimezzati, e abbiamo il tasso più basso della storia d’Italia. A rimanere costante, però, è appunto il tasso degli omicidi in famiglia: se ne parla poco, e si preferisce, a seconda dell’epoca, prendere una parte per il tutto (da anni si battaglia solo attorno al fenomeno del femminicidio, che però è solo un aspetto pur importante del problema) e però si tralasciano numeri e dati che possono impressionare: e che sono lì, citati da molti anni dall’Istat, dall’Eures, menzionati da studi inequivocabili come quelli di Marzio Barbagli”.

Scambiare un fenomeno grave ma limitato per “massa”

Lo abbiamo visto anche nelle costanti urla di “emergenza razzismo” che se andiamo a vedere i numeri riguarda sì e no un centinaio di casi all’anno (di cui la metà molto dubbi) diffusi ovunque sulla stampa nazionale, su una popolazione di poco meno di 60 milioni di abitanti. Lo vediamo anche con il cosiddetto “femminicidio”, dove le proporzioni sono simili. Grave? Sì, certo. Ma trasformarlo in una ecatombe è ben altra storia. Se però la metà di un altro fenomeno endemico ed esistente in ogni società, l’omicidio appunto, riguarda ambiti familiari, beh, allora sui numeri è difficile dare torto a Facci. Che scrive anche questo: “In famiglia si uccide più di quanto facesse la mafia, che un omicidio su due, in Italia, è commesso in famiglia, e che il tasso di omicidi in famiglia rimane costante mentre gli altri generi invece calano: è l’innominabile «familicidio», che è l’unica vera emergenza che rimane stabile in una società che è sempre meno violenta (dati alla mano) anche se i media tendono a raccontare il contrario”. Sicuramente, la definizione merita più di una semplice menzione.

Alberto Celletti

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