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Il genio italico dove meno te lo aspetti: il wrestling

by Roberto Johnny Bresso
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Sanmartino wrestling italia

Roma, 18 feb – L’Italia ha tantissime prerogative (sia in positivo che in negativo) ed una di queste è sicuramente quella di poter sfornare geni assoluti anche in campi nei quali non ha assolutamente tradizione e ciò lo si può magnificamente constatare nello sport.  L’Inghilterra, che di sport ne ha creati tanti, per esempio snobba completamente quasi tutti quelli che non ha inventato. Pensiamo per esempio solo al basket che è seguitissimo a quelle latitudini: nonostante ciò non ha mai avuto una squadra nazionale o di club decente. E di fatto pure negli sport “britannici” è stata spesso superata da tante altre nazioni, basti pensare solamente al calcio, al rugby o al cricket. Noi invece di sport non ne abbiamo inventati, però siamo diventati bravissimi pure in quelli nei quali abbiamo pochissimi praticanti rispetto ad altre nazioni, per esempio nel tennis e nel golf. Ed oggi ci occuperemo di uno sport ancora più di nicchia nel nostro paese, una disciplina nella quale però abbiamo esportato negli Stati Uniti ed in Giappone delle vere e proprie icone, che purtroppo in Italia non hanno avuto il meritato riconoscimento, quando non sono state del tutto ignorate: oggi parleremo degli italiani nel wrestling. E se parliamo dei nostri connazionali in questa disciplina il primo nome che dobbiamo assolutamente fare è quello di Bruno Sammartino.

Il wrestling e Bruno Sanmartino

Pizzoferrato, provincia di Chieti, Abruzzo, 1103 abitanti. Un posto alquanto improbabile dal quale possa provenire uno dei più grandi miti della storia di questo sport. Perchè pure se parlassimo di Milano o Roma farebbe strano, visto che in Italia se nomini il wrestling vieni visto sempre un po’ come un alieno. Ed invece proprio a Pizzoferrato, il 6 ottobre 1935, nasce Bruno Francesco Leopoldo Sammartino. Bruno è il più giovane dei sette figli di Alfonso ed Emilia, quattro dei quali morti in tenera età. Quando Bruno ha solo quattro anni il padre emigra a Pittsburgh, Pennsylvania, a cercar fortuna, come facevano tanti italiani in quegli anni, mentre Emilia si ricongiungerà al marito nel 1950, portando negli States anche i figli. Bruno non parla una parola di inglese e gli anni di guerra gli hanno minato la salute, quindi alla Schenley High School viene preso di mira dai compagni, ragion per cui inizia a fare sollevamento pesi e lotta libera per aumentare la propria forza fisica. Nel sollevamento pesi arriva anche a sfiorare la qualificazione per le Olimpiadi del 1956. La sua forza straordinaria gli frutta lavori da stuntman, quando viene notato dal promoter Rudy Miller, il quale lo introduce al mondo del wrestling professionistico.

L’esordio e la carriera

Il 17 dicembre 1959 Sammartino esordisce nel business nella sua Pittsburgh, sconfiggendo Dmitri Grabowski in 19 secondi, mentre il 2 gennaio 1960 fa il suo esordio in quella che diventerà la casa delle sue più grandi imprese, vale a dire il Madison Square Garden di New York, battendo Bull Curry in 5 minuti. L’anno successivo accade uno di quei momenti luttuosi che purtroppo hanno troppo spesso segnato la storia del wrestling: durante il match contro Chick Garibaldi Sammartino effettua un body slam sul suo avversario che muore immediatamente di infarto. Bruno confesserà che ci vollero molti anni per riuscire a superare la cosa. La sua carriera avrà però una svolta quando, contattato il promoter Frank Tunney, andrà a combattere a Toronto, dove erano presenti molti immigrati italiani, presso i quali Sammartino diviene ben presto un idolo, visto anche il fatto di rivolgersi a loro nella madrelingua.

