Roma, 15 lug – L’attentato a Donald Trump, com’era logico, ha sconvolto tutti. Magari non meravigliato, dal momento che il clima politico in America (e non solo) è ben noto da anni, ma sicuramente sconvolto. Alcune considerazioni da fare sul tema sono inevitabili, vista l’importanza del momento storico e delle consultazioni in programma negli Stati Uniti nel prossimo novembre.
Attentato a Trump, qualche riflessione
La prima considerazione da fare è di natura etica. L’attentato a Trump non può non suscitarla, specialmente se riferita al Paese che si vanta al cospetto del mondo del proprio sistema “democratico”, delle sue libere elezioni e via discorrendo. Al punto che proprio quel sistema ha rappresentato per decenni il pretesto per andare a impelagarsi in guerre di aggressione in mezzo mondo (peraltro, anche dai dubbi risultati, se pensiamo ai casi dell’Iraq e soprattutto dell’Afghanistan). Indipendentemente dalla ricerca di eventuali mandanti (l’attentatore, Thomas Matthew Crooks, era iscritto tra i repubblicani, ma questo significa poco o nulla, dal momento che mezzo partito è sempre stato contro Trump), è indubbio che la stessa retorica democratica statunitense non possa dirsi totalmente aliena da responsabilità. Per essere gentili. Se Joe Biden definisce a più riprese il tycoon un “criminale pericoloso”, non serve un genio per comprendere come, in un Paese dove le armi vengono praticamente distribuite al supermecato, qualche “testa calda” per così dire, possa essere fomentata.
La seconda questione riguarda il proliferare di ipoteis riguardanti una presunta orgranizzazione “scenica” dell’accaduto, che ovviamente sarebbe stato organizzato dallo staff di Trump o comunque da coloro che orbitano intorno a lui. È vero, ci sono delle stranezze (i soli 400 metri di distanza da cui ha sparato Crooks, lo spaesamento di alcuni addetti alla sicurezza), ma vorremmo ricordare che anche Ali Agca, il 13 maggio 1981, sparò in piena piazza San Pietro a Giovanni Paolo II, e a una distanza perfino inferiore (a memoria, non saranno stati più di una decina di metri). Le coincidenze accadono, non è certamente una novità e non è possibile addirittura escluderle. Soprattutto quando, per una “scenetta simile”, il proiettile destinato a Donald Trump non finisce certamente su una gamba e perfino su una spalla, ma su un orecchio a un centimetro dalla testa che gli sarebbe stata fatale: un pochino troppo, come scena teatrale. Se si recita, logica vuole che al massimo ci sia meno rischio…Non citiamo nemmeno il morto e i due feriti che ha prodotto la “scenetta” – nonostante andrebbe fatto – perché, banalmente, non avrebbero avuto rilevanza ai fini del nostro discorso.
Già presidente?
Lo hanno recitato tutti in coro nella giornata di ieri e probabilmente è vero. Non si vede come potrebbe andare diversamente (poi, ovviamente, tutto può succedere), visto che la sola immagine di Trump con il pugno alzato potrebbe essere – e probabilmente verrà – sfruttata mediaticamente molto oltre la diffusione già capillare delle ultime 24 ore. Di sicuro ciò che accade negli Stati Uniti dal 2016 in poi è una relativa novità. Un periodo storico così turbolento non ha precedenti, se non la guerra civile di un secolo e mezzo abbondante fa. Parliamo, ovviamente, di un evento che fu molto più cruento, mentre in questa sede possiamo parlare solo di accenni e disordini. Ma insomma, un Paese in cui viene prima eletto un presidente tanto discusso e bersagliato da media e magistrati, poi convoca al voto il suo popolo con il risultato di “spodestarlo” ma anche di generare un terremoto tra preferenze espresse da cittadini morti e schede comparse all’improvviso (per citare due questioni che furono provate, a differenza di altre, delle consultazioni del 2020), poi il caos di Capitol Hill nel gennaio successivo, i processi a Trump in questi anni e, infine, anche una pallottola possibilmente letale, come minimo non vive un’epoca tranquilla. Magari non ancora da guerra civile, ma poco ci manca. Che ci sia uno scontro evidente tra gruppi di potere è un fatto difficilmente ignorabile.
Stelio Fergola