Roma, 17 set – Sono ricominciate le lezioni, ma la scuola continua ad essere un luogo “fatiscente”, come spesso e ripetutamente abbiamo su queste colonne: in un’intervista a Tgcom24 in cui gli si chiedeva di illustrare le ultime riforme attuate per il nuovo anno scolastico, il Ministro Giuseppe Valditara non ha mancato all’appuntamento con frasi fatte ed inconsistenza.
La scuola a pezzi
Valditara inizia la sua “sfilata” di figuracce con la sciagurata riforma degli istituti tecnici-professionali: ne parla come di una rivoluzionaria trasformazione volta a concedere (come se non fosse un dovere) maggiori opportunità di lavoro ai giovani. Tradotto si parla dell’ennesimo caso di sfruttamento degli studenti che non pagati e senza alcuna assicurazione che ne tuteli il lavoro, si ritrovano a riempire quei buchi lasciati da circa 1 milione di lavoratori mancanti. Quindi, piuttosto che aiutare gli imprenditori ad assumere più personale e agevolare l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro, si è deciso di creare volontariamente e senza alcuno scrupolo una nuova generazione di schiavi al servizio di uno stato che non gli garantisce neanche il minimo sindacale, neanche i diritti costituzionali. Non è mancato quindi il riferimento all’alternanza scuola-lavoro che, è bene ricordare, negli anni precedenti è riuscita nella tragica impresa di portare alla morte Lorenzo Parelli, Giuseppe Lenoci e Giuliano De Seta durante le ore di “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”: il più anziano aveva 18 anni. Da bravo “boomer” Valditara ha deciso poi di demonizzare i cellulari, imponendo il divieto di utilizzo fino alla terza media e giustificando il tutto con un banale “creano dipendenza”. Non che non sia vero, ma come è ben noto il proibizionismo non ha mai portato a nulla di buono. Sarebbe sicuramente più utile educare i ragazzi alla tecnologia, al suo uso corretto e allo sfruttamento massimo di tutte le sue potenzialità. In particolar modo può essere fondamentale per bambini e ragazzi con disturbi dell’attenzione, potrebbe sostituire quei libri di testo sempre più cari. Non manca, infine, la tanto criticata riforma del voto in condotta: il quale non viene reintegrato per giudicare l’alunno, ma per rendere il docente più autorevole. Il classico metodo repressivo di cui ormai non se ne può fare più a meno. Per inciso: tra le tante riforme inutili si continua a dimenticare (volutamente?) lo sport: utile alla disciplina, questo sì, ma soprattutto alla formazione di ragazzi sani sia fisicamente e psicologicamente. Molto meglio di tutor ed educazioni sentimentali varie.
La “pazza idea” del Blocco Studentesco
“Contro la scuola del precariato e della decostruzione vogliamo una scuola sociale, identitaria e giovanile: una scuola dove allenamento, fatica, sacrificio, scoperta e superamento delle proprie fragilità facciano rima con il desiderio di migliorare nel corpo e nella mente. Una scuola finalmente ‘sportiva’ che metta al centro della formazione il corpo in movimento per una crescita integrale dell’individuo in rapporto con la natura, la tecnologia e soprattutto la sua comunità. Una scuola dove pensiero e azione vanno di nuovo d’accordo. Contro le riforme dei tagli e del depotenziamento, dello sfruttamento gratuito e del pensiero unico antifascista; siamo pronti a farci portavoce di tutti gli studenti che sentono nelle loro corde la voglia di cambiare un sistema grigio e omologante”. Esordisce così nell’anno scolastico 2024/2025 il “famigerato” movimento del fulmine cerchiato – il Blocco Studentesco – che torna a pizzicare le corde del sindacalismo studentesco proponendo una scuola “più fisica e meno intellettuale”. Se questo vi farà storcere il naso è perchè in Italia si è da sempre privilegiato il modello intellettuale “Leopardi“, basato su una cultura estranea alla fisicità. Però a pensarci bene ormai a scuola si fa qualsiasi cosa, o si vorrebbe tentare di infilare ogni anno qualcosa di nuovo (spesso programmi infarciti di pensiero debole e politicamente corretto): l’unica cosa che viene fatta poco e male è lo sport. “Siamo ancora legati dall’idea che la formazione dei soggetti sia legata quasi esclusivamente all’acquisizione di sapere intellettuale“, scrive così il filosofo Simone Regazzoni, che ci ricorda come invece ci può essere “tutto un aspetto centrale della formazione che passa attraverso il corpo in movimento“. La proposta insomma non è così strampalata a pensarci bene. Una scuola “giovanile” quindi, potrebbe essere proprio una scuola in grado di rivitalizzare il sapere intellettuale con del sano sacrificio, migliore antidoto a tutte le retoriche sprizzanti di mediocrità che anche questo Governo va propinando.
Sociale, identitaria e giovanile
“Solo i folli – dichiara la nota del movimento che stamattina ha lanciato il suo nuovo motto “Pazza Idea!” – gli insensati, gli istintivi, possono cambiare il volto a questa scuola e dilaniare il grigio conformismo che vuole rendere tutti uguali. Non è il tempo nè per conservatori nè per progressisti. Siamo quelli odiati perché troppo diversi, troppo fuori dagli schemi, troppo avanti sulla tabella di marcia della storia. Contro tutto e contro tutti: siamo quelli che se ne fregano di ciò che il mondo pensa, dice o scrive su di loro. Pazza idea, non la devi capire la devi sentire.” Frasi rocambolesche che accompagnano un manifesto che riporta una citazione Mussoliniana poco nota: “Le rivoluzioni devono essere considerate come la rivincita della follia sul buon senso“. Un “M” forse più giovane di molti “prudenti” che oggi affollano scuole ed università. Questo però era il Mussolini vero, non quello di Scurati e Sky, quello che fa sempre comodo dimenticare. L’intento degli studenti del fulmine cerchiato sembra quindi “provocare“, accostando parole che sembrano ossimori – Sociale e Identitario insieme – e dando alla pazzia un connotato nero: e chi oggi, può dichiararsi più pazzi di loro?
L’identità non è un ricordo
Infine, un appello al mondo identitario che non possiamo non condividere: “La nostra identità non è un ricordo da conservare ma un progetto di riscossa: mai come oggi gli studenti e i giovani si trovano nella duplice difficoltà di non sapersi riconoscere e di non sapersi immaginare un futuro da protagonisti. Di fronte agli effetti assassini del capitalismo finanziario e della globalizzazione (l’unico vero ‘neocolonialismo’ che vuole estirpare la nostra storia servendosi di ‘truppe straniere’ e ‘intellighenzia locale’) è necessario coniugare al presente il verbo essere e costruire un’identità che sia dinamica, irrequieta, attiva e soprattutto futurista. Al culto del ricordo preferiamo la bellezza di ciò che è inattuale: quel che è contrario agli sporchi interessi di oggi ma che resta sempre giovane come Ulisse, Enea e gli Argonauti”. In bocca al lupo quindi a tutti gli studenti italiani per questo nuovo anno, nella certezza che fin quando i muri delle scuole saranno sporchi di colla e sogni niente è perduto.
Sergio Filacchioni