Considerata la sua popolarità sempre più in crescita Vince McMahon Sr. lo vuole nella WWWF, ma Bruno con Vince aveva avuto dei problemi in passato (il primo dei tanti con la famiglia McMahon), in quanto, a detta dell’italiano, Vince lo aveva fatto sospendere dal combattere negli USA perché aveva cambiato promoter. Sammartino allora, per lottare nella WWWF, pretende subito un match per il titolo contro “Nature Boy” Buddy Rogers. Match che ottiene e che vince in soli 48 secondi il 17 maggio 1963, laureandosi per la prima volta Campione del Mondo, titolo che manterrà per otto anni, sette mesi e un giorno (record ancora imbattuto e che, verosimilmente, lo resterà per sempre). Il titolo lo perderà nel 1971 contro Ivan Koloff, in un Madison Square Garden che cadde in un totale silenzio, tanto era lo shock nel veder perdere il proprio beniamino. Koloff era infatti stato scelto come campione di transizione, per non far perdere Sammartino contro l’altro beniamino del pubblico, Pedro Morales, idolo della vasta comunità ispanica. Nel 1973 Sammartino riconquisterà il titolo contro Stan Stasiak (dopo aver negoziato con McMahon Sr. una percentuale sugli incassi), per mantenerlo fino al 1977, quando venne sconfitto da Superstar Billy Graham. L’italiano aveva infatti chiesto a McMahon di essere privato del titolo, in quanto il suo fisico era ormai minato dai troppi infortuni.

La morte di “The Living Legend”

Si spegne a Pittsburgh il 18 aprile 2018, all’età di 82 anni, a causa di problemi cardiaci. La WWE lo onora con dieci rintocchi di campana prima di un evento a Città del Capo, Sudafrica, mentre il Sindaco di Pittsburgh Bill Peduto parla di lui come uno dei più grandi ambasciatori mai avuti dalla città.

Questa è stata la vita di “The Living Legend” dentro il ring, quella di un uomo capace di far registrare il tutto esaurito al Madison Square Garden per 188 volte consecutive, un uomo talmente adorato dagli immigrati italiani che persino le famiglie mafiose andavano a vedere. Ma Bruno Sammartino era anche un signore fuori dal quadrato, un uomo qualunque che viveva con sua moglie Carol, sposata nel 1959 e con la quale ha avuto tre figli. Un uomo che non aveva mai rinnegato le sue umili origini, tanto da tornare spesso a Pizzoferrato, paese che non l’ha mai dimenticato, tanto da erigere una statua in suo onore, durante una cerimonia alla quale era naturalmente presente.

Ma prima di Bruno Sammartino ci fu niente meno che Primo Carnera. Conosciuto per la sua leggendaria carriera nella boxe, una volta appesi i guantoni al chiodo si trasferì negli Stati Uniti per diventare un idolo degli appassionati di wrestling, di origine italiana e non.

Il presente della lotta italiana

Però ora abbandoniamo il passato per concentrarci sul presente, perchè in Giappone, dove il wrestling si chiama puroresu ed è praticamente un’attività leggendaria (basti pensare all’anime ed al manga dell’Uomo Tigre) un ragazzo proveniente da Bergamo ha rapidamente scalato le vette del successo, tanto da essere in pianta stabile nelle parti alte degli eventi: stiamo parlando di Francesco “Nova Fireball” Akira. Nato a Bergamo il 12 novembre 1999 come Francesco Begnini debutta giovanissimo nel 2015 nel circuito italiano come Francesco Akira (dopo essersi allenato già dal 2013), in particolare nell’Italian Championship Wrestling ed in alcune compagnie britanniche ed irlandesi. La svolta però arriva nel 2019 con il trasferimento in Giappone e da lì in poi saranno solo successi.

Tra l’altro la peculiarità di Akira è quella, pur parlando perfettamente inglese, di usare durante i suoi incontri parole ed espressioni in italiano contro i suoi avversari, dimostrando quanto in Giappone la nostra cultura sia largamente apprezzata. Ovviamente di tutto questo, come ho detto prima, non vi è traccia su giornali o tv nostrani, perchè il wrestling ahimè fa notizia solo quando entra in cronaca nera, quando invece, nelle sue migliori espressioni, è a metà strada tra la tragedia greca e quella shakespeariana, in quanto in grado di raccontare una storia come nelle migliori serie televisive, abbinata però ad un atletismo notevole, perchè sì i risultati sono predeterminati (da qui la definizione di sport spettacolo), ma di finto non c’è davvero nulla ed i corpi spesso martoriati degli atleti sono lì a dimostrarlo.

Roberto Johnny Bresso

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