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Nowhere, l’ennesima propaganda immigrazionista dove il marchio di fabbrica è vostro senso di colpa

by Stelio Fergola
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Nowhere immigrazionista

Roma, 13 ott – Nowhere, la pellicola immigrazionista uscita su Netflix, inganna tutti ma non noi. Ed è da ritenere grave che nessuno faccia le pulci a un lavoro del genere, nonostante sia ben fatto (la prima tattica è quella: offrire prodotti di qualità), sebbene non particolarmente originale come soluzioni narrative.

Nowhere, libera l’immigrazionista che è in te

Ed ecco l’ennesimo film di propaganda immigrazionista, ovviamente per vie traversissime. Non ti dicono “devi accettare l’arrivo di orde di persone senza alcun diritto di venire qui”, te lo spostano sul moralismo, sul senso di colpa, ovviamente sempre rivolto agli altri e mai alla tua cazzo di comunità in via di estinzione, sociale come culturale. D’altronde le stesse interviste agli autori dell’opera costringono questi ultimi a palesare le loro vere intenzioni. Una mamma, un bambino, la fuga dalla “dittatura” (qualsiasi essa sia, ovviamente rappresentata peggio dell’Impero Galattico di Guerre Stellari, il livello di comprensione dellla realtà successivo a questa pedagogia del resto è quello), la ricerca di una vita migliore. Che poi migliore non è per nulla, ma questo è un altro discorso.

Così si formano le “menti” (parola grossa) per accettare e perfino promuovere l’invasione

Lo guarderanno in decine, forse centinaia di milioni in tutto l’Occidente. Attratti, ovviamente, dalla bella regia e dal survival movie dai toni spettacolari. Non certamente dai temi. Poi interiorizzeranno. Quando arriveranno i prossimi barconi si dimenticherano che il 99,9% di quelle storie non c’entrino assolutamente nulla con la donna di questo e di tanti altri film (dal momento che la stragrande maggioranza, tra l’altro, sono uomini), che non godano di nessun diritto di rifugiato, e altrettanto facilmente, dai loro divani senza problemi, si dimenticheranno che far entrare milioni di persone significa distruggere la propria comunità e i suoi diritti sociali, oltre che la propria sacrosanta identità. Dimenticato tutto ciò – e magari accusati coloro che si oppongono a questo scempio di voler far morire Mia, la protagonista del film, ovviamente altro delirio senza senso – arriveranno i soldi in donazione alla Carola Rackete di turno. Schiavismo promosso, coscienza salvata, imbecillità ben saldata nella mente dei perfetti schiavi (notate bene, non solo i clandestini).

Stelio Fergola

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