Roma, 26 set – La Lega passa dai fasti del 2019, quando alle elezioni europee volò al 34% dei consensi, alle “frittate flop” del 2022, nelle quali non riesce a raggiungere neanche il 9. Un crollo per certi versi inaspettato, nel senso che nessuno si aspettava che il Carroccio precipitasse addirittura sotto le dieci unità percentuali. Ma ampiamente previsto per quanto concerne il ridimensionamento di quello che è, a tutti gli effetti, un “ex grande partito”.
La Lega e quel flop quasi cercato con determinazione
Ce l’hanno messa tutta, nella Lega, per perdere ogni cosa, per certificare il flop appena uscito dalle urne. Uno strapiombo che fa ancora più male se si pensa che, dopo l’exploit del gmaggio 2019, c’erano state crescite ancora più solide nei sondaggi, che alla fine del luglio 2019 davano addirittura il Carroccio al 39%. Non ci vuole molto a percepire i temi che avevano condotto il partito a raggiungere quei consensi clamorosi. Tutti temi, si badi bene, antisistema o comunque fortemente critici: dall’antimmigrazionismo all’antieuropeismo, al rilancio di una retorica nazionale, all’idea di un ritorno della spesa pubblica e dell’interventismo statale. Tutte questioni oggi archiviate, eccezion fatta per l’immigrazione (peraltro inseguita e fronteggiata con molta meno energia che nel passato).
Questo, da un lato, induce all’ottimismo: significa che le tematiche dissidenti, nell’elettorato italiano, hanno una rilevanza tutt’altro che marginale, nonostante la propaganda e l’indottrinamento costanti del pensiero unico. Dall’altro lato, però, non può non lasciare l’amaro in bocca: per una politica di sottomissione costante del Carroccio, soprattutto durante la fase di appartenenza all’esecutivo di Mario Draghi. Una politica che, oltre alla tristezza esibita, ha portato anche a una delle peggiori figuracce possibili, in termini di rapporto con l’elettorato. Del resto, lo stesso successo di Giorgia Meloni, come ricordavamo anche noi, non è basato su tematiche “sistemiche”, ma in buona parte di altro tipo. E lo stesso leader di FdI dovrà fare i conti con un inevitabile ridimensionamento futuro, se continuerà a dare troppa corda ai signorotti del Nazareno e di Bruxelles.
Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso
Ricordo ancora quando, nell’estate del 2021, incontrai a Monza, in un bar, Massimiliano Romeo della Lega. Mi venne spontaneo salutarlo e presentarmi, pur non conoscendolo personalmente, per ovvie ragioni di interesse politico e di sincera curiosità per la scelta del Carroccio di entrare nel governo Draghi. Osservai quanto la scelta fosse stata tremenda per il partito e quanto avrebbe fatto perdere ancora di più i consensi stellari fino a poco prima ottenuti. Il leghista rispose piuttosto tronfio e sicuro ai miei dubbi, intestandosi pure i “meriti” di quella mossa: “L’ho voluto fortemente”, mi disse, “e ho concordato con i vertici”, “perché ci vuole qualcuno che controlli, e lo faremo noi”. La mia mesta opinione fu la seguente: “Precipiterete”. Nota di colore: la Lega, in quel periodo, era già parecchio caduta secondo i sondaggi, intorno al 22% (del resto, era iniziata già da tempo la politica all’interno del nuovo esecutivo fatta di sostanziali proteste per il Green Pass a cui il premier rispondeva con qualche pernacchia). Ricordo ancora cosa mi disse l’esponente leghista al proposito: “Dicono che siamo al 22%…eppure, guardi, secondo me al 25% ci arriviamo”, con un sorrisetto beffardo. Al quale dopo tanto tempo mi sento di rispondere: caro Romeo, altro che 22 o 25, guardi dove siete adesso. E ve la siete cercata.
Stelio Fergola
1 commento
Il crollo della Lega non è assolutamente inaspettato.
A prendere per il culo gli elettori con balle elettorali
https://massimosconvolto.wordpress.com/2018/10/20/indecisi/
Si finisce trombati e la prossima trombata sarà la Meloni perché la gente non dorme più per 40 anni com’era nello scorso millennio.
Quando i coglioni sovranisti che l’hanno votata capiranno che è europeista cadrà anche lei come Salvini.