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Vannacci: come la destra spreca occasioni divulgative e le brucia (a differenza della sinistra)

by Stelio Fergola
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Vannacci destra

Roma, 3 giu – Il generale Roberto Vannacci è l’ennesima prova di come a destra non abbiano capito nulla o di come facciano finta di non aver capito nulla.  Non è questione di valore culturale, che resta controverso e discutibile da quando il suo “mondo al contrario” ha sbancato nelle librerie. Non è questione neanche di prestigio, ma di scaltrezza e intelligenza.

Vannacci, la destra verso l’ennesimo flop culturale?

La fretta è cattiva consigliera, si sa. La candidatura di Vannacci presso la destra e in “quota Lega” aveva già fatto storcere il naso all’inizio. Poi le performance nelle prime comunicazioni del generale non hanno aiutato, certamente. Performance che però non possono essere state diffuse senza il consenso del partito, di conseguenza è naturale porsi come minimo qualche domanda. Soprattutto considerando il fatto che la sinistra e il suo solito esercito mediatico ci si sono “buttati a pesce” come si suol dire. Troppo grande l’assist, troppo ghiotta l’occasione per continuare a giustificare le proprie idiozie. E così il Vannacci che chiede di mettere “una decima” sul simbolo della Lega preannuncia l’ennesimo flop culturale di una destra che sembra interessata – forse a questo punto perfino volontariamente -a bruciare occasioni invece che sfruttarle al meglio.  Vannacci poteva essere un mezzo utile, di fatto è un feticcio. Anticipatore di un percorso verso l’ennesima bolla di sapone.

Imparare dalla sinistra

Su queste pagine siamo stati critici e al contempo riflessivi sul “fenomeno Vannacci”. C’è chi giustamente ha sottolienato la mediocrità culturale e antopologica del fenomeno di per sé, il che è una considerazione plausibile considerato il fatto che non parliamo certamente di un fine ideologo o un capofila, ma di un generale – peraltro di alto livello – che è semplicemente vicino a certi valori che contraddistinguono un pensiero che genericamente potremmo definire “di destra”, ma che non suscita automaticamente un approccio positivo alla politica che tutti vorremmo. Dal canto mio, ho puntato sulla sostanziale inconsistenza delle critiche nell’ottica della realpolitik: per dirla in parole semplici, del fatto che Vannacci non sia il nuovo Berto Ricci ci interessa poco o nulla.

Ci frega, al contrario, di inserirci nel contesto delle decine di migliaia di copie vendute in poche settimane da quell’estate del 2023 e di quei temi in larga parte anche “nostri” che sono stati letti da altrettanti lettori. E ci frega, o meglio fregava, di muoverci nella direzione di sfruttare il fenomeno mediaticamente, al fine di smuovere almeno qualche passettino della strabordante egemonia culturale della sinistra nel nostro Paese. Il ragionamento è elementare: se Vannacci vende a così tanti lettori, vuol dire che quei temi non sono così disprezzati dal popolo come i nostri padroni vogliono farci intendere.

“Fregava”, tempo passato. Perché il tempo presente ci dice che la questione ha preso la piega – prevedibile, purtroppo – di una baracconata in cui si rispolverano simboli percepiti come “fascisti” e che altro non sono se non assist allo strapotere mediatico della sinistra, la quale ovviamente non si lascia pregare. La stessa sinistra che, pur avendo toccato un punto veramente ignobile con la candidatura di Ilaria Salis, viene da una scuola ben più scaltra e raffinata. Quella di chi non candida i propri soldati culturali o divulgativi alle elezioni. E quando lo fa, non avviene senza dubbio in tempi brevi.

I soldati della sinistra stanno lì, in posizioni ufficialmente neutrali: si pensi al “Vate” Roberto Saviano, ma anche alla compianta Michela Murgia, che rimangono o rimanevano fuori da liste elettorali pur facendo in modo imbarazzante il gioco del Pd, del suo Feudo e dei suoi partiti satellite. Talvolta lanciando qualche critica per illudere di essere perfino indipendenti a qualche tontolone. Siamo su un livello di cinismo di ben altro livello. E non si tratta, come scrivevamo nell’introduzione, certamente di una questione di livello culturale: che Saviano o la Murgia non siano esattamente Umberto Eco o Norberto Bobbio non è una scoperta. Però lì si sfrutta, con sagacia e formazione di massa, sebbene il piano non risulti sempre pienamente riuscito (soprattutto nel caso del primo dei due, ma è un discorso che abbiamo già affrontato in passato). A destra, invece, cosa si fa? Nulla, si cavalca un fenomeno editoriale con cialtroneria e mediocrità. Con l’unico risultato utile di bruciare l’occasione e di far fare alla sinistra proseliti per tutte le sue sciocchezze.

Stelio Fergola

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