Roma, 23 mag- “Non mi ucciderete come un agnello, morirò dove voglio“. Sono queste le parole, sputate in faccia a chi lo stava per condannare a morte, di Ramiro Ledesma Ramos, personalità di spicco del fascismo spagnolo, che nasceva proprio oggi 23 maggio del 1905. Nelle sue due opere “Discorso alla gioventù spagnola” e “Fascismo in Spagna?”, si trova la sintesi del suo enorme pensiero mirato alla creazione di uno Stato Nazionale del Lavoro mediante l’introduzione del corporativismo, della socializzazione delle imprese e dei mezzi di produzione, la separazione fra Stato e Chiesa ed il sindacalismo nazionale.
Inutile aggiungere, si sarà capito, che Ledesma Ramos prese forte ispirazione da Mussolini. Creò, dunque insieme a Onesimo Redondo le JONS, Juntas de Ofensiva Nacional-Sindicalista, le Giunte di Offensiva Nazionalsindacalista, che si unirono alla Falange di Primo de Rivera nel febbraio del 1934, unione che durerà poco meno di anno per via degli scontri fra due personalità importanti: lo stesso De Rivera e Ramos.
Nel 1936 venne arrestato dai repubblicani e confinato in carcere fino al 29 di ottobre quando avvenne la fucilazione. Sostenitore del mito del Superuomo nietzscheano, un uomo padrone di sé e capace di potere disporre della propria vita e della propria morte, si getta sulla baionetta della guardia che lo sta accompagnando all’appuntamento con il passaggio verso l’eternità nel cimitero di Aravaca, sobborgo di Madrid. Ecco, dunque, Ramiro Ledesma Ramos andare incontro ad una morte onorevole, ridendo in faccia all’infamia ed alla viltà della sinistra spagnola che presto sarà sconfitta dall’esercito nazionalista. Ortega y Gasset, maestro di Ramos, disse che non era stato ucciso un uomo, ma un’intelligenza.
Giacomo Bianchini