Roma, 26 lug – Il socialismo arabo, praticamente in tutte le sue versioni più note (le più recenti nella Libia di Mu’ammar Gheddafi o nella Siria di Hafiz Assad e del figlio Bashar- che possiamo riassumere nell’epoca del Ba’th -e andando più indietro nell’Egitto di Gamal Nasser), sono alcune tra le visioni socio-economiche e umane più vicine a quella del fascismo italiano che il secolo scorso (e per ciò che resta, anche l’attuale) abbia testimoniato. Questo per due motivi: l’approccio da “terza via” che contempla sì il forte interventismo statale ma che allo stesso modo non mette in discussione la proprietà privata, poi l’idea inter-classista fortemente impressa nelle menti di molti dei protagonisti di quell’epoca. La sintesi è questa: non c’è tempo per i conflitti di classe ma piuttosto per la eguale rappresentazione di tutte nella vita della comunità. Non è difficile ritrovare il tema della concordia di classe tanto caro alla visione fascista. Proprio l’Egitto di Nasser è forse uno degli esempi che meglio testimonia questa similitudine. Senz’altro la nazionalizzazione del Canale di Suez, di cui oggi ricorre l’anniversario (26 luglio 1956), ma anche con la ben nota Carta nazionale del maggio 1962.
La nazionalizzazione del Canale di Suez e la sfida alle potenze occidentali
Nasser era salito al potere da poco: diventato presidente nel giugno appena precedente, il nuovo leader egiziano si mobilitò con un’energia che ancora oggi è nella storia. Non è per nulla un caso che i rapporti con Enrico Mattei fossero così stretti e amichevoli. Entrambi avevano un interesse in comune: affrancarsi dai domini anglosassoni il più possibile. In ogni caso, la nazionalizzazione del Canale di Suez attuata dallo stesso Nasser quel fatidico 26 luglio fu una dimostrazione di forza non indifferente, per un Paese come l’Egitto che, nonostante l’immagine di realtà modesta, era già allora come rimane oggi la Nazione più popolosa del bacino mediterraneo. Una sorta di “potenza inespressa” che in quegli anni urlò forte la sua voce e fece il gioco anche degli interessi italiani nel “mare nostrum”. Un “vinciamo tutti” da cui erano però esclusi gli angloamericani, le cosiddette Sette Sorelle, ma per quanto riguarda la questione di Suez, soprattutto la Gran Bretagna e la Francia. Il canale fruttava alla nota “Compagnia del Canale”, appartenente a investitori provenienti dai due Paesi, un indotto pari al 44% dei traffici di merci che passavano per il collegamento tra il Mar Rosso e il Mediterraneo.
Il che non poteva stare bene a Il Cairo, nonostante anche l’Egitto possedesse una quota non indifferente della Compagnia, quanto meno se voleva provare a ragionare in termini di indipendenza. Con quell’atto, Nasser lanciò un grande messaggio al contempo patriottico ed economico: il primo con l’affrancamento dagli occidentali, il secondo con l’affermazione della potenza di intervento dello Stato.
Terza via araba
Con la Carta nazionale del maggio 1962, che riuniva sotto la stessa ala anticomunisti, socialisti, moderati e marxisti si ebbe un esempio di approccio concorde che ricorda molto le ali estreme (liberali e filo-marxiste) presenti nel gigantesco apparato del PnF italiano. Ma in realtà è lo stesso concetto di concordia nel superiore interesse nazionale a ritrovarsi tanto nell’Egitto di Nasser che in altri esempi successivi. Nazionalismo, socialismo nazionale, potenza economica dello Stato: gli ingredienti – con le dovute differenze, chiaramernte – c’erano tutti.
Stelio Fergola