Roma, 7 apr – Tanto tuonò che alla fine piovve. La Gazzetta dello Sport si traveste da investigatore privato e manda in stampa un articolo in cui si parla del Bocia – Claudio Galimberti, storico capo ultras dell’Atalanta – che tiene lezione di tifo e di etica sulla curva in un aula del Senato prenotata dal senatore Vito Crimi (M5S). La platea era composta dello stesso grillino, da Gian Marco Centinaio (Lega Nord), Loredana De Petris (SeL), Paolo Cento (SeL) e Mario Tullo (PD). Un giornalismo da fare invidia a Report, con il retrogusto del brivido alla Carlo Lucarelli.
Togliendo i fronzoli all’inchiostro sprecato e alle parole in più – leggasi le dichiarazioni del presidente del Coni, Giovanni Malagò – serve capire che la riunione andata in scena ieri a Palazzo Madama è un passo, deciso, in avanti verso l’ammodernamento e la riqualificazione degli stadi in Italia. Così finalmente la rosea e affini potranno decantare, anche negli impianti della penisola, il modello inglese.
Oltre al Bocia erano presenti in sala altri capi della scena ultras del pallone, del basket e del rugby uniti per affrontare la mancanza di libertà d’espressione dei tifosi in giro per lo stivale. Si è discusso delle barriere che stanno rendendo l’Olimpico una ridente prateria, dei divieti di petardi e fumogeni che portano ad inique sanzioni, alla proibizione di striscioni non autorizzati da mostrare sugli spalti, alla modifica sostanziale degli articoli 8 e 9 della legge numero 41 del 2007 (DASPO) e dell’abolizione della liberticida tessera del tifoso.
L’assioma è sempre lo stesso, anche se farà arricciare il naso ai più, di tifo si parla con gli aficionados, infatti quando si legifera senza scontrarsi con la realtà si incorre in provvedimenti come quello promulgato nel 2009 dall’allora Ministro dell’Interno, Roberto Maroni. La tessera del tifoso ha svuotato non solo le curve, ma anche gradinate e parterre infilando una carta di credito in tasca ai sostenitori del calcio giocato e dirottato sulle poltrone, con tessera del decoder, i simpatizzanti.
Domenica scorsa nella capitale è andato in scena il derby tra Lazio e Roma, uno dei momenti più alti del pallone nostrano, eppure il colpo d’occhio delle curve vuote è una pugnalata alla schiena. I tifosi rivolti nelle strade a maledire prefetti e legislatori senza poter tornare bambini e sospingere la propria squadra in un’altra estenuante domenica di passione. Perché di questo si parla: il calcio riporta alla mente l’età fanciullesca ed ad una dimensione del ricordo che difficilmente può essere piegata da interessi economici e propagande esili. Anche di questo si è parlato, della volontà di convertire in voti le richieste degli ultras, mentre le redazioni sportive tessono le lodi dell’Infantino di turno. La “voce del padrone” chiama, la curva canta.
Lorenzo Cafarchio