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La Sapienza devastata dalla furia woke del corteo femminista

by La Redazione
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Roma, 4 apr – Il corteo “contro i femminicidi” organizzato da gruppi e associazioni studentesche, svoltosi ieri pomeriggio all’Università La Sapienza, si è trasformato nell’ennesimo sfogo vandalico all’insegna del peggior attivismo ideologico.

La Sapienza ancora al centro di furia woke

Un’iniziativa nata – ufficialmente – per ricordare la tragica uccisione della 22enne Ilaria Sula, ma che ha finito per sfogare la rabbia non sulla violenza reale, bensì sul patrimonio artistico e culturale della Città universitaria.Circa duemila partecipanti hanno sfilato da piazzale Aldo Moro fino al cuore dell’ateneo romano, dove un gruppo di manifestanti ha pensato bene di sfondare le transenne di un’area di cantiere in cui sono in corso importanti lavori di restauro. Obiettivo? Deturpare lo scalone monumentale, la storica vasca e la statua della Minerva – simbolo dell’università – con scritte e vernici. L’azione devastatrice è poi proseguita lungo altri punti del campus, inclusi i muri del Rettorato.La rettrice Antonella Polimeni ha definito i danni “ingenti”, ma non è la prima volta che la Sapienza si trova a dover pagare il conto delle derive dell’attivismo radicale. Già lo scorso giugno, proteste pro-Palestina culminate con l’occupazione di alcuni spazi avevano causato danni per 330mila euro. Anche in quel caso, slogan e parole d’ordine “progressiste” si erano trasformate in atti distruttivi ai danni di beni comuni.“Le risorse che dovremo impiegare per rimediare a questi danni – ha dichiarato Polimeni – verranno sottratte ad attività urgenti e fondamentali per gli studenti stessi”.

La furia del femminismo woke

Ma evidentemente per certa galassia woke il rispetto per il bene comune è secondario rispetto alla necessità di esibire la propria rabbia, qualunque ne sia il costo.Mentre si moltiplicano le dichiarazioni di solidarietà a senso unico e il silenzio cala sui reali responsabili, resta l’immagine di un’università violata e martoriata in nome di un attivismo che, più che combattere la violenza, sembra volerla solo rispecchiare.

La Redazione

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