Home » “Finché vedrai sventolar bandiera nera”. Una risposta al Manifesto sardo

“Finché vedrai sventolar bandiera nera”. Una risposta al Manifesto sardo

by Sergio Filacchioni
0 commento
Manifesto

Roma, 24 mag – L’articolo di Roberto Loddo, pubblicato su Il Manifesto Sardo, è qualcosa di più di un attacco politico. È l’apologia del nuovo conformismo repressivo. Non basta più tacciare di “fascismo” chi dissente a scopo di marginalizzarlo: ora si propone apertamente l’isolamento istituzionale, l’allontanamento dei minori dalle famiglie, l’inserimento forzato in “comunità educative” per chi ha l’ardire di contestare la narrazione antifascista dominante.

Il Manifesto contro i ragazzi del Blocco Studentesco

No. Non siamo più nel perimetro della polemica culturale: quello prevede il riconoscimento di una parte, seppur avversa e apertamente conflittuale. Con l’articolo pubblicato ieri da Il Manifesto sardo entriamo in uno spazio regolato dal filo spinato: quello della rieducazione obbligatoria, dello Stato-repressivo, della democrazia terapeutica che cura i cittadini dalle idee “sbagliate”. Il titolo è emblematico: “Cosa fare dei giovani fascisti di Blocco studentesco?“. Un quesito mal posto e in malafede già in partenza, perchè giudica i giovani militanti aprioristicamente come qualcosa di cui sbarazzarsi una volta per tutte. Ma se il “bene”, oggi, è rappresentato da questo antifascismo inquisitorio, se il “progresso” consiste nell’invocare il controllo delle coscienze e la repressione dei minori, allora è legittimo e persino nobile porsi dalla parte della “devianza”. Loddo fa una sequela di domande a cui nemmeno lui riesce a rispondere, una su tutte fa rabbrividire: “potrebbe essere utile e funzionale un temporaneo allontanamento del minore coinvolto in queste pratiche pericolose dalla famiglia e un inserimento in una comunità all’interno di un percorso personalizzato di emancipazione dalle idee di intolleranza e di violenza?”. Vizietto della sinistra: togliere i bambini alle famiglie ha sempre stuzzicato le loro gonadi. Ma il punto è: se questa è la vostra normalità, viva la trasgressione della bandiera nera.

Altro che Manifesto, viva la trasgressione nera

Nel vuoto morale e ideologico della modernità, dove tutto è appiattito, de-politicizzato e sottoposto alla liturgia della correttezza, il fascismo è diventato una delle poche trasgressioni ancora possibili. Che Loddo lo accetti oppure no. E non certo per nostalgia storica, ma per rifiuto del presente. In un mondo in cui l’unico gesto consentito è l’applauso, alzare la mano in dissenso è l’atto rivoluzionario più radicale. L’antifascismo, che ama autodefinirsi liberatorio, si è trasformato nel principale dispositivo autoritario e censorio del nostro tempo. È lo strumento con cui l’establishment legittima se stesso, giustifica l’emarginazione del dissenso, impedisce ogni reale alternativa culturale. Altro che “baluardo contro il totalitarismo”: è diventato la coperta di Linus del potere più bieco. E allora sì, se voi siete il sistema, meglio issare bandiera nera. Se voi siete la legge, la norma, il dogma, allora essere “fuorilegge” assume un senso preciso: significa pensare con la propria testa. Loddo arriva a liquidare il dissenso giovanile come un fenomeno da “incel”, riducendo studenti attivi e rappresentanti eletti a frustrati del web, incapaci di relazionarsi con le donne. È il solito riflesso snob di chi, non avendo argomenti, patologizza l’avversario. Se un ragazzo rifiuta il transfemminismo, non è perché è represso o insicuro: è perché non lo condivide, e ha tutto il diritto di dirlo.

Lottare contro il conformismo antifascista

Che Il Manifesto lo sappia oppure no, i militanti del Blocco Studentesco non sono fanatici, né burattini, né criminali. Sono studenti con idee chiare, forti e strutturate. Sono rappresentanti d’istituto eletti, come i quattro che siedono regolarmente nei consigli scolastici dell’Istituto Alberghiero Gramsci di Monserrato. Sono parte viva del dibattito politico. Nel loro comunicato, dopo l’azione davanti al Liceo Siotto, i ragazzi scrivono: “L’antifascismo è oggi un sistema di controllo culturale: un pensiero unico che presidia scuole, università, media. Le etichette uccidono il dibattito. Chi parla di identità è ‘fascista’, chi difende la famiglia è ‘omofobo’, chi critica l’immigrazione è ‘razzista’. Così non si discute: si squalifica”. È difficile dar loro torto. Loddo infatti pensa bene di rispondere così: “Un primo elemento di depurazione potrebbe essere rappresentato dal far decadere le loro rappresentanze studentesche all’interno degli organismi di rappresentanza delle scuole“. In un mondo dove chi contesta deve essere “depurato”, dove il dissenso è patologizzato, l’unica lotta auspicabile è contro il conformismo antifascista. Se non altro per il gusto di vederli rinnegare sui propri giornali i filtri democratici che negli anni hanno trasformato la loro immagine in qualcosa di più “instagrammabile”.

L’unica alternativa è la gioventù ribelle

La crisi educativa contemporanea – ovviamente – non sta nell’attivismo giovanile non conforme, ma nell’incapacità delle istituzioni scolastiche di accettare idee fuori dal perimetro autorizzato. Se la scuola è diventata un tempio ideologico dove al suo interno solo i “mercanti” hanno mano libera, allora è naturale che i giovani la contestino. Ed è giusto che lo facciano. Immaginate una struttura dove essere fascisti è vietato, ma è possibile finire “liberamente” in uno stage non retribuito, o sotto il tetto crollato di un’aula magna. La verità è che la tanto invocata Costituzione antifascista non ha mai rappresentato un ostacolo al libero dispiegarsi delle logiche capitaliste. Ha consentito guerre, precarizzazione del lavoro, svendita della sovranità, distruzione della scuola e dell’identità. E oggi, chi brandisce quell’antifascismo come clava morale per punire i “fascisti”, lo fa dentro una dialettica perfettamente funzionale al potere. L’antifascismo non è opposizione: è il volto morale del sistema che pretende di dirsi “giusto” mentre produce ingiustizie. E allora sì, caro Manifesto: se questo è il vostro ordine, ben venga il disordine necessario prodotto da una gioventù. “Sai, quelli che non ci voglion bene / È perché non si ricordano / Di esser stati ragazzi giovani / E di aver avuto già la nostra età“. Loddo sarà mai stato un ragazzo giovane?

Sergio Filacchioni

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati