Roma, 29 apr – Fuorilegge della letteratura e scrittore maledetto, non c’è nel Novecento chi abbia saputo scrivere meglio e con più crudezza di Louis-Ferdinand Céline a proposito di quella commedia umana che è la vita. All’interno della collana Off Topic, Italia Storica Edizioni ha pubblicato per la prima volta in italiano un saggio di Maurice Bardèche sull’autore di Viaggio al termine della notte, intitolato appunto Louis-Ferdinand Céline (322 pagg., ill. bn, Euro 29,00). Uno studio fondamentale e indispensabile per capirne fino in fondo la biografia e le opere.
Maurice Bardèche tra critica letteraria e impegno politico
Quando Robert Brasillach diceva al suo avvocato Jacques Isorni «l’unica cosa cui credo è l’amicizia», sicuramente aveva in mente un amico come Maurice Bardèche. Si trovava nella sua cella di Fresnes e parlava così per giustificarsi di essere rimasto in Francia e non essersi messo al riparo in qualche altro Paese con il volgere in peggio della guerra. Voleva mostrare la sua lealtà e dare un’ultima lezione di vita a quei giovani che aveva saputo ispirare. Con Bardèche aveva condiviso un’amicizia fraterna e molti interessi, dalla critica letteraria all’impegno politico. Bardèche ne aveva sposato anche la sorella, Suzanne. Insieme avevano scritto nel 1935 anche una fondativa e documentatissima Historie du cinéma, mentre nel 1939 una Histoire de la guerre d’Espagne sulla guerra civile spagnola. Anzi, Bardèche seppe raccogliere il testimone politico di Brasillach e di Je suis partout nel secondo dopoguerra, lui che fino a quel punto aveva preferito rimanere più defilato e dedicarsi all’accademia, insegnando lettere alla Sorbona.
Céline e la sua «musica selvaggia»
Pubblicato per la prima volta nel 1986, Louis-Ferdinand Céline è per certi versi un ritorno alla prima passione di Bardèche, la critica letteraria. Ma quello che ne viene fuori è qualcosa di paradossale, uno «strano libro», come scrive Moreno Marchi nella prefazione all’edizione italiana. Infatti, il contatto con Céline è sorprendente, dinamitardo, tanto ribaltare il tavolo da gioco e scardinare gli intenti iniziali dello stesso Bardèche. Se quest’ultimo lo aveva pensato all’interno di uno studio sul passaggio della letteratura da «creazione artigiana» ad «esibizionismo», Céline si rivela inafferrabile. «Divenuto un esibizionista perché aveva dovuto giustificarsi», indotto a ciò dalla persecuzione ricevuta, l’autore di Viaggio al termine della notte poteva sembrare il perfetto esempio di questa trasformazione l’uomo di lettere a «divo dello showbusiness». Ma c’è in lui qualcosa di più: «Céline era al contempo un artigiano e una rockstar, non perché traeva i racconti dalla sua esistenza, ma perché gridava, misurava il suo palco, suonando la sua selvaggia musica, impegnando in simile denuncia della realtà ciò che di più profondo e vero vi era in lui, mettendo “sul tavolo”, come diceva, “la sua pelle e le sue trippe”». Così Bardèche va alla scoperta della contraddizione e della paradossalità che Céline sa incarnare, un sognatore vestito di crudeltà, il quale «mescola tutto, il cinismo che ostenta, la bontà che nasconde». La vertigine di Céline di fronte all’abisso è quella di chi sa che la verità è inseparabile dalla feccia, che è sangue, fango, merda e budella, ma che ci si butta attraverso, pur di evitare le incrostazioni e le falsità di esistenze troppo accomodate o pruriginose.
Michele Iozzino