Milano, 29 mag – Camicia bianca sbottonata e pantalone rosso, tenuta decisamente sportiva ed un nome che, dopo l’annuncio frettoloso, non dice nulla a molti dei curiosi presenti sul sagrato di piazza Duomo a Milano. Eppure Sheikh Nasser bin Hamad Al Khalifa – che insieme all’assessore allo Sport della Regione Lombardia Antonio Rossi, ha premiato Vincenzo Nibali, terzo classificato nell’edizione numero cento del Giro d’Italia 2017 – non è un personaggio qualsiasi.
Proprietario del “Bahrein Cycling Team” per il quale gareggia proprio il ciclista italiano, Nasser Bin Hamad Al Khalifa è membro della famiglia reale del Bahrein (essendo figlio della seconda moglie di re Hamad bin Isa Al Khalifa), è comandante della Guardia Reale del suo Paese ed è sposato con la figlia dell’emiro di Dubai. Formato militarmente nella prestigiosa “Royal Military Academy Sandhurst” del Regno Unito, ma anche in Francia, dal 2014 su di lui pende l’accusa di tortura, praticamente avallata da due giudici dell’Hight Court inglese i quali, in seguito alla denuncia da parte di alcuni manifestanti (uno dei quali ha poi trovato asilo politico in Gran Bretagna), stabilirono che il principe non avrebbe più goduto dell’immunità e avrebbe potuto essere sottoposto ad indagini e perfino all’arresto. Le testimonianze contro di lui, infatti, raccontano di pestaggi compiuti anche personalmente da “Sua Altezza Reale”, in occasione delle proteste del 2011 sull’onda delle primavere arabe. In particolare, tre sarebbero i detenuti picchiati dal principe nel corso delle manifestazioni filo-democratiche avvenute nel paese.
Ben cinque membri della famiglia reale bahreinita, del resto, vennero accusati e, a puntare il dito contro il principe, fu tra gli altri un cittadino “svedese”, Mohammed Habeeb Al-Muqdad. In collegamento telefonico con una trasmissione televisiva, del resto, il principe – secondo quella che sarebbe la traduzione del suo intervento, usò toni che non lasciavano immaginare certo metodi gentili di repressione: “Oggi è il giorno del giudizio“, esclamava prima di aggiungere “Bahrein è un isola, non c’è modo di scappare”. Per soffocare la rivolta, del resto, nel Bahrein arrivarono anche le truppe saudite. Ma oggi lo sceicco, in piazza Duomo a Milano, era uno come tanti. Uno come tanti con l’intenzione di fare affari in Occidente promuovendo il suo paese anche attraverso lo sport. Il sostegno dei governi, del resto, non sembra mancargli. E, se è pur vero che le azioni legali contro di lui puzzano fin troppo di giochi di potere legati alla politica internazionale (vedi la complessa questione delle primavere arabe ed il ruolo ambiguo delle organizzazioni internazionali), è altrettanto vero che il governo inglese non sembra certo aver fatto di tutto per mettersi contro un paese ben poco democratico ma con il quale, secondo i legali che hanno promosso l’inchiesta, ci sono chiari interessi economici che inducono al silenzio. “E’ tempo che il Governo Britannico riveda la sua politica di cooperazione e supporto a questo regime“, osservarono. Ma l’ambiguità dell’Occidente in materia sembra tutt’altro che ad un punto di svolta. Sarebbe da approfondire, peraltro, la stupefacente rivelazione di Wikipedia, secondo la quale il principe in questione sarebbe stato addirittura insignito dell’onorificenza di “Cavaliere di Gran Croce” nel 1996 (al Quirinale c’era Oscar Luigi Scalfaro), non fosse altro che, a quel tempo, lo sceicco, nato l’8 maggio del 1987, avrebbe avuto meno di dieci anni. D’altronde, non sembra ci siano omonimi recenti nella famiglia reale ed il presidente della Repubblica, secondo lo Statuto, può concedere l’onorificenza in deroga ai normali requisiti “per ragioni di cortesia internazionale”. Di certo, non sarebbe una scoperta entusiasmante.
Emmanuel Raffaele