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Nicola Bombacci, il comunista in camicia nera ucciso dai “liberatori”

by La Redazione
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BombacciRoma, 25 apr – Oggi sono 71 anni di “liberazione”: la cultura ufficiale si scatena nelle celebrazioni e il mondo politico si ricompatta sotto la sempreverde bandiera dell’antifascismo. Ma il 25 aprile 1945, insieme al Duce non moriva solo la repubblica di Salò erede del Ventennio, ma anche una serie di esperienze e personaggi la cui traiettoria “fuori dagli schemi” è stata dimenticata. Uomini che avevano capito che dietro la caduta del fascismo si celava una trappola: la subordinazione dell’Italia a Stati Uniti e Unione Sovietica e la fine di ogni “sogno socialista”, di cui le riforme mussoliniane del ‘44 erano un piccolo quanto ardito esempio. Nicola Bombacci è stato il più fulgido e allo stesso tempo controverso simbolo di questo mondo, capace di compiere un itinerario unico, dal comunismo al fascismo sempre al motto di “Viva il socialismo!”. Un rivoluzionario e un dissidente nel vero senso del termine, perfettamente indicativo dei fermenti che hanno animato il nostro paese nella prima parte del secolo scorso. Passioni che oggi, stretti tra pregiudizi e gabbie mentali, fatichiamo incredibilmente a comprendere. Per questo vale la pena, proprio in questi giorni, ripercorre d’un fiato la vita e le idee di Nicolino, come era soprannominato dai compagni Bombacci.

Romagnolo e socialista come Mussolini, fu un importante esponente dell’ala massimalista del Psi. La sua strada e quella del futuro Duce si divisero in occasione del primo conflitto mondiale: Bombacci si schierò contro l’intervento, allineandosi stranamente per una volta alle scelte ufficiali dei capi del socialismo italiano, con cui spesso era in polemica. Al termine della guerra divenne addirittura segretario del partito, per poi fondare il Partito Comunista d’Italia nel 1921. Anche qui si distinse per le posizioni anticonformiste: prima appoggiò entusiasticamente l’occupazione dannunziana di Fiume, poi propugnò l’avvicinamento del Fascismo all’Urss, nel nome dell’anticapitalismo che caratterizzava entrambe le rivoluzioni. Si trattava di un personaggio scomodo sia per i fascisti avviati alla conquista del potere quanto per i suoi stessi compagni di partito, da cui fu espulso nel 1927. Togliatti, dall’alto della sua cieca ortodossia, addusse quale motivazione la colpa di non essere abbastanza marxista e di volere “tutto e subito”. Secondo lui un vero comunista non avrebbe dovuto affidarsi all’”azione diretta” di marca soreliana, ma creare le condizioni per lo sviluppo ed il crollo del sistema capitalista. Curioso che Togliatti non si avvedesse del fatto che l’Urss, ove lui risiedeva ed il comunismo era al potere, fosse all’epoca della Rivoluzione d’Ottobre uno Stato post-feudale. Ma per Bombacci gli spiragli politici non erano del tutto chiusi. Mussolini aveva riconosciuto ufficialmente l’Urss nel 1924, tra i primi leader europei. Questa scelta, dettata soprattutto da interessi economici, fu accolta con entusiasmo dal fondatore del Partito Comunista d’Italia, che cercò, tra molte difficoltà, di portare il suo contributo ideale all’interno del dibattito culturale italiano.

Interessanti a questo proposito le sue posizioni riguardo al corporativismo ed alla Guerra d’Etiopia. Egli riconobbe alla politica economica fascista una maggiore efficacia rispetto ai provvedimenti attuati in Urss, apprezzando i primi risultati raggiunti dal regime. Ancor più sorprendente la sua lettura del conflitto coloniale italiano, che Bombacci descrisse come il naturale proseguimento sul piano geopolitico del conflitto tra “popoli giovani” e plutocrazie capitaliste. Una tesi che portava alla mente le teorizzazioni del capo dei nazionalisti italiani Enrico Corradini, riassumibili nell’equazione: “proletari contro capitalisti = lotta di classe; popoli poveri contro popoli ricchi = nazionalismo”, datata 1910. Nel 1936 l’impegno di Nicolino fu finalmente riconosciuto grazie all’uscita della rivista “La Verità” (traduzione della Pravda sovietica), da lui diretta e punto di incontro di molti esponenti del vecchio mondo socialista. È in questo stesso periodo che Palmiro Togliatti pubblica il famoso “appello ai fratelli in camicia nera”, in cui cerca un terreno d’incontro tra comunisti e fascisti sul programma di S. Sepolcro del 1919. Nel frattempo una personalità del calibro del filosofo Ugo Spirito, che vedeva di buon occhio un avvicinamento tra le due rivoluzioni, aveva dato il suo contributo elaborando la teoria della “corporazione proprietaria”, auspicando il passaggio della proprietà dei mezzi di produzione alla corporazione, per la definitiva distruzione delle logiche del sistema capitalista. E poi come non menzionare il tentativo di Ivanoe Bonomi, membro storico del parlamentarismo prefascista, di fondare l’”Associazione socialista nazionale”, assieme agli ex deputati Bisogni, D’Aragona e Caldara, disposti a collaborare con il regime.

