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Da “boria” a “ciao”: le parole del gergo quotidiano dall’origine bizzarra

by Chiara Soldani
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Roma, 10 mar – La lingua italiana è un pozzo di scoperte e risorse inesauribili. Tante persino le curiosità etimologiche che accompagnano parole entrate nel gergo quotidiano. Tra i vocaboli dall’origine bizzarra e inusuale, se ne possono elencare almeno 9. Ecco gli esempi più comuni e rappresentativi nel linguaggio di ogni giorno.

1) Ciao: il saluto più informale e comunemente usato affonda le sue radici nel dialetto veneto. Deriva infatti da “scia; sciavo” che stava ad indicare lo schiavo. Rivolgendosi al padrone, era consuetudine usare la formula “sciavo vostro” ovvero “vostro schiavo”. Col tempo la parola ha perso totalmente il significato originario, diventando il più informale fra i saluti.

2) Desiderio: di derivazione latina, il termine “De-sidera”  è composto dalla preposizione “de-” (che indica lontananza e privazione) e dal termine “sidus” ovvero “stella”. Letteralmente si traduce quindi come “mancanza di stelle“: da intendersi nell’accezione di “assenza di buoni presagi”. Da qui deriva l’accezione comunemente intesa di “sentimento intenso che spinge a cercare il possesso, il conseguimento o l’attuazione di quanto possa appagare un proprio bisogno fisico o spirituale”.

3) Persona: dal latino “persona” indica non l’individuo, bensì la maschera teatrale indossata in scena dagli attori. L’evoluzione del significato va rintracciata nel ruolo della maschera nel teatro romano. L’attore si copriva interamente il volto, acquisendo tratti somatici estremamente identificativi rispetto al personaggio interpretato. La maschera diventava così un “tipo”: emblema di caratteristiche fisiche e soprattutto caratteriali. Da ciò, ne è derivato il significato odierno di “individuo non specificato”, alludendo alla totale sovrapposizione fra “maschera” e “volto”.

4) Boria: presumibilmente la parola deriva da “boreas”, il vento forte di tramontana che soffia da Nord. Ecco perché si é soliti dire “darsi delle arie“, per indicare comportamenti superbi o altezzosi.

5) Studio: vocabolo per antonomasia associato ad un campo semantico dalle scarse connotazioni positive, deriva dal latino “studium” da “studere”. Letteralmente significa infatti “aspirare a qualcosa, desiderare intensamente“.

6) Baraonda: ha invece origine dallo spagnolo “barahunda” che sta ad indicare “confusione, chiasso”.

7) Intelligenza: dal latino “intelligere” cioè “intendere”, composto dall’avverbio “intus” (dentro) e “legere” (leggere). Intelligenza è quindi la capacità di “leggere dentro, analizzare in profondità” cose, situazioni, persone.

8) Ambaradan: in questo caso l’origine è incerta, ma la fonte più accreditata riporta al nome Amba Aradam. Un massiccio montuoso dell’Etiopia dove, nel 1936, ebbe luogo una battaglia decisiva nella guerra italo-etiopica terminata con la vittoria italiana. Da qui, il significato di “situazione confusa e caotica” o “attività molto complessa, la guida della quale richiede impegno e notevoli capacità organizzative”, nell’uso corrente del termine.

9) Assassino: ben lontano, nell’origine, dal termine  “omicida”, “assassino” proviene dal plurale “assassini“. Si tratta di una rivisitazione dell’arabo “Ḥashīshiyya” che significa letteralmente “uomini dediti all’ḥashīsh“. Questa era la denominazione occidentale di una setta musulmana estremista e terrorista, con cui vennero a contatto i crociati in Siria nel XII e XIII secolo.

Il fascino della lingua italiana si disvela anche nelle apparentemente semplici, parole quotidiane: una scoperta senza fine, nel viaggio affascinante fra significati, origini e parole.

Chiara Soldani

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