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Più lottatori che tifosi: ecco chi sono gli hooligans russi

by Roberto Derta
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lottatori hooligans russiParigi, 22 giu – Le cronache di questi Europei di calcio ci raccontano di un fenomeno che sta imperversando in tutta la Francia dall’inizio della competizione: non è Cristiano Ronaldo, non è Ibrahimovic, non è la Nazionale tedesca campione del mondo. Sono gli hooligans al seguito delle squadre dell’Europa dell’Est e in particolar modo i russi. Inaspettati (quantomeno come forza e organizzazione) dall’opinione pubblica e soprattutto dalle forze dell’ordine francesi, fin dal primo giorno in cui sono arrivati in Francia hanno fatto capire chiaramente le loro intenzioni: innanzitutto dare una dimostrazione di forza del popolo russo, in una rudimentale espressione di potenza nazionale, in secondo luogo palesare che sulla scena è arrivato un nuovo modello di hooligans, diverso da quello nord europeo tradizionale fondato dagli inglesi e ancora più lontano dagli Ultras dell’Europa meridionale nato in Italia a cavallo degli anni ‘60 e ‘70. Sono arrivati in gruppi, organizzati in maniera quasi paramilitare, da subito hanno lasciato intendere che il loro fine era quello di confrontarsi fisicamente con le altre tifoserie, specie con quelle più blasonate nell’ambito della sottocultura hooligans per ottenere prestigio, ostentando una fisicità strutturata, apparendo come uomini sempre pronti al combattimento e poco interessati al divertimento, molto più lottatori di arti marziali che tifosi di calcio. Qualcuno ha scritto che l’”allievo avrebbe superato il maestro”, poiché gli ideatori riconosciuti della sottocultura hooligans sono gli inglesi, che almeno a quanto raccontano molti video che circolano in rete sembrano aver avuto la peggio nei numerosi scontri tenutisi tra le due fazioni.

Ma un’analisi di questo tipo può risultare fallace, poiché i presupposti su cui si basa l’azione degli hooligans dell’Est e in particolare quelli russi rispetto a quelli inglesi sono abbastanza diversi: se anche per gli inglesi vale la regola dello scontro come strumento di misurazione della propria forza di gruppo, la “tecnica” è comunque quella della rissa da pub. L’aspetto del confronto fisico non è poi l’ambito esclusivo, visto che in Inghilterra si vive di una grandissima passione per il calcio, si indossa materiale ufficiale del proprio club e della propria nazionale, si ha uno stile che è anche molto goliardico con un rituale aggregativo da pub fatto di cori e divertimento che da sempre caratterizza i britannici. Aspetti questi che sembrano importare molto meno ai tifosi dell’Europa dell’Est, che si palesano solo in cortei dove sfoggiare fisici evidentemente sottoposti a cure serrate di steroidi e anabolizzanti ricercando spasmodicamente lo scontro con l’avversario. Ci sono numerosi filmati in rete nei quali si può osservare anche il loro modo di essere hooligans in Russia, le scene più gettonate sono quelle di ritrovi fissati tra gruppi in luoghi appartati per scontrarsi con codici cavallereschi da rispettare tipo la parità numerica, il divieto dell’uso delle armi, il non coinvolgere nella disfida chi sceglie di rimanerne estraneo. Ma nonostante questo, sarebbe in ogni caso un errore catalogarli soltanto come picchiatori assetati di sangue, come lasciano intendere invece molti organi di stampa italiani, sempre alla ricerca di un mostro al quale dare la bandiera del nazionalismo per poi sbatterlo in prima pagina. Il loro modus operandi è questo semplicemente per una questione di attitudine, nelle tradizionali tifoserie alle quali siamo abituati lo scontro è un’eventualità tra le tante azioni di in un’ampia cerchia di attività a sostegno e difesa della propria squadra, in questo nuovo modello pare esserci invece un inquadramento in un vero e proprio sport (da combattimento) nello sport. Si può trarre la conclusione che durante la settimana questi russi vivano le loro passioni in maniera totalmente diversa da quella dei colleghi inglesi e soprattutto dagli ultras italiani, fattore dovuto anche dalla diversità del contesto sociale in cui si cresce. Nell’Europa dell’Est molti provengono da esperienze militari o paramilitari, sono giovani (ma neanche troppo) che si allenano nell’esercizio delle arti marziali e tutto questo pare essere votato più all’affermazione di se stessi e della propria “firm” (o come dicevamo alla dimostrazione di potenza della propria Nazione) rispetto all’affermazione dei valori “tradizionali” degli ultras, rendendo il calcio un contesto quasi casuale nel quale ritrovarsi forse solo perché rappresenta una piazza importante dove c’è la possibilità di trovare sempre nuovi sfidanti ed ottenere quella che pare essere una vera e propria ossessione per loro: la visibilità.