Una serie di fermenti quanto mai interessanti e degni di nota, anche se allo scoppio della Guerra di Spagna i rapporti tra Italia ed Urss tornarono più che mai tesi. Pochi anni dopo, nel momento del breve idillio Stalin-Hitler, fu proprio “La Verità” (che continuerà ad uscire pressoché ininterrottamente fino al 1943, nonostante l’avversione degli intransigenti Farinacci e Starace) ad esprimersi favorevolmente a questa convergenza, in un’Italia fascista comprensimussolinibilmente disorientata. Già dieci anni prima “Roma e Mosca o la vecchia Europa?” era stato l’intrigante titolo di un lungo dibattito sulle colonne di “Critica Fascista”. “Eppure giorno verrà, in cui il sovieto, permeandosi di spirito gerarchico e la corporazione di risoluta anima rivoluzionaria, si incontreranno sopra un terreno di redenzione sociale“, scrisse Walter Mocchi su “La Verità” del 13 ottobre 1940. Ma la guerra andò in una direzione totalmente differente, fino al disastro del 1943 e la rinascita del Fascismo con la Rsi, Bombacci, che non ebbe mai la tessera del Pnf, si schierò da subito con la decisione che lo caratterizzava: “Duce, già scrissi in “La Verità” nel novembre scorso – avendo avuto una prima sensazione di ciò che massoneria, plutocrazia e monarchia stavano tramando contro di Voi – sono oggi più di ieri con Voi. Il lurido tradimento del re-Badoglio, che ha trascinato purtroppo nella rovina e nel disonore l’Italia, vi ha però liberato di tutti i componenti di una destra pluto-monarchica del ’22″, affermò perentoriamente in una lettera a Mussolini. L’analisi sopra contenuta conteneva grani di verità: liberati dalle “forze della reazione” (la “destra” interna opportunista e conservatrice), i fascisti stilarono i 18 punti di Verona e diedero inizio alla socializzazione, per lasciare ai posteri un messaggio di civiltà. Le realizzazioni furono comprensibilmente incomplete, per ovvi motivi di tempo e l’ostilità di taluni esponenti di governo e dei tedeschi.

Inutile dire che Bombacci si batté entusiasticamente a favore delle riforme, impegnandosi non solo nelle fabbriche ma anche nelle politiche della casa. A questo proposito si impegnò per la stesura e l’attuazione del rivoluzionario punto 15 del Manifesto di Verona: “Quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà. Il partito iscrive nel suo programma la creazione di un ente nazionale per la casa del popolo il quale, assorbendo l’istituto esistente e ampliandone al massimo l’azione, provveda a fornire in proprietà la sua casa alle famiglie dei lavoratori di ogni categoria, mediante diretta costruzione di nuove abitazioni o graduale riscatto delle esistenti. In proposito è da affermare il principio generale che l’affitto, una volta rimborsato il capitale e pagatone il giusto frutto, costituisce titolo di acquisto. Come primo compito, l’ente risolverà i problemi derivanti dalle distruzioni di guerra con requisizione e distribuzione di locali inutilizzati e con costruzioni provvisorie». Il “canto del cigno” di Bombacci avvenne nel marzo 1945, quando a Genova tenne un comizio a cui accorsero ben trentamila operai, nonostante la fine della Repubblica Sociale fosse ormai questione di giorni.

Erano ancora in tantissimi a voler ascoltare le parole rivoluzionarie di questo “combattente sociale”, le cui scelte furono spesso controcorrente ma mai opportunistiche. Quando morì accanto al Duce, gridò in faccia ai suoi assassini il motto della sua vita: “Viva il socialismo!“. E così proprio lui, quello del “me ne frego di Bombacci/ e del sol dell’avvenire” cantato dai giovani fascisti, scelse di dare tutto al fianco di Mussolini, nel nome del riscatto sociale di una nazione intera. Nel dopoguerra non pochi esponenti (tra quelli rimasti, viste le vendette dei partigiani) di quella “sinistra fascista” che aveva avuto mirabili esempi nei sindacati e nei Guf, confluirono nel Pci, opportunisticamente alla ricerca di quadri competenti per il partito. Il Msi invece nacque tenuto ostaggio dalla “destra”, come ha riportato nei suoi scritti Giuseppe Parlato. Ed infatti, in assenza di colui che aveva saputo tenere in equilibrio le diverse tendenze durante il Ventennio, i “continuatori” del fascismo troppo spesso fecero scelte non in linea con il loro passato. Ma questa è un’altra storia.

