Roma, 28 apr – I terremoti generano delle onde che si propagano attraverso la Terra con delle dinamiche ed effetti ben precisi che sono quantificabili e misurabili grazie a degli strumenti, i sismografi, messi a disposizione dalla tecnologia geofisica.
Quando avviene un sisma, le cui cause sono state giĂ affrontate in un precedente articolo, si generano principalmente due tipi di onde che percorrono il mezzo in cui si propagano: le onde P e le onde S, oltre a due altri tipi di onde, superficiali, date dalla composizione delle precedenti (le onde di Rayleigh e di Love).
Le onde P sono onde di compressione, più veloci quindi le prime ad essere registrate da un sismografo, dette anche longitudinali o primarie. Queste sono identificate volgarmente come “movimento oscillatorio” in quanto corrispondono alla compressione e rarefazione del mezzo in cui si propagano. Le onde S sono onde trasversali, o di taglio, più lente, dette secondarie, e al contrario delle onde P non si trasmettono attraverso i fluidi che non rispondono agli sforzi di taglio (che sia l’acqua, il magma di una camera magmatica o il nucleo esterno della Terra) e provocano nel materiale in cui si propagano oscillazioni ortogonali alla loro direzione di propagazione: sono quelle che volgarmente danno la sensazione di “moto sussultorio”.
La velocitĂ di propagazione delle onde sismiche, come di qualsiasi onda come quella sonora, dipende dalla densitĂ del mezzo di propagazione: piĂą questa è alta maggiore sarĂ la sua velocitĂ . Questo principio resta costante sempre, anche considerando la differente velocitĂ tra le onde P ed S, difatti nel granito la velocitĂ di propagazione delle onde P è di circa 5,5 km/s, quella delle onde S è 3,0 km/s, mentre nell’acqua la velocitĂ delle onde P è circa di 1,5 km/s mentre le onde S, come giĂ detto, non si propagano essendo l’acqua un fluido.
Esistono delle particolari risposte sismiche, chiamate “effetti di sito”, correlabili in parte a questo principio: infatti la tessitura di un terreno o di una roccia, cioè il rapporto fra le diverse dimensioni delle varie particelle che lo compongono, la sua composizione, la sua densitĂ di fratturazione e la sua coesione possono rallentare o accelerare la velocitĂ delle onde a seconda appunto della variazione di densitĂ . Una roccia molto fratturata, poco coesa, avendo una densitĂ minore rispetto ad una roccia compatta, rallenterĂ la velocitĂ dell’onda sismica facendone aumentare l’ampiezza e quindi amplificandone gli effetti distruttivi a livello locale. Lo stesso effetto si ha per cause dovute alla morfologia della superficie: un rilevato, come una collina, può entrare in risonanza con l’onda sismica che lo percorre e quindi “oscillare” di piĂą rispetto ad un terreno pianeggiante.
L’intensitĂ di un terremoto si misura attraverso l’attribuzione di un valore sulla scala Richter. Questa identifica la magnitudo locale, indicata con ML, e fornisce la stima dell’energia liberata da un sisma misurata sui sismografi. Questa scala mette in correlazione la grandezza dell’evento preso in esame con una grandezza campione misurata su scala logaritmica; significa quindi che la misurazione dell’energia rilasciata da un terremoto sulla scala Richter, non progredendo linearmente, aumenta molto piĂą velocemente. Per fare un esempio pratico e chiarificatore, tra un grado e l’altro della scala Richter passa un fattore moltiplicativo di 31,6, quindi tra un sisma di ML 3 e uno di ML 5 c’è una differenza di intensitĂ pari a 31,6 x 31,6, ovvero quasi mille volte superiore.
Verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso fu introdotto un metodo di misurazione leggermente diverso, ma sempre su base logaritmica come la Richter, più direttamente correlato con i parametri fisici del terremoto: la scala magnitudo momento, indicata con MW, introducendo il concetto di “momento sismico” rendendo così le misurazioni molto più accurate.
La scala Mercalli, un tempo l’unico mezzo per quantificare l’intensitĂ di un sisma, è oggi solo utilizzata a livello divulgativo, in quanto ha il difetto di fare misurazioni non sull’intensitĂ assoluta, ma sugli effetti che ha il sisma sulle strutture costruite dall’uomo, creando differenze quindi in base alla qualitĂ delle stesse. Questo significa che un sisma di ML 8.0 in un deserto otterrĂ zero sulla scala Mercalli, mentre lo stesso evento in una zona densamente abitata caratterizzata da edifici e strutture antiquati otterrĂ un grado XII sulla scala Mercalli, grado che sarĂ ancora inferiore se le stesse sono di alta qualitĂ e rispettanti le norme antisismiche.
Paolo Mauri