Città del Vaticano, 19 giu – L’Enciclica papale Laudato Si’ – sulla cura della casa comune, presentata ieri in una sala dell’Auditorium “Paolo VI” in Vaticano ma già diffusa in bozze nei giorni scorsi, che probabilmente rappresenterà il passo più importante del pontificato di Papa Francesco, contiene un passo non sufficientemente sottolineato nei primi e già ampi commenti.
Esso si trova al passo 155 della Lettera pontificia, e recita: “L’ecologia umana implica anche qualcosa di molto profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso. Affermava Benedetto XVI che esiste una ‘ecologia dell’uomo’ perché ‘anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere’. In questa linea, bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente. Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di ‘cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa’.”
In realtà l’opera di Francesco include molto altro, eccedendo anche il già vasto universo del cattolicesimo per rivolgersi “a tutte le persone di buona volontà”, molte delle quali estranee alla Chiesa romana ma che riconoscono nel Papa un’autorità morale sopra le parti e anche sopra le religioni.
Sebbene contenga probabilmente diversi piani di lettura e significato, che saranno enucleati nel tempo, la nuova Enciclica è infatti centrata su questioni e problemi che travalicano l’ambito religioso, dall’emergenza climatica, con particolare riferimento all’accesso all’acqua, ai crescenti problemi di “esaurimento di alcune risorse, … creando uno scenario favorevole per nuove guerre”, agli squilibri dei consumi che stanno avvelenando il pianeta “senza che sia stato risolto il problema della povertà”.
Così come la vena critica del capitalismo si accentua in una vera e propria invettiva laddove, al passo 189, si legge tra l’altro che “Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura”.
Talvolta dotata di un dettaglio e un’attualità tali da fare invidia a una review scientifica – il problema dell’acqua è da mesi agli onori delle cronache non solo per il sud del mondo ma soprattutto per il disastro della California, così come sulla questione energetica le parole del Pontefice appaiono straordinariamente attuali – alcune soluzioni prospettate dalla Lettera pontificia appaiono più discutibili, come l’esortazione alla costituzione di una “vera Autorità politica mondiale”, che si sostiene essere inquadrata “nella linea già sviluppata dalla dottrina sociale della Chiesa, per il governo dell’economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per regolamentare i flussi migratori”. Con quali regole, rappresentatività e reale efficacia possa essere costituita una tale Autorità non è dato sapere, né in cosa possa consistere il suo “potere di sanzionare”. Basti pensare, infatti, alla limitatissima efficacia delle stesse Nazioni Unite, organismo già deputato a regolare i rapporti tra le Nazioni.
Così come l’appello alla decrescita: “È arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti.” Dimenticando, forse in nome di un egualitarismo molto cattolico che lo straordinario sviluppo di alcune Nazioni è stato dovuto molto più alla capacità di relazione organica interna dei relativi popoli più che a condizioni e concessioni esterne.
Vale però, allora, la pena di tornare sul passo con cui abbiamo aperto, che – investendo la sfera personale e la relazione di questa con la realtà globale – appare in grado di aggiungere davvero e autorevolmente qualcosa di nuovo, in particolare laddove suggerisce il legame tra la logica di dominio del proprio corpo e quella di dominio insostenibile del mondo. Straordinariamente vicino, per altro, a quanto scrivemmo in merito, tempo fa, su questo giornale: “Gli avversari più accorti, quelli che non impostano la battaglia in senso bigotto, dei gender studies fanno … notare che, se è vero che uomo e donna restano figure culturali, che si sono articolate in modi differenti nel tempo e nello spazio, spezzare il legame tra natura e cultura è semplicemente folle: i dati ormonali e fisiologici e la stessa nostra storia evolutiva condizionano la nostra cultura, fissano dei paletti, danno delle indicazioni ineludibili. Possiamo ripensare i ruoli di uomo e donna, ma non possiamo far finta che uomini e donne non esistano o che essere dell’uno o dell’altro sesso non ci condizioni. In caso contrario, il prezzo da pagare potrebbe essere più salato di quanto immaginiamo”.
Paradossalmente, il Papa e con lui la Chiesa cattolica hanno scelto un approccio tutt’altro che bigotto per affrontare una questione le cui implicazioni sono molto più ampie e complesse di quanto molti potessero anche soltanto immaginare.
Francesco Meneguzzo