Agostino Nasti

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8 comments

Cesare 25 Aprile 2016 - 2:46

Un bellissimo articolo sui grandi uomini che l’Italia ha avuto.Senza nessuna retorica, la storia di Bombacci, che poco conoscevo,mi ha commosso.Commozione forse perchè sto’ diventando vecchio e per la nostalgia del passato in cui l’Italia era una nazione sovrana.Oggi siamo di fronte ad un Italia schiava dei banksters stranieri mondialisti atei,pro-gay,pro-immigrazione selvaggia per demolire le identità nazionali.E abbiamo una ECB (e banca d’italia che ne detiene il 16%)privata che stampa pezzi di carta a costo zero e in cambio continua a prendersi tutte le ricchezze pubbliche e private.E pensare che nel 1935 il fascismo si libero’ della massoneria straniera e degli usurai nazionalizzando la creazione di denaro a costo zero e facendo le banche pubbliche(per questo e non per l’Etiopia ci fecero le sanzioni). E questo grande vantaggio ottenuto dagli uomini che gli italiani massacrarono a piazzale Loreto e anche dal contributo degli altri massacrati dopo il 25 Aprile ci rese possibile il grande boom degli anni 60 e il diventare nel 1990 la 5a potenza industriale del mondo.Nel 1992 con la privatizzazione e svendita delle banche pubbliche che detenevano il 60% di Banca d’Italia abbiamo consegnato la creazione del denaro gratuito agli usurai e decretato la fine prossima della nostra storia nazionale con la nostra riduzione in schiavitu’ totale

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CARLOS 13 Marzo 2017 - 7:30

in totale acordo!!!!!

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Davide 26 Aprile 2016 - 12:07

Commozione e rabbia.
Non voglio dire altro.

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Tino 24 Ottobre 2016 - 6:45

E’ stato il più attivo e capace ambasciatore con due tessere Fascista e Comunista in Russia, ha portato all’Italia le iù grosse commesse al mondo, ucciso per la sua Amicizia co Benito Mussolini e per la sua partecipazione alla SOCIALIZZAZIONE durante la Repubblica Sociale Italiana

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Luca 24 Ottobre 2016 - 9:52

Non credo sia stato ucciso perchè amico di Mussolini. Bombacci, insieme a Gatti, era a conoscenza della verità sulla morte di Matteotti. Insieme a loro, infatti, sparì il dossier.

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roberto 59 8 Dicembre 2016 - 6:43

purtroppo ormai questo mondo è in mano alle multinazionali che badano solo ai loro sporchi profitti ……domanda : ma sarà ancora possibile reagire a tutto questo o è tutto inutile?….

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Benedetto '45 24 Gennaio 2018 - 6:19

Nicolino, un personaggio onesto, libero da ogni condizionamento sia clericale che politico, parlava ed esprimeva concetti pieni di entusiasmo. Un uomo che credeva fino in fondo che il Fascismo si potesse realizzare attraverso il Socialismo Nazionale, il Socialismo dello spirito, dove l’Uomo sia protagonista partecipativo della cosa comune, Uomo soggetto, entità viva e pulsante, dove tanti uomini liberi formano una intera collettività. Da fondatore nel 1921 a Livorno del Partito Comunista Internazionalista sez. Italiana a Fascista rivoluzionario, incurante della sua Vita, vuole lasciare al mondo un testamento politico come la socializzazione, la gestione nelle mani dei produttori, da rendere un popolo cosciente ed essere al tempo stesso governato o governante ! Purtroppo ai giovani di oggi viene negata questa purissima figura di Uomo rivoluzionario onesto. Anche Lui verrà appeso a testa in giù in piazza Loreto e sul petto un cartello dove i suoi fucilatori aveva scritto “supertraditore” !

