L’attentatore di Berlino Anis Amir, sbarcato in Italia e ospitato in un centro d’accoglienza prima di intraprendere la via del terrorismo
Roma, 7 gen – Si può combattere il terrorismo se, in contemporanea, si rilancia il falso mito dell’accoglienza? Ovviamente no, ma spiegatelo alĀ premier Paolo Gentiloni. Due giorni fa ha incontrato a Palazzo Chigi, con il ministro dell’Interno Marco Minniti, la commissione di studio sul fenomeno della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista.Ā Gentiloni ha spiegato che Ā«c’ĆØ una specificitĆ Ā» tutta italiana nei fenomeni di radicalizzazione e Ā«per certi versi ĆØ più rassicurante nel senso che le dimensioni numeriche della radicalizzazione sono minori che in altri PaesiĀ».
La specificitĆ in oggetto, in realtĆ , non ha nulla di misterioso: semplicemente abbiamo un’immigrazione più recente, che solo negli ultimissimi tempi ha assunto dimensioni di un certo rilievo, non paragonabile, quindi, ai fenomeni pluridecennali che mostrano i loro effetti in Francia e Belgio. Quindi dire Ā«evviva, abbiamo meno foreign fightersĀ» significa in realtĆ dire Ā«evviva, abbiamo meno immigratiĀ». Ma questo non lo ammetteranno mai. Anzi, il premier ha ribadito che Ā«insieme alla vigilanza massima e alla prevenzione per il rischio che la minaccia si ripropongaĀ» il governo ĆØ impegnato su Ā«politiche migratorie sempre più efficaci che devono coniugare la grandissima attitudine umanitaria e di accoglienza che ci caratterizza e che ci caratterizzerĆ Ā» insieme a Ā«politiche di rigore ed efficacia nei rimpatriĀ». Una supercazzola per dire che, per caritĆ , le frontiere non si devono chiudere. Anche perchĆ© nulla Ā«autorizza a equazioni improprie tra fenomeni migratori e minaccia terroristicaĀ», ha puntualizzato Gentiloni.
Ora, questa cosa del negare la Ā«equazioneĀ» tra terrorismo e immigrazione piace molto ai nostri governanti. Peccato che non contraddica nessuno. Chi ĆØ, in effetti, che afferma che il 100% degli immigrati ĆØ affiliato all’Isis? Nessuno, ovviamente. Il punto ĆØ che, se non tutti gli immigrati sono terroristi, tutti i terroristi sono però immigrati o figli di immigrati, e questo ĆØ un fatto. Chi vuole averne conferma può andarsi a rileggere la storia dello stragista di Berlino, ultimo di una lunga serie. Ma che i terroristi arrivino sui barconi ce lo ha detto, di recente ā e ne abbiamo dato conto su questo giornale ā anche il direttore di Frontex. E persino uno dei pochi jihadisti presi vivi, Ayoub El Khazzani, autore dell’attentato sventato sul treno Thalys Bruxelles-Parigi del 21 agosto 2015, ha confermato che per i miliziani mescolarsi ai migranti ĆØ una strategia consolidata.
Del resto Gentiloni sul tema ha le idee confuse da un po’ di tempo. Il 22 gennaio 2015, in un vertice anti Isis a Londra, l’allora ministro degli Esteri dichiarava: Ā«Ci sono di rischi di infiltrazione, anche notevoli, di terroristi dall’immigrazione. Per fortuna i nostri apparati di sicurezza sono allertati e funzionano, ma questo non ci consente di abbassare minimamente il grado di preoccupazione. Ma nessun Paese democratico può avallare alcuna confusione fra fenomeni migratori e terroristici e diffondere l’idea che dietro i barconi di disperati che approdano sulle nostre coste si annidi il terrorista col kalashnikovĀ». Chi ci capisce ĆØ bravo: se ci sono rischi Ā«anche notevoliĀ» di infiltrazioni terroristiche sui barconi, come si può sostenere che non ci sia Ā«alcuna confusioneĀ» tra i due fenomeni? La confusione c’ĆØ, ed ĆØ Ā«notevoleĀ».
Il titolare del Viminale, in compenso, vuole combattere l’Isis con i sociologi. Minniti ha infatti parlato della Ā«deradicalizzazioneĀ» dei foreign fighters. Bisogna incanalare queste persone, ha detto, Ā«in un percorso di integrazione. La deradicalizzazione va affidata a esperti che sappiano tenere insieme più aspetti, medico, assistenziale, sociologico… I foreign fighters che non vogliono deradicalizzarsi spettano invece alle forze di sicurezzaĀ». Prima gli assistenti sociali, poi semmai i cecchini: con strateghi cosƬ, il Califfato avrĆ vita lunga.
Adriano Scianca