Roma, 3 giu – Il tentativo di FdI e Lega di mantenere o ampliare il proprio consenso (soprattutto per quanto riguarda il Carroccio, “affamato” di recuperi dopo il capitombolo elettorale degli ultimi tre anni), è palese. La stessa riforma di Carlo Nordio sulla Giustizia, che – inutile girarci intorno – sarebbe nel caso una svolta storica, è probabilmente enormemente “motivata” dalle consultazioni in arrivo il prossimo 8 giugno (sebbene non c’entri con la questione delle “carezze all’anti-Ue”). I due partiti stanno cercando di calamitare a sé favori vecchi e magari nuovi in modo diverso, sebbene il risultato esterno sia tristemente simile.
FdI e Lega, due modi diversi di “accarezzare” gli anti-europeisti
Sono sempre stati votati in quanto percepiti come profondamente ostili al sistema di Bruxelles. Ancora una volta, in questa gara vince la Lega, dal momento che il Carroccio deve i suoi massimi storici elettorali delle elezioni europee del 2019 ad anni in cui il “No euro” dominava la scena, al contrario di oggi che è solo un lontano ricordo. Fratelli d’Italia ha sempre avuto un atteggiamento più ambiguo ma ugualmente dissidente, nei tanti anni in cui è stato all’opposizione, soprattutto quando le sue percentuali di consenso non arrivavano al 5% dei voti.
Mentre Giorgia Meloni afferma solennemente che le prossime elezioni saranno un “referendum tra due idee di Europa”, sottolineando ancora una volta il risibile approccio comunicativo di cambiare “dall’interno” ciò che in realtà potrebbe essere cambiato solo con la sua estinzione, la Lega punta su uno dei suoi storici cavalli di battaglia anti-Ue, ovvero Claudio Borghi, rimasto nel Carroccio in una posizione quanto meno bizzarra vista la strada intrapresa dal suo partito (simile discorso, ovviamente, si può fare per Alberto Bagnai). E così Borghi rispolvera i periodi delle dirette su Twitter ai tempi del Covid e dei bei tempi andati (almeno, per quel che riguarda il resto dei suoi colleghi, al contrario di una coerenza che se non altro nelle dichiarazioni è riuscito a mantenere). Lo fa attaccando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la sua frase riguardante il fatto che con le elezioni europee l’Italia “consacra la sovranità Ue”, proprio nel giorno della festa della Repubblica, ovvero della festa dello Stato. Da qui la ovvia e scontata replica: “Se il presidente pensa davvero che la sovranità sia dell’Unione europea invece che dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi, perché la sua funzione non avrebbe più senso”.
Il premio dell’imbarazzo lo vince la sinistra
Se FdI, Lega e Mattarella si contendono la palma, in realtà il premio in questa gara di imbarazzi generali non poteva che essere vinto dalla sinistra. Il che è incredibile, considerato che in questo caso le bizzarrie provengono da un centrodestra che non sa cosa vuole fare da grande o – più probabilmente – imbrigliato dalle necessità di rimanere in sella e al contempo dare qualche osso a un popolo (in larga parte suo elettore) onestamente stanco delle vessazioni di Bruxelles e di un sistema che ci ha ridotto ad essere una larva industriale ed economica, ben oltre quella nazionale che era già in stadio avanzato precedentemente. Cosa fa la sinistra? La solita cosa. Chiede che il governo “prenda posizione” a difesa del capo dello Stato. Un po’ come chiede alla Meloni di essere antifascista, o comunque di professarsi tale. Un’immagine talmente squallida e banale che forse fa fare un figurone perfino a Mattarella, al povero Borghi e alla indefinibile Lega.
Stelio Fergola