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Benedetto '45 25 Gennaio 2018 - 11:03

Gradirei offrire un piccolo contributo alla verità sul delitto Matteotti. Uno dei più grandi accusatori nel 1924 di Benito Mussolini è stato il giornalista socialista Carlo Silvestri, sostenendo che il mandante di questo odioso delitto era stato proprio Mussolini, in quanto Giacomo Matteotti era un avversario politico temibile in seno al Parlamento italiano. Mussolini affrontò la discussione, con un suo discorso che rimane negli annali mussoliniani. I responsabili del delitto verranno condannati dalla giustizia. La polemica rimase sempre nel sottofondo politico. Quando viene fondata nel settembre 1943 la RSI, Silvestri pur rimanendo sempre socialista, si avvicina a Mussolini, passeranno molto tempo assieme, Valuterà ogni documento che Mussolini sottoporrà alla sua attenzione. Silvestri trova un altro filone sul delitto, la sua attenzione si porta verso altri interessi ed altre piste, che si allontanano sempre di più da quella politica. Terminata la Guerra, Silvestri scagionerà completamente Mussolini da questo misfatto, infatti scriverà un libro molto interessante dal titolo “Matteotti Mussolini e il dramma italiano. Il delitto che ha mutato il corso della nostra storia” pubblicato nel 1947 ! Ho letto più volte il libro, l’ho trovato molto interessante, vengono alla luce altri moventi, molto più autentici, infatti Matteotti ne esce con le ossa rotte, visto che aveva tanti intrallazzi compreso il più pericoloso quello del petrolio, con rapporti internazionali non troppo puliti. Un libro che non si poteva censurare, viste le verità sottoposte al lettore, ma sicuramente il potere ha cercato in tutti i modi di boicottare il libro. Silvestri morirà nel 1955 all’eta di 66 anni per una grave malattia, sempre socialista, sicuramente un uomo onesto che ha fatto propria questa battaglia, tanto da dire, che aveva accusato Mussolini ingiustamente, era suo dovere, nel momento che aveva scoperto un’altra verità, ridare dignità all’Uomo che era stato accusato di questo odioso delitto. Nicola Bombacci è stempre stato amico di Mussolini, ambedue erano romagnoli, avevano militato nello stesso partito, due oratori d’eccezione, due amanti del giornalismo, stessi percorsi scolastici. Non molti sanno che Bombacci è sempre rimasto in povertà, ha avuto una figlia molto ammalata che era sottoposta a cure particolarmente costose Mussolini venuto a sapere questa situazione gli farà avere ogni mese delle somme di denaro che nessuno sapeva da dove arrivavano, Bombacci sospettava, ma non ha mai avuto certezza, Mussolini aveva affetto nei confronti di Nicolino. La morte di Bombacci le motivazioni sono due, la prima per essere passato dal socialismo militante rivoluzionario, giornalista comunista con la pubblicazione del giornale “La Verità”, tradotto in russo è “La Pradva”, infatti per questo i comunisti dopo averlo assassinato appunterà sul petto il cartello con la scritta “Supertraditore”. Il secondo motivo è quello di essere passato con tutta la sua irruenza nelle file della Repubblica Sociale Italiana, collabora alla stesura dei 18 Punti di Verona, viaggia per tutta la Valle del Po, a fare comizi in ogni luogo di lavoro,per spiegare agli operai, agli impiegati, ai prestatori di capitali ai contadini la Socializzazione, la grande opera, il superamento del capitalismo, che andava a superare sia il liberalismo sia il socialismo che definiva “le due facce della stessa medaglia”, non solo parlava che il liberalismo era il vero nemico del popolo, ancor peggio del socialismo, Sosteneva che la civiltà aveva due nomi “Roma o Mosca”, ma Roma aveva dalla sua parte il riconoscimento della singolarità e la spiritualità del l’Uomo soggetto e mai oggetto. Non si può dire perchè è stato fucilato, anche perchè tutte le morti sono stati solo assassini perpetrati perchè doveva morire la memoria storica, Nicolino muore perchè in quel momento si trovava in quel luogo, come hanno fucilato il prof. Coppola Rettore dell’Università di Bologna, un Capitano dell’esercito in licenza, accusandolo di “niente”, dopo le prime rimostranze il capitano si avvicina ai martiri in attesa dell’esecuzione sommaria, dicendo con rassegnazione: “va bene, doveva andare così !” E’ stato ucciso in quel momento Marcello Petacci, fratello della povera Claretta, non c’entrava niente con la Repubblica ! Sono morti assassinati alla schiena. Vito Casalinuovo, medaglia d’oro al Valor Militare, chiede di essere fucilato al petto, in quanto era suo diritto quale medaglia d’oro, gli negano questo diritto. La vita non aveva nessun valore, le “sentenze” di uno scalzacane macellaio si eseguivano con il sospetto o solo per il gusto del l’odore sangue !!!

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