Totalmente diverse sono le prerogative per gli ultras italiani ad esempio, legati indissolubilmente nella propria azione alla città di appartenenza e alla squadra che ne è diretta emanazione. In Italia l’attività dei gruppi ultras contempla ovviamente lo scontro come metodo di affermazione sull’altro, specie quando si incontrano squadre divise da rivalità storiche, ma non è sistematico ricorrervi. Gli strumenti con i quali affermarsi sull’altro sono molteplici e non limitati agli incidenti: organizzare il tifo e i cori (con o senza tamburi), colorare la curva con bandieroni e sciarpate, invadere le altre città in trasferte oceaniche, realizzare elaborate e complesse coreografie che spesso nella loro preparazione coinvolgono intere città per settimane, sono aspetti fondamentali curati nei minimi termini. Altro aspetto che segna una distanza è il modello aggregativo. Nei russi ci troviamo di fronte ad un ambiente selettivo, dove gli aderenti escono di fatto dall’ambito calcistico per praticare altri sport. L’ultras italiano al contrario non ha nessun interesse a sviluppare un modello di questo tipo, perché ciò che vuole seguire di base è il calcio e rappresentare una sorta di avanguardia della passione per i propri colori, la propria città e la propria gente. In quest’ottica la partecipazione trasversale delle grandi masse è auspicata e si concretizza nell’allargamento all’attività nel quotidiano, ma non parliamo di ripetuti allenamenti di arti marziali che poco hanno a che vedere con lo stile del movimento ultras, ma con attività ludiche, sociali, folcloristiche e perfino di beneficenza, tutte strettamente legate al senso di appartenenza alla propria città e alla propria gente.

Insomma ci troviamo di fronte ad un fenomeno nuovo e a se stante, che niente ha a che vedere con quanto abbiamo visto fino ad oggi nell’ambito delle tifoserie, composto da individui che anziché spersonalizzare la loro partecipazione agli incidenti, arrivano addirittura a filmarsi con la GoPro durante gli scontri, testimonianza di una vanità sconosciuta e spesso rifiutata dagli ultras “tradizionali”, dove l’eccessivo uso della tecnologia e la spettacolarizzazione è percepito come un fattore futile, poco attinente a quella che viene chiamata “mentalità”, se non addirittura pericoloso poiché induce alla superficialità, alla perdita di valori tradizionali, al distacco dalla realtà. In definitiva sbagliano quindi quei tifosi italiani che pendono dalle labbra dei russi e non solo perché non sono appartenenti allo stesso ambito, tanto da poter stilare la classifica dei migliori e dei peggiori, ma perché la tradizione dello stampo italiano, fatto di passione, colore, goliardia, aggregazione, appartenenza e identità (per le squadre di club, non certo per la nazionale), non ha niente da imparare da quelli che in confronto appaiono come degli atleti esperti di MMA (che pur essendo un’attività positiva ed ammirabile in questo contesto c’entra poco) prestati casualmente al tifo delle partite di pallone. Lo stadio ha varie sfaccettature, non è un ring, e il futuro può sempre riservare cattive sorprese, anche per quelli che oggi sembrano imbattibili.

Roberto Derta

 

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2 comments

Martino 22 Giugno 2016 - 8:07

Rimpiango di non essere più giovane e violento. Era fantastico spaccare il naso all’avversario. Adesso devo accontentarmi di scopare. Domani dovrò accontentarmi di far spargere le mie ceneri sulla stoppia dei campi in un giorno di sole come questo. Ma so che mio figlio spaccherà i nasi per me, e allora tutto andrà come deve andare. Senza violenza non c’è poesia. Senza poesia non c’è amore. Vaffanculo froci.

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Stefano 22 Giugno 2016 - 11:51

Li si potrebbe usare per castigare un po’ gli antagonisti dei centri sociali, unirebbero l’utile al dilettevole…

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